sabato 23 febbraio 2013 - Terenzio Davino

Democrazia partecipa-attiva, via “nonviolenta” personale per la salvezza collettiva

Collettivo risveglio, formazione politica, iniziativa corale per un percorso possibile di cambiamento spontaneo, tutto aperto alla prossimità con gli altri.

Solidarietà, empatia, azioni di ogni giorno, tutto incide in una scelta capace di ricostruire profondamente il Paese in conflitto e in grado di leggere i fatti con aperta speranza. Dona più forza l’apertura di spazi di socialità liberata in cui le persone si riconoscono tra loro come esseri umani partecipanti in base alle idee prodotte e applicabili a beneficio di tutti, e non per ruoli di poteri o interessi personali.

Nel fare “rete” diviene importante aderire con consapevolezza a scelte di gruppi politici che sappiano meglio discernere le pubbliche istanze degli uomini. Mettere se stessi, personalmente, a servizio degli altri per ricercare una comunità civica operante per prendersi cura del Paese nella dimensione più ampia e totalizzante e far crescere relazioni efficaci d’ascolto e lettura della verità nella democrazia partecipa-attiva.

Il cittadino vuole contare di più, esige ascolto, coinvolgimento e considerazione, ammette il tempo della verità che lo aiuti a conoscere, pensare e valorizzi la dimensione del protagonismo collettivo, corpo unico elettorale, rafforzato dal senso di Patria, capace di trasformare la società e ripensare l’interesse collettivo e l’associazionismo in più evolute forme inter-cooperanti. Il collettivo risveglio, l’educazione alla formazione (anche politica) fondata sull’esperienza applicata, permette di coordinare e armonizzare le iniziative proposte in forma corale di partecipazione attiva come popolo pensante.

La coscienza collettiva, allenata e forgiata con strumenti di democrazia partecipata, saprà adottare un percorso di cambiamento possibile, liberatorio. Consentirà al singolo di maturare, come parte consapevole di un tutto aperto alla prossimità con gli altri cittadini, e di abitare uno spazio civico fruibile, auto-educandosi e dialogando bene tra altri in reciproco ascolto sino ad aprirsi spontaneamente all’unità dell’Italia.

A questo punto è importante definire i conflitti per iniziare a essere mediatori di se stessi, in equilibrio tra azioni e comportamenti che accadono, l’esperienza delle emozioni provate e le percezioni che accompagnano la vita pubblica in costante disagio sociale.

Azioni ed emozioni che accadono oggi, ciò racconta sfumature di conflitti un tempo nascosti per pudore o paura, sopiti e ricacciati dalla coscienza ma ora manifestati con rabbia impotente che non lascia scampo al dispiegarsi sereno della quotidianità. Le emozioni hanno valore e ciò che può solo aiutare risiede nella distinzione di ciò che si è divenuto da ciò che si vuole diventare da qui a cinque anni.

I conflitti vanno risolti, i debiti morali ed economici ripianati, veicolando stili e modi di azione pro-attiva e non troppo “morbida” e minimale. L’Italia ha in sé un forte potenziale trasformativo insito nella sua creatività, identità cristiana, artistica, umana e solidale e di calore relazionale che coinvolge e colpisce il mondo intero.

Dietro la ridefinizione della “democrazia”, non più creduta come forma a sé che basta per governare un popolo, c’è l’azione responsabile, consapevole, collettiva, umana, armoniosa del singolo come attore-civico nell’insieme presente della comunità politica capace di adottare una nuova forma mentale di sviluppo socio-politico sostenibile.

Gli attori, obiettivi e le azioni definiscono lo spazio e l’arena dell’agire sociale e politico che non ammette d’essere ignorato o usato, diviso o trascinato in rigide ideologie che ledono la soddisfazione di pensarsi come gli uni con altri attivi, in grado di creare speranza e voglia di fare bene trovando soluzioni durature che funzionano.

Lavorare assieme sugli atteggiamenti, comportamenti e le contraddizioni che hanno portato il Paese alla crisi attuale vissuta, per ritrovare ristoro dalla sofferenza auto-inflitta con il solo scegliere delegando al “meno peggio”. Si può esigere e creare il meglio che può spettare a ognuno solo volendo con tutti gli altri tornare a partecipare senza violenza a fondare la democrazia partecipa-attiva come forma lecita e vincente del protagonismo collettivo cooperante.

“Nell’equilibrio si scorge un autentico atteggiamento non violento” (resistenza attiva) e per capirlo occorre riconoscere nell’ordine e disciplina collettiva come divenire “trasparenti” lasciando filtrare la luce della verità, quale che sia e da qualunque parte venga.




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