venerdì 17 novembre 2017 - Francesco Grano

"Dracula di Bram Stoker": una struggente e malinconica storia di amore e orrore

Venticinque anni fa Francis Ford Coppola regalava agli spettatori Dracula di Bram Stoker, una delle più fedeli trasposizioni del romanzo omonimo. In occasione dell'anniversario dall'uscita, (ri)scopriamo insieme questo immenso horror

 

Nel XV secolo il cavaliere del Sacro Ordine del Dragone, Vlad Ţepeş (Gary Oldman) conosciuto come Draculia e paladino contro l’invasione turca in Europa, rinnega Dio e la chiesa a seguito del suicidio della moglie Elisabeta, la quale aveva ricevuto la falsa notizia della morte del marito. Trasformatosi in una creatura demoniaca, Vlad è condannato per l’eternità ad essere un vampiro. Secoli dopo, più precisamente nel 1897, l’avvocato Jonathan Harker (Keanu Reeves) è incaricato di acquistare delle abitazioni a Londra per conto di un misterioso conte della Transilvania, tale Dracula (sempre Oldman). Interessato a incontrare il cliente, Harker si reca in Transilvania dove fa la conoscenza del suo committente. Dracula, vedendo una immagine della fidanzata di Harker, Mina Murray (Winona Ryder), riconosce nella donna la reincarnazione della defunta moglie Elisabeta. Imprigionato l’avvocato nel castello, Dracula parte per Londra a bordo di una nave con l’intento di trovare Mina. Ma dietro di sé il conte lascia una lunga scia di sangue.

Trasporre sul grande schermo del materiale letterario è sempre stata (e continua a essere) un’impresa non tanto facile quanto piena di insidie e incognite. Trasmutare, migrare romanzi classici, moderni e contemporanei verso il cinema da una parte può rivelarsi un totale fallimento, dall’altra parte, invece, in alcuni rari casi la rappresentazione su pellicola riesce a dar vita ai personaggi, alle ambientazioni e alle storie scritte nero su bianco, senza mettere da parte quei dettagli e quelle sensazioni che solo i libri sanno trasmettere. Un esempio su tutti è il caso di Stephen King, i cui romanzi (eccezion fatta per i riuscitissimi adattamenti quali Carrie – Lo sguardo di Satana, Shining, Stand by Me – Ricordo di un’estate, Misery non deve morire e altri pochi titoli) sono davvero difficili da portare sul grande schermo non per la qualità né tantomeno per le storie ma – piuttosto – per quella perenne difficoltà di (ri)creare quel touch kinghiano. Tuttavia questa (im)possibilità non è di certo una ferrea regola scritta e irrevocabile, tantomeno una sfida insuperabile: ne è la dimostrazione uno dei più riusciti adattamenti di un classico della letteratura del XIX secolo, quel Dracula dello scrittore irlandese Bram Stoker che, grazie alla regia di Francis Ford Coppola, ha raggiunto la giusta forma cinematografica con Dracula di Bram Stoker (Bram Stoker’s Dracula, 1992).

Degna e fedele trasposizione del materiale letterario di origine, nonostante non manchino alcune piccole licenze poetiche e aggiunte di sceneggiatura, il Dracula di Bram Stoker è la degna incarnazione visiva delle pagine dell’omonimo romanzo. Vero è che la figura del vampiro e del conte Dracula non sono di certo nuove rispetto al lavoro di Coppola: basti pensare che fin dagli albori della Settima arte, la figura vampiresca creata da Stoker è stata fonte di ispirazione per capolavori come Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau e pietre miliari come il Dracula di Tod Browning così come, nel corso delle decadi, tal figura ha subito un continuo sviluppo. Ciononostante Coppola si avvicina il più possibile al romanzo di Stoker, creando un film dal forte impatto visivo e scenotecnico che si discosta dalla produzione dell’horror mainstream, rimanendo più vicino alla visione d’autore del papà di Il padrino e Apocalypse Now. Senza mezze misure e inutili speculazioni, Coppola ha costruito la sua opera sulla figura del conte Dracula, creatura della notte, non morto condannato all’erranza perpetua e a cibarsi del sangue altrui, della linfa par excellence utile alla sopravvivenza di un (non) essere che una volta era umano, consegnando agli spettatori un personaggio accattivante nonostante la sua origine demoniaca e subdola, un villain luciferino e ferino, intelligente e scaltro nei confronti del quale, nonostante tutto, in qualche modo si prova compassione. È utile specificarlo: ancor prima di essere un classico della letteratura e della cinematografia orrorifica, Dracula di Bram Stoker è una tragica, drammatica storia d’amore segnata, spezzata dalla morte degli affetti e, per questo, dannata per l’eternità.

Oltre ad adattare Stoker in maniera coerente e coesa e, così, dar vita al mythos del conte/vampiro, Francis Ford Coppola ha strutturato il suo Dracula su più binari che convergono, in totale armonia e senza cadute di stile o mancanza di originalità, verso il genere di appartenenza: da una parte è una storia di amore, come si è già detto, dall’altra quella al centro di Dracula di Bram Stoker è una storia di puro orrore all’insegna di Eros e Thanatos, di quelle pulsioni di vita e di morte corrispondenti, qui, al sesso, al nutrimento e a quei corpi esangui e pallidi che il conte si lascia dietro. Cadaveri che diventano redivivi, altre creature della notte fedeli al loro padrone, che seminano il terrore fin quando il coraggio e la volontà degli uomini (due qualità egregiamente incarnate dal personaggio del professore Abraham Van Helsing) cerca di porre un freno all’avanzamento del male. In Dracula di Bram Stoker non mancano di certo i momenti di orrore più puri, sanguinolenti, orripilanti e spaventosi: che sia la proiezione di un’ombra che ha una “vita” a se stante, una trasformazione mostruosa oppure un’esplosione di sangue, il Dracula di Coppola sorprende di continuo e, anche nelle scene più splatter con paletti nel cuore, decapitazioni e dissanguamenti, non scade mai nel gratuito e nell’eccesso autocompiacente, specialmente se paragonato a tanti titoli horror degli ultimi anni.

Parimenti Dracula di Bram Stoker mostra quella che è la sua doppia identità, ovvero quella di prodotto altamente gotico da un lato e barocco dall’altro. Due stili che, nonostante le distanze e le differenze, nel film di Coppola diventano speculari al pari della simbologia (del bene e del male) al suo interno contenuta e delle doppie figure, dei doppelgänger, in primis quello del conte, vampiro secolare e anziano agli occhi di Harker e, successivamente, uomo giovane, robusto ed elegante alla ricerca del perduto (e ritrovato) amore; così come Harker, fedele uomo promesso alla sua donna, che si lascia sedurre dalle tre mogli di Dracula, diventando così la loro fonte di cibo per poi, infine, ritornare al mondo dei vivi.

Capolavoro cinematografico del secolo scorso, Dracula di Bram Stoker si conferma come uno degli horror più belli degli anni Novanta. Un lungometraggio di irresistibile fascino e magnetismo, un’opera filmica che unendo gli ottimi aspetti tecnici alla bravura del variegato cast (sul quali predominano la magnificenza e il camaleontismo di Gary Oldman e il carisma e la grandezza di Anthony Hopkins), a distanza di venticinque anni dall’uscita dimostra di essere ancora una pietra miliare inarrivabile e imperdibile, una struggente e malinconica storia di amore e orrore per ogni spettatore amante di quel Cinema con la lettera maiuscola.




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