mercoledì 9 giugno 2021 - UAAR - A ragion veduta

Dallo zigote al feto, quando inizia la vita umana?

Ciascuno di noi è iniziato come uno zigote: ma a pensarci bene, nel percorso accidentato che va dallo zigote all’individuo, forse quell’inizio non era molto di più che una possibilità, ne parla Elisa Corteggiani sul n. 3/2021 della rivista Nessun Dogma.

Chi ha avuto da poco esperienza di una nascita in famiglia o fra i propri amici ha ben presente i volti stupefatti e innamorati che circondano le immagini del nascituro ottenute con l’ecografia. La tecnologia ecografica ha fatto passi da gigante nella medicina contemporanea: come provetti pipistrelli, gli esperti radiologi distribuiscono ultrasuoni a stretto contatto con la pelle e con le superfici esterne del nostro corpo, e raccolgono l’eco che ha attraversato i nostri tessuti molli.

A elaborare quel segnale ci pensano sistemi computerizzati che restituiscono a schermo forme in movimento, per l’attenta analisi da parte degli osservatori più esperti e per l’inevitabile suggestione visiva ed emotiva di tutti gli altri, che si vedono parare di fronte quello che hanno dentro, che fino a qualche tempo fa poteva essere solo immaginato. Se l’utilizzo dell’ecografia nella diagnostica per immagini è ampio, è innegabile la fortuna che questa tecnica ha avuto nel campo dell’ostetricia; oggi alle immagini bidimensionali, sempre più definite, si aggiungono le immagini tridimensionali e le informazioni dinamiche sui flussi sanguigni nella regione uterina prodotti dalla tecnologia ecografica color Doppler ostetrica, che hanno consentito alla comunità medica e ai pazienti di osservare in dettaglio alcuni aspetti dell’ovulazione e dello sviluppo precoce in ambiente intrauterino.

Le immagini ottenute con queste tecnologie hanno avuto grande diffusione e hanno indotto molte persone, anche fra i non addetti ai lavori, a riflettere sullo sviluppo dell’individuo umano in formazione. A ben guardare non si può che rimanere meravigliati nello scorgere e nel riconoscere, in alcune fasi embrionali relativamente precoci, fattezze riconducibili alla forma umana matura nei suoi tratti essenziali. Alcune organizzazioni, che esprimevano da tempo l’idea che la vita umana avesse inizio con la fecondazione, hanno tratto da queste immagini nuove conferme e nuova linfa; e hanno contribuito alla loro diffusione per stimolare la risposta empatica del pubblico e difendere lo status morale dell’embrione in tutte le fasi di sviluppo.

Ma vediamo insieme quali conoscenze ha prodotto la comunità scientifica portando avanti uno studio attento e sistematico dei processi precoci dello sviluppo, alimentato anche dalle straordinarie informazioni raccolte con le tecniche ecografiche.

Dopo l’unione della cellula uovo e dello spermatozoo a formare lo zigote, la cellula con il suo corredo cromosomico completo inizia a dividersi e il gruppo di cellule in divisione si muove lungo le tube di Falloppio fino a raggiungere l’utero. In questo stadio, alcuni giorni dopo la fecondazione, c’è un aggregato di cellule distinte, ciascuna in grado di dare origine a qualsiasi tessuto, ma soprattutto ciascuna ancora in grado da sola di svilupparsi in un embrione completo. In questa fase in effetti possono svilupparsi più gemelli omozigoti a partire da una stessa iniziale cellula fecondata.

Dopo la fase di “morula”, nella quale troviamo un gruppo di piccole cellule adiacenti le une alle altre, la divisione cellulare procede intorno a una cavità centrale e abbiamo la formazione della blastocisti. Sarà la blastocisti a iniziare, intorno alla seconda settimana dalla fecondazione, l’adesione all’utero materno. Nel processo di adesione le cellule dell’utero proliferano intorno alla blastocisti fino a inglobarla e contemporaneamente le cellule più esterne della blastocisti vanno a formare le strutture accessorie necessarie per l’impianto e per la formazione della placenta e del cordone ombelicale. Solo le cellule più interne della blastocisti si sviluppano a formare l’embrione vero e proprio.

Fino al 14°-16° giorno dalla fecondazione, quindi, ciascuna cellula prodotta per divisione cellulare dello zigote potrebbe andare a far parte di un individuo o di un altro, o di un tessuto di nutrimento o di connessione. Inoltre, in condizioni ordinarie lo zigote incontra varie circostanze ambientali e la formazione di un embrione dopo l’adesione è solo una possibilità. Questo primo lasso di tempo viene chiamato oggi comunemente fase pre-embrionale ed è chiaro che a nessuna di queste cellule con destino incerto, compreso lo zigote, si possa attribuire lo status di individuo.

