giovedì 30 agosto 2018 - La bottega del Barbieri

Dakota Access | Cos’è rimasto della protesta a Standing Rock?

di Rosanna Masoero 

Ripreso dalla rivista «Tepee» (in coda il sommario del nuovo numero e le condizioni per abbonarsi)

La battaglia contro la costruzione del DAPL ha avuto una grande vittoria quando, il 4 dicembre 2017, il Corpo Ingegneristico dell’esercito statunitense ha annunciato che avrebbe cercato vie alternative per la costruzione dell’oleodotto, dimostrando l’efficacia della grande lotta che ha avuto come base Standing Rock. I Sioux e le organizzazioni come l’Indigenous Environmental Network hanno costruito una solida resistenza al progetto e sono riusciti a far confluire forze di diversa provenienza, dando vita ad un nuovo movimento unificato che è riuscito, se non a bloccare, almeno ad informare l’opinione pubblica e ad arginare lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali, dall’oleodotto Keystone alla più grande miniera di carbone in Australia.

Le tribù si sono unite anche superando le loro divergenze storiche, tanto che ad aprile 2018, il presidente della riserva crow e la moglie sono andati in visita ufficiale alla riserva Sioux di Standing Rock, realizzando un’unione d’intenti, riscoprendosi forti e attivi e diventando un esempio e un’indicazione per tutte le lotte contro lo sfruttamento del pianeta.

Inoltre gli Water Protector (Tepee 50, 18-24), nonostante la brutalità della polizia privata e pubblica, sono riusciti a difendere il campo senza armi, Toccante l’adesione dei veterani alla protesta; con una grande cerimonia i soldati (nativi e non), in ginocchio, hanno chiesto perdono per i crimini commessi dall’esercito contro i nativi e le tribù hanno chiesto perdono per i soldati uccisi in battaglia.

Immediatamente dopo aver ricevuto il mandato di presidenza, Trump ha chiesto al Corpo degli Ingegneri di considerare la possibilità di ritirare l’analisi ambientale e il 25 gennaio 2017 ha firmato il mandato per due ordini esecutivi per continuare i lavori per la costruzione sia del Keystone KL, che porta il greggio delle sabbie bituminose dall’Alberta agli USA sia per il Dakota Access, definendo la protesta come un episodio di “ambientalismo fuori controllo”. Quando è stata resa nota la sua partecipazione come partner finanziario dell’Energy Transfert, la ditta che finanzia il DAPL e che ha sostenuto la sua campagna elettorale, per evitare il conflitto d’interesse, ha ceduto la sua quota.

I nativi, dopo durissimi scontri con la polizia che, nel pieno dell’inverno, faceva delle escursioni notturne nel campo usando gli idranti (e l’inverno in Dakota è praticamente come in Siberia), hanno deciso il 22 febbraio 2017, di sgomberare l’accampamento e Darren Begay, l’organizzatore delle strutture, dopo essersi consultato con gli anziani, ha deciso di dar fuoco a tutto ciò che rimaneva del campo, per evitare che venisse profanato dagli agenti della contea di Morton e Dakot.

Dopo di che, per nulla scoraggiati, i Protettori dell’Acqua hanno organizzato una marcia di migliaia di persone su Washingtown D.C., “Defend Unci Maka / Difendi Nonna Terra”, piantando i tepee proprio davanti alla Casa Bianca e ribadendo:“chiediamo che aumenti la solidarietà con i popoli indigeni di tutto il mondo; il rispetto dei loro diritti significa proteggere Nonna Terra per tutte le future generazioni”.

Ma i nativi hanno trovato un altro sistema di lotta molto efficace, cioè la campagna di disinvestimento di capitale che finanzia il progetto del Dakota Access, anche basandosi sul non rispetto dei diritti umani, come ha riferito l’avvocatessa apache Michelle L. Cook ad un incontro ad Alzano Lombardo, a cura di Akicita, nel 2017.

Ad esempio, hanno ritirato i capitali investiti la Well Fargo (una delle banche che finanzia il progetto) la municipalità di Seattle e di Santa Monica; nel contempo il popolo Sami ha persuaso la banca norvegese DNB e Odin Found Management a togliere i fondi; l’ING ha ritirato la partecipazione olandese: perché essere coinvolti in un progetto così palesemente antiambientalista rischiava di rovinare l’immagine di queste società. Alcune banche hanno spostato i fondi su banche gestite da nativi americani. Si tratta di una banca comunitaria, riconosciuta dalla Federal Deposit Insurance Corp, fatta da banche locali che insieme hanno 2,7 miliardi di dollari di asset e i loro depositi sono assicurati dalla FDC. Questo fatto rappresenta un’alternativa alle 26 grandi banche che hanno finanziato l’oleodotto. Ben venga un’autonomia anche finanziaria per le tribù! Tra l’altro aveva una partecipazione anche la Banca San Paolo di Torino, ma alla richiesta fatta dalle associazioni ambientaliste di togliere il suo capitale ha risposto negativamente, dato che la sua partecipazione era piccola e il progetto rientrava nei canoni internazionali stabiliti per la sostenibilità! Dal che si deduce che i canoni sono ovviamente a fisarmonica rispetto al miglior offerente.

