mercoledì 11 ottobre 2023 - UAAR - A ragion veduta

Di media e di medium. La scienza dell’invisibile e i suoi fantasmi

Le novità scientifiche legate al mondo dell’invisibile e alla trasmissione di messaggi o “energie” rispecchiavano genuine preoccupazioni metafisiche. Ma ancora oggi, in un’era tecnologica avanzata, persiste un certo immaginario legato a credenze sovrannaturali. Paolo Ferrarini ripercorre gli intrecci tra spiritismo, tecnologia e scienza sul numero 2/2023 di Nessun Dogma.

A volte immagino di viaggiare nel tempo e di mettere in mano il mio iPhone a uno scienziato del passato – Newton, per esempio – chiedendomi se mai riuscirebbe con un durissimo lavoro di ingegneria inversa a capirne i principi e il funzionamento. La considero un po’ un’allegoria del pensiero umano, calato nell’estrema complessità dell’universo, costretto a decodificarne in qualche modo le leggi dal basso, a partire da indizi estrapolati a fatica dalla realtà in cui siamo immersi.

Probabilmente Newton non sarebbe arrivato a capire nemmeno a cosa serve un iPhone, soprattutto in un ambiente privo di Wi-Fi ed elettricità per ricaricarlo, tanto meno a capire come funziona. Ma il punto è che non serve darlo in mano a Newton, perché di fatto io stesso non saprei mai spiegare lucidamente come funziona quell’aggeggio che tengo sempre in mano, al di là di qualche balbettata nozione di fisica, e come me suppongo buona parte degli utenti.

Il fatto di essere nato e cresciuto in un mondo in cui è scontato essere circondato e godere dei benefici di fenomeni invisibili associati alle scoperte scientifiche e tecnologiche, dall’elettricità, al magnetismo, al Wi-Fi, nella fondamentale incomprensione del loro funzionamento, significa a ben vedere vivere in un mondo magico.

Ci sono oggetti “magici” che mi portano a 10.000 metri di quota calandomi in punti lontanissimi del pianeta, oggetti “magici” che mi mostrano volti e voci di persone in altri punti lontanissimi del pianeta, oggetti “magici” che, consapevoli della mia presenza, illuminano improvvisamente il bagno in cui sono entrato.

Se la normalità di tutto questo non lascia oggigiorno molto spazio alle fantasticherie, al di là di qualche blando misticismo tecnologico sfruttato dalle pseudoscienze e qualche forma di intrattenimento pop/horror/fantascientifico che si esprime in un tritacarne postmoderno di abusati cliché, in altre epoche le novità scientifiche legate al mondo dell’invisibile rispecchiavano genuine preoccupazioni metafisiche, sfumando il confine tra scienza e ciarlataneria filosofica per proiettare queste conoscenze, incomprese e fraintese, nella familiare e sempreverde lettura simbolico-metaforica della realtà che i più chiamano spiritualità.

Il 24 maggio 1844 viene effettuato il collaudo ufficiale della linea telegrafica brevettata da Samuel Morse. La prima comunicazione in codice Morse, What hath God wrought (Cosa Dio ha creato), viene trasmessa da Washington a Baltimora, andata e ritorno. Per tutta la storia dell’umanità, consegnare un messaggio da una parte all’altra di una nazione, per non parlare da un lato all’altro di un oceano, comportava giorni, settimane, mesi di attesa.

Che questi tempi potessero all’improvviso essere ridotti sostanzialmente a zero deve aver testato i limiti dell’incredulità della popolazione dell’epoca. L’aspetto ancora più sconcertante per i non addetti ai lavori è che questi messaggi erano “disincarnati”, ossia non venivano più consegnati da persone in carne e ossa, ma captati in qualche modo misterioso da marchingegni in grado di fare da intermediari tra la coscienza delle persone e l’invisibile ed enigmatico mondo dei fenomeni elettromagnetici.

È proprio questa inedita sovrapposizione concettuale tra flusso di coscienza, flusso di informazioni e flussi elettromagnetici ad aprire le porte dell’immaginario collettivo a nuove forme di esoterismo, in particolare allo spiritismo.

Il terreno per questo tipo di metafisica era già stato preparato, nel corso del secolo precedente, dalle correnti vitaliste, una famiglia di interpretazioni immanentistiche del neoplatonismo che ricercavano nella “vita” una forza, un’energia spirituale infusa in qualche modo nella biologia.

