martedì 17 agosto 2021 - UAAR - A ragion veduta

«Dear God», gli atei esistono

Non esistono molte canzoni dichiaratamente atee, nonostante siano esistiti ed esistano molti cantanti atei. Non risulta nemmeno che esistano ricerche che cerchino di capire il perché, come del resto latitano nel ben più vasto campo della letteratura. 

La causa potrebbe banalmente risiedere nella constatazione che non credenti e credenti hanno identità di intensità diversa: bassa per i primi, spesso elevata per i secondi – al punto da manifestarla in ogni ambito della vita, e non soltanto la loro. Perché sono proprio le religioni che li spingono insistentemente a farlo.

Ma non si limitano a questo. Con irrisoria facilità ottengono che quelli che hanno convinzioni differenti non possano affermarle pubblicamente – soprattutto se sono atei, perché l’ateismo rappresenta per definizione la più radicale contrapposizione alla loro dottrina. È una strategia così efficace che, dopo secoli di predominio, crea un condizionamento ambientale tale per cui censura e autocensura si affermano naturalmente. Anche laddove sono più liberi sia i contesti sociali, sia i mezzi espressivi.

Il rock, agli albori, fu considerato dalle chiese cristiane né più né meno che uno strumento del demonio. Diverse rockstar giocarono a loro volta provocatoriamente col fumo di Satana (i Rolling Stones su tutti), ma l’ateismo rimaneva qualcosa di ancora più indisponente. Uno dei primi a scagliare qualche verso contro la divinità fu John Lennon (che peraltro era panteista). Nel dicembre 1970 pubblicò la controversa God, l’8 dicembre 1980 fu ucciso da un esagitato cristiano. Movente o coincidenza? In ogni caso, la circostanza era già più che sufficiente a dissuadere parecchi altri artisti dal fare altrettanto.

Gli Xtc hanno rappresentano un eccellente esempio di gruppo musicale “di culto”. I loro dischi non hanno mai riscosso vendite oceaniche, ma sono sempre stati seguiti da un pubblico affezionato, raccogliendo nello stesso tempo un vasto apprezzamento da parte della critica: lo scorso anno, il magazine online God Is In The Tv si è persino chiesto se non siano stati la miglior band britannica di tutti i tempi. Il loro leader Andy Partridge scrisse nel 1986 una canzone ispirata dalle letterine che i bambini rivolgevano a dio: Dear God. Una canzone paradossale, che si rivolge a qualcuno a cui esplicitamente non si crede, e a cui non si crede per tutta una serie di ingiustizie di cui porterebbe la responsabilità – se soltanto esistesse.

A registrazione ultimata, Partridge non rimase completamente soddisfatto del risultato. Come affermò in seguito, gli sembrava che una canzone di tre minuti e mezzo non rendesse piena giustizia alla vastità dell’argomento. Quando si trovò a discutere dell’imminente lp con un dirigente della Virgin Records, si sentì dire che «il mercato americano non amerà questa canzone, e tu riceverai molta hate mail». La naturale decisione fu quindi di non includere Dear God nell’album Skylarking, ma di relegarla a lato B del primo singolo che ne fu tratto, e che fu pubblicato il 16 agosto, giusto trentacinque anni fa.

Disponibile soltanto in Europa, inizialmente la canzone passò inosservata. Dopo qualche mese, però, alcuni studenti che avevano acquistato il 45 giri di importazione cominciarono a trasmetterla nelle college radios americane. E diventò un successo. Perlomeno nell’etere, perché negli States il disco era introvabile. Così, da un giorno all’altro la casa discografica americana Geffen ristampò l’album per inserircela; fu inoltre ripubblicata come lato A di un nuovo singolo. Non essendo stato realizzato un videoclip, si colmò anche questa lacuna dalla sera alla mattina, peraltro pregevolmente: Mtv gli riconobbe infatti alcuni riconoscimenti. Gli Xtc erano diventati famosi come mai erano stati prima di allora.

E tuttavia, per paura delle reazioni dei fanatici religiosi, diversi negozi e catene si rifiutarono di vendere il disco. Partridge fu realmente sommerso da una valanga di corrispondenza intimidatoria. Una radio ricevette la minaccia di una bomba. E a quel punto la Geffen ritirò il 45 giri che aveva appena fatto stampare.

Lustri dopo, nel libro-intervista Complicated Game, Partridge sostenne che, «se non puoi avere un’opinione diversa senza che loro ti vogliano incendiare la casa, allora questo è un loro problema», trovando tutta la vicenda «così medievale». L’anno successivo, la pubblicazione dei Versi Satanici di Salman Rushdie fece capire al mondo intero che la frequente reazione violenta da parte dei credenti che ritengono qualcuno o qualcosa “blasfemo” è un gigantesco problema – ancora oggi, oltre cinque secoli dopo la fine tecnica del Medioevo, lontanissimo dall’essere risolto. Da questo punto di vista, le traversie di Dear God rappresentano un’indicativa anticipazione di un revival dell’odio religioso di cui avremmo fatto a meno.

Costituiscono nondimeno anche l’ennesima conferma che, se è vero che l’autocensura ci lascia sereni nella nostra comfort zone, sciogliere le briglie alla libertà espressiva non pregiudica necessariamente una carriera, anzi. Per quanto ovvio, gli Xtc non sono mai stati un fenomeno paragonabile al christian rock che – quasi in risposta – esplose subito dopo negli Stati Uniti: accantonate le accuse di satanismo, la fede si appropriò di un fenomeno sino ad allora secolare. A parte i tanti dollari guadagnati, però, l’effetto spirituale sembra essere stato nullo. Cominciando proprio dalle patrie del rock, gli Usa e il Regno Unito, dove oggi si parla esplicitamente di post-cristianesimo.

Dear God fu infatti anche un importante segnale in questa direzione. Già due decenni prima la rivista Time si era chiesta in copertina se dio fosse morto: ma il suo impatto fu circoscritto, come del resto capita con la stessa programmazione delle college radios. La novità di Dear God era un’altra: qualcuno aveva esplicitamente cantato che non credeva in dio, ed era quindi diventato possibile cantare e affermare altrettanto. Anche con qualche eccesso: uno studente di New York costrinse la sua scuola a trasmettere il pezzo dopo aver preso in ostaggio un dirigente. Resta il fatto, come farà orgogliosamente notare Partridge, che «improvvisamente la gente cominciò a chiamare le radio dicendo “suonatela di nuovo, perché è quello che ho sempre pensato, ma non ho mai potuto dirlo”». Una sorta di preludio a ciò che sarebbe stata internet, la più grande generatrice di increduli che la storia abbia mai conosciuto.

E tuttavia, la vicenda ci ricorda che il mail bombing esisteva anche prima di internet. Nel corso della storia, gli atei sono stati (parzialmente) tollerati soltanto finché non si dichiaravano pubblicamente tali. Manifestando il proprio pensiero sono invece sempre andati incontro a polemiche e persecuzioni, perché i fanatici non intendono alcuna ragione e quasi sempre trovano istituzioni che li appoggiano. Ancora dieci anni fa un docente dell’Ontario è stato sospeso per aver chiesto alla propria classe di commentare il testo di Dear God.

Ma è proprio dicendo apertamente la nostra che il mondo, negli ultimi tre secoli, è migliorato più velocemente degli stessi esseri umani. Anche perché il Caro Lui si ostina a non voler esistere.

Raffaele Carcano

Foto di Mick Haupt da Pexels

 




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