Le ultime notizie sono di un’esplosione di un punto dell’oleodotto Trans Canada, avvenuto il 10/6/2018 in West Virginia, ultimo di una serie di disastri che continuamente si susseguono. Come scrive Marina Ferrara, dai dati pubblicati dal Pipeline and Hazardous Materials Safety Administration, si evince che negli ultimi vent’anni si sono verificati oltre 11.800 incidenti connessi a oleodotti gasdotti e metanodotti; di questi 6000 sono classificati come significativi, per il numero di vittime e feriti e per il disastro ambientale provocato. I danni superano i 50.000 dollari per i quantitativi consistenti di petrolio e gas riversato; nell’ultimo ventennio il petrolio fuoriuscito avrebbe superato i 4 milioni di barili (dati del 2013).

Non ci resta che riporre la nostra fiducia nell’esempio del popolo di Standing Rock, che ha dimostrato di voler costruire un’identità americana fuori dagli stereotipi, fondata da un profondo senso di connessione con l’ambiente e su un sentimento di cura, e responsabilità verso il territorio, vissuto come luogo sacro e libero dalla sudditanza umana.

BIBLIOGRAFIA

  • agoravox.it
  • AKICITA, a cura di, registrazione incontro con Michelle L. Cook e Michael Paul Hill, Alzano Lombardo, 22-10-2017, youtube.com Akicita onlus NO DAPL
  • Armanet F., “Come gli indiani resistono a Trump. Intervista a Louise Erdrich”,Tepee, 51, 2017.
  • bbc.com/new/word_us-canada_38
  • bismarktribune.com/new/local/agout.
  • Clerici Naila, a cura di, “No al serpente nero”, Tepee, 50, 2016.
  • Lestorie di Altro.org
  • greenreport.it

Michelucci Alessandro, “L’altra faccia di Donald Trump”, Tepee, 51, 2017.

  • Perlikowa Klara, “Può un tepee fermare un oleodotto (Keystone XL)?”, Tepee, 48, 2015.
  • SOCONAS INCOMINDIOS, a cura di, No al Serpente Nero, 2018 (richiedere a [email protected]).
  • the guardian.com/ us -news 2017/jan
  • su youtube c’è anche No DAPL, il filmato di Soconas Incomindios
  • il sommario del nuovo numero di TEPEE

 

ANTROPOLOGIA

Yanomami: un progetto di antropologia collaborativa, Anna Bottesi

Un’altra antropologia è possibile? Massimo Squillacciotti

ATTUALITÀ

Cosa è rimasto della protesta a Standing Rock? Rosanna Masoero

GENTI NATIVE

I Natchez, Sara Cozzani

LIBRI

In viaggio con Heat-Moon, Naila Clerici; Rémi Savard, Carcajou all’aurora del mondo, Laura Giorgini; Massimiliano Galanti, La questione indiana da Colombo al terzo millenio, Naila Clerici; Morena Luciani, Donne sciamane, Paola Rebuffo

LIBRI / POESIA

La memoria innu, Terry Olivi

MEDICINA

Come imparare dagli sciamani. Coloni francesi e medicina natchez, Sara Cozzani

MUSEI

Il Museo Nazionale di Antropologia ed Etnologia di Firenze, Anna Bottesi, Corrado Dalmonego, Francesca Bigoni

PERSONAGGI

La legge di Salomone rivista dai Cherokee, Vittorio Zucconi

RELIGIONE

Spiriti nel cielo, Herman E. Bender, Trad. Roberto Coda

STORIA

La vita nel Nitassinam, Naila Clerici

Uno sguardo indigeno sul mondo in prospettiva storica, Massimo Squillacciotti

TESTIMONIANZA

Da Leonard Peltier, Giada Codenotti

VIAGGI

Attraverso il Nord Canadese e le Grandi Pianure, Lorenzo Terzoli

Per ricevere TEPEE la donazione minima è € 20. Chi ne versa ha diritto a tre numeri arretrati di Tepee: su c/c postale n. 33770108 intestato a SOCONAS INCOMINDIOS, via S. Quintino 6, 10121 Torino, codice IBAfN: IT91 T076 0101 0000 0003 3770 108, codice iscale: 97536340017. Comunica l’avvenuto versamento e le tue richieste a [email protected].




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