In tale contesto, dal momento in cui Galvani scopre che l’elettricità applicata al nervo crurale di una rana è in grado di sollecitarne il movimento delle zampe, ha senso cominciare ad associare l’elettricità a questa idea di “linfa vitale”, di “essenza della vita”. Lo testimonia chiaramente, nella cultura popolare, il romanzo di Mary Shelley, Frankenstein, dove inerti brandelli di carne si animano per esposizione galvanizzante all’energia vitale di un fulmine.

A metà dell’ottocento, quando le nuove tecnologie di comunicazione sembrano aver efficacemente imbrigliato il potere dell’elettricità fino al punto di scorporare la coscienza dal suo mezzo fisico, subentra agevolmente l’idea di poter contattare coscienze per definizione prive di corpo: gli spiriti.

È allora che, parallelamente alla nascita della figura professionale della telegrafista (all’epoca uno dei pochi spazi pubblici di lavoro aperti alle donne), nasce anche la figura professionale della medium, sulla premessa che, grazie alla generale percezione di superiore ricettività femminile, sensibilità religiosa (ma anche della sua particolare configurazione elettrica!), una donna, o meglio una ragazza, fosse in grado di fare da “telegrafo spirituale” e canalizzare le anime dei defunti.

Il trend viene inaugurato, un po’ per gioco, nel 1848 dalle sorelle Kate, Margaretta e Leah Fox di Rochester, nello stato di New York, le quali fin da piccole vantano l’abilità di comunicare con entità sovrannaturali attraverso misteriosi schiocchi prodotti dal nulla, in sequenze che ricordano proprio l’alfabeto Morse.

Le ragazze vengono prese così sul serio da generare rapidamente un florido business familiare e un appassionato dibattito internazionale sull’occulto, con migliaia di persone disposte a credere nella possibilità di chiacchierare con gli spiriti.

Inizia così un’epoca di sedute e circoli spiritici, telepatia, scrittura automatica, chiaroveggenza, fotografia di fantasmi e tavole Ouija, un’epoca in cui il paranormale è di fatto ridotto a “preternaturale”, in quanto le entità sovrannaturali sono concepite come naturali quel tanto che basta perché possano manipolare le onde sonore, la luce, la corrente elettrica, una penna, o le corde vocali di una persona, in breve, qualsiasi cosa renda metaforicamente possibile un “flusso” di informazione da un mittente a un destinatario.

In una fase storica in cui l’epistemologia non è ancora giunta a maturazione e la moderna distinzione tra fisica e metafisica non è ancora stata pienamente messa a fuoco, le dottrine degli spiritisti non vengono subito screditate come indebite distorsioni del discorso scientifico, ma appaiono come una logica applicazione di questa tecnologia già di suo connotata di trascendente. Abbondano così teorie ed esperimenti volti in buona fede a testare e validare i fenomeni ultraterreni.

C’è chi, come Robert Hare, esplora l’idea che l’anima umana sia costituita da vari livelli concentrici che includono anche uno strato elettrico e uno magnetico. C’è chi prende il concetto di “telegrafo spirituale” alla lettera: secondo Emma Hardinge, a comunicare dall’aldilà sarebbero fantasmi di tecnici e scienziati che hanno creato dispositivi per mettersi in contatto con l’aldiquà sfruttando l’elettromagnetismo.

Altri, come John Murray Spear, lavorano alla realizzazione di macchinari dalle funzioni mistiche sulla base di istruzioni ricevute dal mondo degli spiriti. Pierre Curie stesso frequentava le sedute spiritiche con occhio da ricercatore, convinto che i fenomeni paranormali potessero gettar luce su alcuni aspetti dell’elettromagnetismo.

È solo verso la fine del diciannovesimo secolo che la scienza abbandona questo ambito di ricerca, dopo aver cestinato a una a una tutte le sensazionali asserzioni degli spiritisti. Perfino Margaretta, una delle tre sorelle Fox, nel 1888 confessa pubblicamente che gli schiocchi con cui si manifestavano i contatti con l’aldilà erano in realtà prodotti dalle articolazioni delle gambe delle sedicenti medium.

Tuttavia, l’affascinante nozione di un “altrove elettronico” ha ormai attecchito così fortemente nell’immaginario popolare da persistere nelle fantasie culturali associate all’emergere delle successive tecnologie del ventesimo secolo.

La stupefacente invenzione della radio, da parte di Guglielmo Marconi, cambia la concezione stessa di comunicazione, che con l’introduzione di una tecnologia wireless non avviene più come flusso di informazioni cablate da un punto A a un punto B, ma è ora captata nell’“etere”, un oceano di misteriose vibrazioni in cui le persone si sentono immerse.

