Diamanti, di Ferzan Özpetek
“...E non andiamo via, nascondiamo del dolore che scivola, lo sentiremo poi. Abbiamo troppa fantasia, e se diciamo una bugia è una mancata verità che prima o poi succederà. Cambia il vento ma noi no e se ci trasformiamo un po' è per la voglia di piacere a chi c'è già o potrà arrivare a stare con noi. Siamo così, è difficile spiegare certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui... Siamo così, dolcemente complicate, sempre più emozionate, delicate...”: sono le parole di una canzone che canta Fiorella Mannoia (testo di Enrico Ruggeri), parole che viene da associare al film “corale” di Ferzan Ozpetek, fatto di tante donne che lavorano per una sartoria che deve realizzare i vestiti e le acconciature per un film ambientato temporalmente nella metà '700, un vaginodromo lo cataloga una di queste, di cui Geppi Cucciari è l'interprete.
E' un ritrovo spensierato e pieno di aspettative, attorno a una tavolata in giardino col regista stesso, pare una festa e un po' lo sarà.
Dietro la spensieratezza per la nuova impresa entriamo lentamente nelle vite, una ad una, delle sarte e costumiste del film. La titolare della sartoria che le guida e dà ordini, severa sola e altéra ma fragile dentro. La madre di un bambino che viene tenuto nascosto in disparte mentre essa lavora. L'altra che a casa ha un marito violento e la sua vita privata, penosa, è tutta nel suo sguardo. L'altra ancora, madre di un ragazzo che a casa non comunica e i genitori non sanno come “prenderlo”. C'è la vita vera dietro alle comparse, sono come formiche operose che tutte insieme realizzano il vestito “rosa diamante” e dicono non siamo niente ma siamo tutto. Pare che quelle occupazioni siano necessarie per un reddito e le finzioni della recita siano consolatorie. Un film a tratti divertente e spensierato, a tratti tragico, che mostra la vita vera dietro a delle comparse. Una celebrazione com'è d'uso nei film di Ozpetek.