martedì 16 novembre 2021 - Antonella Policastrese

Crotone: la grandezza di essere ultimi

Crotone come Lorica: “ulltima, benedica !”. Si, però si mangia , si beve e si…! Potrebbe essere questa la sintesi della provincia italiana, ultima in classifica per qualità della vita, secondo il rapporto redatto dall’università di Roma e altri partner. 

Ultimi dopo Napoli, il che potrebbe essere motivo di vanto, se solo si considerasse che l’intera provincia di Crotone è grande appena quanto il più minuscolo tra i quartieri di quella napoletana. Dunque, si tratta di una primato che la ex capitale della Magna Graecia si aggiudica per il terzo anno consecutivo. Eppure il capoluogo pitagorico è la città dello sport, nonostante tutti gli impianti sportivi siano chiusi; è definita zona dell’eccellenza culinaria, laddove i prodotti ittici più serviti in tavola sono code di gamberi e gamberoni argentini congelati; cozze cilene e anelli di totano della Patagonia, freschi di freezer. E’ prima della classe Crotone, in materie varie ed eventuali; eccelle in disegno, recitazione, canto, poesia e narrativa, ma la nostalgia per il suo cantautore più illustre, che da questo posto era fuggito, tornandovi solo per obbligo contrattuale con il suo manager, è andata accrescendosi nel tempo. Crotone: capitale del reflusso culturale e identitario, trasformatosi in rigurgito che si cura assumendo antiacidi dai nomi altisonanti : “Pitagora”, “Faillos” e senza che questi sortiscono effetto alcuno; perché Crotone scende sempre più giù in una maniera assolutamente percettibile. Regredisce giorno per giorno quanto più perdura una situazione di governo locale che a definire mediocre significa essere magnanimi. Se solo il capoluogo avesse un sindaco in luogo di un uomo che si è fatto eleggere per esercitare (malissimo) il ben più pagato lavoro di “primo cittadino” e ambisce ora a governare l’intera provincia, quella stessa che è l’ultima in classifica da tre anni a questa parte. Eppure c’era chi, forse in un delirio febbrile da Covid 19, o in uno stato di abuso etilico, immaginava Crotone come Ragusa; riferendosi non già al capoluogo siciliano (sempre tra gli ultimi della classifica di cui si parla), ma a quello croato, cioè a Dubrovnik , noto nel mondo per il suo mare e per il magnificente centro storico. A Crotone il mare c’è ancora, sempre meno pubblico e minacciato dall’erosione edilizia. Il centro storico esiste pure, ma sta venendo giù a pezzi per i decibel e le “torrenziali pisciate” degli avventori dei pub sorti in questi ultimi anni laddove l’inondazione di musica a palla si protrae, caso unico in tutta Europa, oltre le due e mezza del mattino. Stretta alla farina e larga alla “canigghia”; questa è Crotone dove sempre più stretti sono strade e marciapiedi, fagocitati da tavolini e dehors. Zero prospettive di risalire la classifica e tantomeno la china per un lembo di Calabria sempre più distante da tutto, dalla politica procedendo verso l’alto; incapace di spendere i milioni che gli sono stati destinati dallo Stato e incapace, persino, di emettere uno straccio di ordinanza per restituire un minimo di decoro almeno, soprattutto, al suo capoluogo. La verità è che Crotone, più degli altri comuni del territorio provinciale, inseguendo il suo immaginifico e illusorio passato, si è lasciata il futuro alle spalle. Non c’era bisogno di attendere una classifica per saperlo.
Antonella Policastrese

 




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