mercoledì 13 novembre 2019 - Stranieriincampania

Dal Kurdistan a Caserta, intervista ad Arin

In queste ultime settimane, dopo l’inizio dell’invasione delle truppe turche in Siria a seguito del ritiro del contingente statunitense deciso dal presidente Donald Trump, si è tornati a parlare delle sofferenze del popolo curdo. Un popolo senza stato che abita la regione geografica del Kurdistan – divisa tra Iraq, Siria, Turchia, Iran – da decenni oggetto di dure repressioni. I curdi del Rojava (regione della Siria settentrionale) sono stati fondamentali per fermare l’avanzata di Daesh (l’Isis, il gruppo terrorista che da anni imperversa nella regione).

Abbiamo incontrato Arin, curdo-iracheno, ospite dello Sprar/Siproimi di Caserta. La sua è una testimonianza utile a raccontare lo spirito di resistenza e abnegazione del suo popolo.

Ciao Arin e grazie per averci incontrato. Puoi raccontarci quando sei arrivato in italia?

Sono arrivato in Italia, in Calabria, due anni fa, avevo 28 anni. Prima ero stato in Svezia per sei anni ma ero dovuto tornare in Iraq dalla mia famiglia che era in pericolo. Nel 2017 dopo la permanenza in un centro di prima accoglienza, sono arrivato a Caserta ospitato dallo Sprar dell’Ex Canapificio. 

I primi tempi sono stati difficili ma noi curdi abbiamo superato tante difficoltà… queste ti abituano ad andare avanti. Ad esempio questa cosa mi ha spinto a imparare subito la lingua, studiare fin da subito per integrarmi.

Puoi dirci qualcosa di quello che sta accadendo ai curdi in queste settimane?

Quello che sta succedendo adesso a i curdi non è una novità. Oggi se ne parla solo di più in tutto il mondo. Noi abbiamo sempre avuto difficoltà: prima c’era Saddam Hussein [Arin viene dalla parte irachena del kurdistan] ma adesso c’è comunque un governo che non ci guarda come cittadini ma come nemici. I curdi hanno questo trattamento ovunque, in Iraq, in Siria, in Iran e in Turchia.

In Italia si parla da anni delle difficoltà dei curdi. C’è una storica vicinanza alla vostra causa. Lo hai percepito anche tu?

Si, ho sentito questa vicinanza a vari presidi a cui ho partecipato, a Napoli o a Caserta. Posso dire che per me è un onore vivere con voi in Italia. Vedo spesso post su facebook di manifestazioni di solidarietà. Al presidio di Napoli ho potuto vedere davvero tanta gente, ero l’unico curdo e ho visto tutti gli italiani che cantavano le canzoni curde e che ballavano come noi balliamo, mi sono stupito, non me l’aspettavo. 

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Tra poco tornerò in Calabria dove ho già diversi amici italiani e curdi. Ma in questo momento ancora non so cosa farò. Io fisicamente sono qui, ma il mio pensiero è con quelli che ora stanno morendo sotto le bombe dei turchi e dei terroristi jihadisti: questo solo perché sono curdi, non c’è altro motivo!

In Siria, in Iran, in Iraq e in Turchia se i governi attaccano i curdi non ci sono veri motivi, l’unico motivo è perché sono, anzi siamo curdi. Per noi essere curdi è molto amaro.

Non deve essere semplice vivere così.

Per me è difficile anche solo pensarci. Il governo turco e il governo russo vogliono decidere della nostra terra. Prima Trump ha fatto un accordo con la Turchia, oggi sono i russi, domani potranno essere i siriani. Tutto ciò che succede è contro noi curdi. Ci costringono a lasciare le nostre terre. Questo è genocidio.

Tutti devono lasciare le proprie case dove sono nati, dove vivono. Tutti: giovani e anziani non hanno nemmeno un futuro. 

Oggi i turchi dicono che i curdi devono ritirarsi 30 km dal confine ma i curdi siriani abitano proprio in quella striscia. Allora dove devono andare? Oltre quella striscia c’è il nostro vecchio nemico [Assad]. I curdi siriani non hanno ancora la cittadinanza, non hanno niente. Non possono comprare una macchina, non possono avere una casa. Ma non c’era un’altra soluzione per noi e quindi siamo stati costretti a tornare dal nostro vecchio nemico.

Credi che questa situazione, prima o poi, si risolverà positivamente per voi curdi? 

No. I governi non conoscono la pace, conoscono solo la guerra. Certo ho visto non solo voi europei fare manifestazioni per appoggiarci, ma anche canadesi e americani. Io non incolpo le popolazioni ma i governi che hanno interessi economici con la Turchia, si fanno ricattare e non fanno niente mentre la gente sta morendo sotto i bombardamenti. Ovviamente ci sono anche i turchi che si oppongono a Erdogan ma sono molto ma molto pochi. Quelli che manifestano vengono arrestati e sono costretti a lasciare il paese. Purtroppo non è solo Erdogan, anche i presidenti precedenti erano così.

Si nota in te una grande consapevolezza di quello che sta succedendo. 

Si perchè noi curdi è come se avessimo l’obbligo morale di informarci e sapere tutto ciò che ci succede. Difendere la nostra lingua, la nostra cultura non è facile: abbiamo i partigiani ma l’Europa non ci aiuta. Trump poche settimane fa aveva detto che i curdi avevano aiutato a sconfiggere l’Isis e poi ci ha traditi. Da quando è nato l’Isis gli americani non hanno perso un soldato, noi invece abbiamo perso più di 20mila partigiani e 70mila feriti. Sono morti più di 1000 civili. Per non parlare degli Yazidi: l’Isis ha ucciso uomini, bambini e anziani e venduto come schiave le donne. Dove era il mondo?!




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