Quelli che fanno iniziare la vita dell’individuo con la fecondazione si riferiscono chiaramente alla potenzialità che ha una cellula con un corredo genomico completo di dare origine a un individuo, e al fatto che quella è la prima cellula a contenere la particolare combinazione genetica di cui ciascuno di noi è portatore, non certo alle prime fasi dell’esistenza di un individuo. Infatti, come abbiamo visto, lo zigote e le cellule che produce finiscono col fare normalmente varie cose, non hanno un destino stabilito né una via sicura, e non sono di per sé niente di più che un gruppetto di cellule, neanche tanto coese. È utile riflettere sul fatto che qualsiasi cellula o gruppo di cellule del mio corpo in grado di dividersi e differenziarsi adeguatamente è potenzialmente un individuo, compresa una mia cellula staminale embrionale, o una mia cellula adulta e differenziata qualsiasi, indotta in opportune condizioni a tornare staminale (iPS o cellula pluripotente staminale indotta) e poi a formare un nuovo embrione.

Quello che sembra fare la differenza fra una cellula iPS e lo zigote non è quindi tanto la biologia, quanto il percorso che ha portato alla formazione di queste cellule, la loro storia. Può essere una buona idea stabilire se un individuo è un essere umano e quindi degno di essere trattato come tale, in base alla storia che lo ha originato? Io ritengo che sia una via molto rischiosa; un essere umano, quando è tale, è degno, non importa come abbia iniziato a esistere, se da una cellula iPS o da una fecondazione in vitro o dall’incontro di due innamorati. Allo stesso modo, fra una cellula totipotente di varia provenienza messa in opportune condizioni e uno zigote, non sembra esserci molta differenza in quanto a potenzialità di dare origine a un futuro individuo; quindi forse sarebbe utile pensare che non è ancora un essere umano quello di cui stiamo parlando. È anche utile sottolineare che ciò che è potenzialmente un individuo, cioè che può diventare un individuo, di fatto, per definizione, un individuo non è. Un gruppo di cellule indifferenziate e disorganizzate di per sé non è un essere umano. La riflessione e il confronto sul valore morale che vogliamo attribuire a queste cellule è pertanto certamente possibile, ma sarebbe sbagliato attribuire loro, automaticamente, il valore morale etico e giuridico di individuo o essere umano.

Stabilito che il primo gruppo di cellule non è certo un essere umano, se lo sviluppo dell’individuo si rivelasse un percorso accidentato ma continuo, e in buona misura è proprio così, come potremmo allora stabilire quando inizia l’individuo?

Non c’è dubbio che dal momento della nascita ci troviamo di fronte a un essere umano con un corredo di potenzialità genetiche, in grado di fare esperienza del mondo, di sentire, soffrire e imparare. Sarebbe però un errore far iniziare l’esistenza della persona al termine della gravidanza: le nascite premature dimostrano che c’è un individuo in formazione, con tutte le carte in regola per essere chiamato essere umano, ben prima dei consueti nove mesi. L’osservazione attenta delle immagini dinamiche che registriamo con le ecografie dell’utero materno durante la gestazione evidenzia la capacità del feto di percepire, integrare e rispondere a vari stimoli sensoriali ben prima della nascita; evidenzia, in realtà, capacità progressive di movimento e reazione, alle quali attribuiamo una certa misura di umanità.

Di fatto già l’embrione e poi anche il feto possono essere dei “pazienti”, possono cioè beneficiare di interventi che derivano dalle conoscenze esperte di un medico prima ancora di essere nati, configurandosi quindi come soggetti di un beneficio o di un diritto che esiste in funzione del fatto che poi nasceranno e diventeranno degli esseri umani. Sta alla nostra riflessione collettiva e dialogante stabilire il valore morale di questi esseri umani potenziali e l’insieme dei diritti di cui sono portatori, soprattutto quando siamo chiamati a pesare i loro diritti rispetto a quelli di esseri umani che esistono già e che hanno una storia. In modo particolare le società si sono confrontate sul valore dei diritti della madre rispetto a quelli del feto o dell’embrione che porta in grembo, quando questi entrano in contrasto. Le componenti più maschiliste e più tradizionali nelle varie società tendono a dare un grande valore alla vita futura e a dargliene addirittura uno maggiore rispetto a quello che riconoscono alla madre, ridotta al ruolo di fattrice di nuova vita. Le componenti più avanzate e più umaniste tendono a difendere i diritti degli esseri umani già completamente e certamente tali, rispetto a quelli degli esseri umani in formazione e a difendere in modo particolare il diritto delle donne alla propria salute, alla propria autodeterminazione e all’emancipazione dal mero ruolo di procreatrice.

Sulla scorta delle osservazioni e delle esperienze che ho appena descritto alcuni hanno tentativamente proposto di far iniziare la vita dal momento in cui è possibile supportare il completamento dello sviluppo dell’individuo al di fuori dell’utero materno. Tale motivazione appare debole per varie ragioni. In primo luogo, il momento di inizio della vita umana verrebbe fatto dipendere dalle capacità tecniche in continuo cambiamento e miglioramento nella società umana. Un feto partorito prematuramente a un determinato stadio di sviluppo sarebbe quindi un essere umano in alcuni stati mentre non lo sarebbe in altri o non lo sarebbe stato un paio di anni prima. In secondo luogo, il migliorare delle nostre capacità tecniche, che potrebbe un giorno raggiungere la totale indipendenza dall’utero materno, non cambierebbe le caratteristiche che in ciascun momento durante lo sviluppo quell’organismo ha e che potrebbero qualificarlo o meno come titolare di diritti e di considerazione etica.