Sinistramente immerse. È in effetti a questo punto che il mondo dello spiritismo comincia ad assumere le connotazioni di ansia e terrore con cui ancora oggi abbiamo una certa familiarità. L’idea di universale pervasività dell’etere tocca corde psicologiche come la paura dell’ignoto, dei pericoli e dei mostri che si possono celare in questa invisibile immensità inesplorata, di fronte alla quale l’individuo non può che sentirsi solo.

Con il concomitante scoppio della Grande Guerra, la morte è poi qualcosa che si sente tragicamente “nell’aria” e che monopolizza le comunicazioni ufficiali trasmesse agli ascoltatori attraverso la radio. Una popolare fantasia immediatamente derivata da questa situazione è quella della coscienza disincarnata dei defunti, che libera di circolare nell’etere va a creare una sorta di onniscienza collettiva che la radio ha il potere di ritrasmettere alle orecchie dei viventi.

Basta essere bravi a interpretare le parole un po’ confuse che ogni tanto percolano attraverso il rumore bianco. Messaggi di cruciale importanza ci sono così giunti dall’aldilà, per esempio grazie all’acume pareidolico del ricercatore Konstantin Raudive, il quale captando voci incorporee in un miscuglio di tedesco e lettone attraverso una speciale radio appositamente modificata, ci ha permesso di sapere cose come: «Pistola è il nostro uomo», «Adesso, adesso, lupa! Voglio aria!», «Portate un halibut!»

Nel frattempo, analogamente a quanto visto nell’ottocento con il “telegrafo spirituale”, si diffonde l’idea di “radio mentale”, in questo caso una metafora per la telepatia elaborata sulla premessa, popolarizzata dallo scienziato William Crookes, che il pensiero umano possa viaggiare nell’etere a determinate frequenze.

L’espressione viene coniata dal famoso scrittore e giornalista Upton Sinclair come titolo per il libro in cui descrive le esperienze di telepatia che ha avuto insieme alla moglie. Curiosamente, la prefazione all’edizione tedesca di Mental Radio è di Albert Einstein, il quale pur non essendo interessato al paranormale, probabilmente nello spirito di amicizia con l’autore accetta di tenere la mente aperta su questo argomento.

Ci sono però, come nel secolo precedente, esempi di scienziati importanti che nelle applicazioni ultraterrene della scienza credono molto più convintamente. Thomas Edison, per dirne uno, si dedica senza ironia alla costruzione di un dispositivo per contattare i morti, elaborando una fantomatica fisica della coscienza secondo cui le “strutture del pensiero” rimarrebbero intatte anche dopo la decomposizione del corpo.

Nel secondo dopoguerra, l’arrivo del televisore – altro spettrale medium elettronico nelle case della gente – segna l’inizio di una nuova era dei mass media. Se ormai la scienza ufficiale ha abbandonato per sempre ogni onesto interesse nella ricerca sul paranormale, si assiste tuttavia a un boom nella cultura popolare del genere horror/fantascientifico che sfrutta e alimenta la continua fascinazione del pubblico (e il suo senso di inquietudine metafisica) per i fenomeni e le tecnologie dell’invisibile.

Non si contano i libri e i film in cui le entità sovrannaturali annunciano la loro presenza attraverso interferenze con l’impianto elettrico, con il tubo catodico, o con la radio. Iconicamente, i Poltergeist di Steven Spielberg escono proprio dal televisore, così come lo spirito di Samara in The Ring.

A far riflettere, oggi, dovrebbe essere la persistenza di questo immaginario in un’epoca in cui dovrebbe ormai essere evaporato ogni residuo timore legato alle tecnologie, giunte a maturazione e onnipresenti nella vita di tutti. Eppure, perché questi film funzionino, è necessario che lo spettatore sospenda il giudizio e accetti ancora a qualche livello la premessa che una radio, una tv o un trenino elettrico possano fungere da magici portali per qualche altro mondo invisibile.

E a ben vedere, l’aspetto forse più assurdo non è quello legato alla tecnologia, ma al generalizzato persistere della credenza nel soprannaturale stesso: prodotto scaduto di una cultura e di un’istruzione intrise più di identitarismo che di razionalismo e ostinatamente intente a propagandare concetti filosoficamente morti e sepolti come l’esistenza di un’anima, o di un aldilà.

Paolo Ferrarini

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