venerdì 5 luglio 2019 - Phastidio

Deficit eccessivo: rinviata è la tempesta, odo grulli far festa

Dopo che l’Italia ha schivato la procedura per deficit eccessivo da parte della Commissione europea, i mercati hanno festeggiato con un impressionante rally dei nostri Btp, che ha avuto il suo culmine nella giornata di ieri, con un vero e proprio crollo dei rendimenti su tutta la curva delle scadenze. Alcune lezioni da questa vicenda.

La premessa è che il governo italiano ha realizzato una manovra correttiva per il 2019, pur non avendola ufficialmente definita tale. Come noto, questo è il governo del cambiamento, oltre che della circonvenzione di milioni di incapaci; quindi, se una situazione o una cosa non vengono chiamate col loro nome, allora semplicemente non esistono.

La novità è che la Commissione europea uscente ha scelto l’appeasement verso l’Italia, accettando una manovra fatta in larghissima parte di voci una tantum. Ad esempio, è stata accettata l’entrata derivante dalla transazione tra Agenzia delle Entrate e Kering; oppure il dividendo straordinario di Cassa Depositi e Prestiti, che tuttavia così facendo indebolisce la propria struttura patrimoniale, visto che questo miliardo extra di distribuzione di capitale avviene in contemporanea con il collocamento di debito per un miliardo e mezzo. Sono numeri ancora piccoli, per essere preoccupanti? Sì e no.

 

Poi c’è stato il risparmio di 1,5 miliardi, in sede di bilancio di assestamento, dagli esborsi per Quota 100 e Reddito di cittadinanza. Ricorderete nelle scorse settimane la gara a riassegnare questo “tesoretto” fatto in deficit. Una gara che ha visto impegnato persino il loquace presidente dell’Inps, che evidentemente non padroneggia ancora il proprio ruolo, in termini di esternazioni. Ricorderete anche Luigi Di Maiopreconizzare la redistribuzione “alle famiglie, come in Francia” di questo minore deficit. Sembra passata un’era geologica.

Poi ci sono le maggiori entrate, ad esempio quelle derivanti dalla fatturazione elettronica. Il tempo dirà quanta parte di esse è imputabile ad anticipo di flussi d’imposta e quanta ad effettivo aumento di compliance, per l’effetto di concatenazione tra clienti e fornitori. Evitati i tagli più critici, come quelli al trasporto pubblico locale ed ai fondi per il Sud, pazialmente compensate da “minori spese per erogazioni associate alle deferred tax assets (DTA) e minori interessi”. Come si nota, oltre che in prevalenza una tantum, la correzione è fatta di maggiori entrate per circa sei settimi del totale. Non male.

In breve, otto miliardi di cosiddetti “risparmi”, che riportano il deficit-Pil 2019 in traiettoria del mitologico 2,04%. Quanto tempo è passato dal trionfo al balcone dei pentastellati, per un 2,4% che doveva aprire la strada ad un boom senza precedenti, ricordate? Ricacciato in gola o in altre parti anatomiche nel giro di poche settimane, per evitare la precedente procedura d’infrazione.

Oggi leggiamo commenti e peana a Giuseppe Conte, il nostro stratega in formato esportazione, che ha evitato con le sue arti magiche e la sua superiore capacità negoziale la procedura d’infrazione, per la seconda volta in sei mesi. Un eroe. Peccato non dire anche il resto.

Ad esempio, che il nostro governo si è ricacciato in gola o in altre parti anatomiche la quasi totalità dei suoi bellicosi propositi da deficienti(nel senso di produttori di deficit) ma che le misure in essere, soprattutto Quota 100, sono un cappio che si stringe inesorabilmente al collo dei contribuenti italiani.

In soldoni, il deficit strutturale viene ridotto (il che indica una manovra restrittiva, in pieno rallentamento), in prevalenza con misure assai poco strutturali (potenza della politica, nell’immaginaria “Europa dei contabili”) ma il bilancio pubblico si deteriora ulteriormente sul piano qualitativo, oltre ad irrigidirsi sempre più. Però noi guardiamo i saldi e ci rallegriamo. Antiche tradizioni italiane.

In omaggio, una manovra 2020 con pesantissime ipoteche, quali le clausole di salvaguardia e la cosiddetta flat tax fortemente voluta dalla Lega. Ma chi vuol esser lieto sia, ché del doman non vi è certezza. E neppure contezza, si direbbe.

La reazione dei mercati è stata pavloviana, come ci si attendeva: una corsa a strapparsi di mano l’intera curva dei rendimenti governativi italiani, tra i più elevati del mondo sviluppato. Corsa favorita da un contesto internazionale che appare nuovamente in messianica attesa dei tagli di tassi praticati da banche centrali che devono salvare il mondo dall’eccesso di debito che i tassi bassi hanno prodotto. E via così, in loop. L’arrivo alla guida della Bce di Christine Lagarde al posto di Mario Draghi segna il trionfo della politica, senza la sapienza tecnocratica dell’italiano. Ma l’esito per ora non cambia. Let’s party. La stagione della normalizzazione delle condizioni monetarie è stata breve e dolorosa.

La corsa ai Btp è esattamente quello che ci si aspetta dall’Italia. Una sequenza fatta di deterioramento dei fondamentali, rialzo dei rendimenti, timori di dissesto, momento resipiscente di disciplina fiscale (almeno sui saldi, la qualità non seguirà) oppure, nei casi più gravi, randellata patrimoniale di emergenza per compensare debito pubblico e ricchezza privata. Almeno sin quando sarà possibile, vista anche la drammatica demografia italiana. Per ora, il Btp sembra un pasto gratis per gli investitori che non sono contribuenti italiani. Ma si sa, siam sovrani.

Un anno di chiacchiere, proclami, occupazione militare dei media (alcuni lietissimi di farsi occupare senza muovere un muscolo), e tutto quello che abbiamo è crescita zero ed uno spread che “crolla” a 200 punti base dopo essere stato sopra i 300. Nel frattempo gli altri paesi europei, anche grazie al rischio contagio italiano, mietono copiosi benefici sui conti pubblici, con rendimenti prossimi allo zero anche in Spagna e Portogallo. Come dico da tempo, dovrebbero darci un premio. Alla stupidità ed all’autolesionismo.

Verrà l’autunno ed il ciclo infernale riprenderà, con i suoi proclami da bulli al bar e le sue minacce di procedure di infrazione. Ricordate: il rapporto debito-Pil è il nodo scorsoio che si sta stringendo attorno al nostro collo e quello non è stato allentato, tutt’altro. Ma i nostri eroi continueranno a dirvi che “serve che la Bce accomodi il nostro maggiore deficit, per permetterci di crescere”, integrato da geniali soluzioni di trasferimenti fiscali ad esclusivo beneficio dell’Italia, mentre qualche corifeo fulminato continuerà a tessere le lodi della grande abilità negoziale del nostro premier, la cui figura è ormai l’ultima tragica ridotta di personaggi che quotidianamente vengono presi a ceffoni dalla realtà ma che insistono a credersi king maker e demiurghi della politica. Un tempo facevano sorridere, oggi suscitano umana compassione.

Il governo si è ricacciato in gola o in altre parti anatomiche i suoi bellicosi propositi da deficienti (nel senso di produttori di deficit)CLICK TO TWEET
Spread decennale Btp Bund



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