Un organismo effettivamente funziona come un’unica unità ereditaria, le sue parti cooperano e dipendono le une dalle altre. Questo è vero per una cellula che costituisce da sola un vivente unicellulare ed è vero per il nostro organismo, fatto da molte cellule che lavorano insieme per la sopravvivenza e la riproduzione dell’individuo. Quand’è quindi che l’insieme poco adeso e assolutamente non organizzato di cellule con diversi destini che hanno avuto origine dallo zigote per divisione cellulare diventa un organismo, e quand’è che la sua vita si può considerare vita di tipo umano?

Se l’adesione della blastocisti all’utero ha avuto successo, l’accrescimento e il differenziamento nell’embrione iniziano in modo abbastanza precoce. Le cellule si dividono e si specializzano in accordo con il proprio programma genetico e con i segnali che ricevono dall’ambiente circostante, costituito dalle proprie stesse cellule e da quelle materne. L’embrione diventa quindi organizzato, il piano corporeo inizia a prendere le sembianze umane e gli organi si vanno formando. Fra la quarta e la nona settimana ha luogo l’organogenesi, si forma il tubo neurale, il piccolo cuore embrionale inizia a battere e la circolazione sanguigna dell’embrione, in continuità con quella della placenta, distribuisce i nutrienti a tutte le cellule che si stanno accrescendo e differenziando. Le immagini ad alta risoluzione dell’embrione in questa fase rivelano forme sorprendentemente umane, il battito cardiaco mostrato dalle ecografie color Doppler ha sicuramente un impatto emotivo importante nell’osservatore. Ci troviamo di fronte a un organismo, a una vita di tipo umano che ha sviluppato o sta per sviluppare le caratteristiche peculiari degli individui della nostra specie?

Quello che osserviamo è che gli organi a questo punto sono stati fondamentalmente definiti, anche se non sono ancora propriamente sviluppati, ma affinché le varie parti inizino a funzionare insieme in modo coordinato, come appunto avviene in un organismo, è necessario un livello organizzativo più complesso, che consenta di coordinare le varie attività. È a questo punto che, a partire dalle strutture esistenti, inizia un’attività nuova: la ricezione e la sintesi, da parte del cervello, degli impulsi nervosi che trasmettono le informazioni dalle varie parti dell’embrione e dell’ambiente uterino circostante al cervello stesso, dove vengono integrate e danno luogo alle risposte che verranno trasmesse all’intero corpo per coordinare le sue attività. È a questo punto che si è formato un organismo ed è questo punto che esistono le basi per lo sviluppo delle caratteristiche e attività propriamente umane, che non esistono ancora ma che ora potranno iniziare a formarsi. È a questo livello di organizzazione che smettiamo di parlare di embrione e introduciamo il termine feto, termine che usiamo solo per lo sviluppo umano e che vuole indicare quello che con largo consenso viene oggi definito il momento in cui iniziamo a vedere un organismo che ha le premesse per sviluppare una vita che possiamo cominciare a definire in ogni momento un pochino più umana.

Le legislazioni di molti Stati, compresa quella italiana, oggi individuano questo momento come il termine per effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). L’Ivg è inoltre consentita anche oltre questo termine, nei casi in cui si verifichi un conflitto fra i diritti della madre e quelli del nascituro, o nei casi in cui il feto presenti gravi patologie.

La storia della legislazione che in Italia regola l’Ivg ha messo in evidenza, sia nella fase parlamentare sia in quella di consultazione popolare, che l’idea di far iniziare la tutela della vita umana dal momento dello sviluppo dell’attività nervosa trova ampio consenso nella popolazione ed è condivisa da molti cattolici, in contrasto con la dottrina ufficiale della Chiesa, alla quale continuano ad aderire i più conservatori e i meno rispettosi delle donne e dei loro diritti.

La diffusione di nuove suggestive immagini delle fasi precoci dello sviluppo embrionale costituisce un elemento valido per riconsiderare la bontà delle teorie che individuano nel momento della formazione dell’organismo l’inizio di un individuo via via più umano?

Io ritengo che l’empatia abbia un valore innegabile nella costruzione di un sistema morale, ma ritengo anche che questo tipo di dati vada osservato con un livello di analisi e di attenzione maggiore della semplice suggestione e che questo tipo di interrogativi vada affrontato con una buona dose di razionalità oltre che di empatia. Le basi per attribuire lo status di vita umana a un embrione non ci sono, nemmeno se le foto che guardiamo ci suggeriscono diversamente.

Non si può infine parlare dei diritti dei futuri viventi senza affrontare il tema del conflitto fra i diritti dei viventi che verranno e di quelli che ci sono già, e senza mettere al centro il valore della vita delle donne, il diritto alla sopravvivenza, alla salute e all’autodeterminazione delle donne, che le società maschiliste hanno finora misconosciuto e negato e che le principali religioni monoteiste continuano a perseguitare.

Elisa Corteggiani

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