mercoledì 31 dicembre 2014 - Andrea Mazzoleni

Dove sta andando la psichiatria?

Vediamo d’altro canto come i temi generali della psichiatria sociale mettano in evidenza le difficoltà più generali della psichiatria in rapporto al problema della gestione sociale della devianza. È pertanto necessario che vengano rinnovati, anche in modo radicale, i modelli formativi degli operatori, adattandoli anche alle nuove modalità espressive della follia e aprendoli all'orizzonte creativo in essa insito, rivedendone i loro profili professionali e rivisitandone gli assetti operativi. 

La domanda di assistenza psichiatrica è certamente una questione complessa della quale è necessario considerare tutti gli elementi costitutivi: gli agenti dell’invio, il percorso di arrivo alle strutture, i precedenti passaggi istituzionali.

Recentemente Peppe Dell’acqua, fra i più autorevoli successori ed eredi culturali di Franco Basaglia, ha sollevato alcuni inquietanti interrogativi : “Che cosa veramente ostacola lo sviluppo dei servizi di salute mentale nel territorio? Che cosa impedisce il protagonismo delle persone con disturbo mentale? Perché le porte chiuse? Gli abbandoni senza tempo? Le distanze siderali? Perché, come è possibile, si (mi) domandano in tanti. Sembra sempre che chi vive queste esperienze abbia la sfortuna di incontrare servizi, operatori, psichiatri, inadeguati, impreparati, maldisposti. Maldisposti ad accogliere. Non credo che si debba parlare di cattivi operatori o insistere a cercare in questo campo i colpevoli. Il problema sono le psichiatrie e le conseguenti scelte di campo: politiche, etiche, organizzative, terapeutiche. Bisogna tornare con urgenza a un’antica e angosciosa domanda: Che cos’è la psichiatria? Anche per questo credo sia il momento per rilanciare parole, aggregazioni, presenza, alleanze. Dobbiamo ricominciare a organizzarci.”

Occorre considerare che elementi, tratti, segmenti, parti sane, sono individuabili in ogni soggetto malato ed è sempre possibile riconoscere significato e valore al nesso tra normalità ed anormalità, tra star bene e star male, tra essere in grado di agire ed aver bisogno di aiuto. La psichiatria, sul piano epistemologico e culturale è disciplina complessa e ambigua e si trova ancora oggi in difficoltà a coniugare la sua dimensione medico-psicosociologica con la funzione di controllo sociale che, dai tempi della sua origine, la collettività le ha in qualche modo demandato.


Vediamo d’altro canto come i temi generali della psichiatria sociale mettano in evidenza le difficoltà più generali della psichiatria in rapporto al problema della gestione sociale della devianza. È pertanto necessario che vengano rinnovati, anche in modo radicale, i modelli formativi degli operatori, adattandoli anche alle nuove modalità espressive della follia e aprendoli all'orizzonte creativo in essa insito, rivedendone i loro profili professionali e rivisitandone gli assetti operativi.

 

Solo intervenendo a questi livelli la psichiatria potrà salvaguardare, rifondandola su basi più solide, la sua autonomia e, opponendosi a qualsiasi forma nuova di esclusione sociale, tutelare la complessa totalità della persona. Proprio il tema della partecipazione, della possibilità cioè di costruire nuovi percorsi di inclusione sociale e di immaginare modalità diverse di rapporto tra le persone, è stato il punto di rottura tra la vecchia psichiatria custodialistica e i nuovi movimenti innovativi della seconda metà del XX.mo secolo presenti concretamente anche in Ticino e alla base della specifica legge cantonale (LASP).

 

Oggi, però, la malattia psichica è purtroppo sempre più sinonimo di solitudine e abbandono, e la diffusa incapacità a comprendere e condividere la sofferenza legata a questa condizione segnala una crescente estraneità fra il mondo dei sani e quello dei soggetti con fragilità psicologica o fisica. Oltre a questo va sottolineato che il mercato del lavoro e l''economia hanno un impatto decisivo sui modelli di vita e sulle emozioni, per cui influenzano direttamente il prodursi di malattie psichiche gravi e il conseguente ricorso alle strutture psichiatriche.

 

Quando in medicina si smarrisce la consapevolezza dei limiti di ogni teoria conoscitiva e, abbandonando la realtà psicosomatica, si persegue, in omaggio a un’assolutizzazione ideologica, la pretesa di ricondurre, in modo riduttivo, la malattia mentale a uno solo di questi approcci, si determinano totalitarismi terapeutici, terrificanti distorsioni di quadri psicopatologici, semplificazioni erronee di sentimenti umani e affermazioni infondate, poi ridicolizzate dalla realtà storica. 

 

Ricordiamo con affetto le parole di Lucio Magri, nel suo intervento di chiusura al convegno “Dalla psichiatria alla salute mentale. Scienza, politica e liberazione dell’uomo” nel 1987: Sappiamo che uno dei nodi più caldi e decisivi dello scontro sociale e politico è oggi e sarà nei prossimi anni la questione dello smantellamento dello stato sociale, della sua trasformazione da stato sociale universalistico a stato sociale residuale.

 

Tale scontro investe anche e forse soprattutto la sanità come servizio pubblico, appunto a base universalistica. Parole che se riviste nell’ottica odierna, ci danno la misura di quanto abbiamo ancora da fare perché i contesti di lavoro della psichiatria tornino ad essere motore di trasformazione sociale, strumento di liberazione e non di oppressione e di isolamento.

 




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