sabato 16 novembre 2013 - alessandro tantussi

Crisi e tassi d’interesse: siamo in trappola

La Bce taglia i tassi di un quarto di punto, costo del denaro al minimo storico: il tasso di riferimento interbancario è allo 0,25%. Servirà a qualcosa? 

Penso proprio di no, anzi è il segnale che siamo alla frutta. Anche i mercati rispondono negativamente. Perché? Semplice è troppo tardi: siamo in recessione nera e nemmeno gli "allentamenti" di politica monetaria ottengono risultati oramai. Un pannicello caldo per dare una boccata d’ossigeno al malato, ma per guarirlo ci vuol altro. Ci vorrebbero misure strutturali drastiche, un radicale ripensamento della politica economica, una inversione di tendenza in Europa e nella gestione dell'euro, una vera riduzione della pressione fiscale ed una coraggiosa liberalizzazione.

Ma forse le palle d’acciaio non le hanno né LettaDraghi. Forse in Europa ce le ha solo la "culona" ed infatti la Germania fa quello che vuole. Poco importa se i tassi di interesse sono al minimo storico, la domanda aggregata non ne beneficerà affatto. Per disoccupati, i pensionati al minimo e per tutti i consumatori che non hanno né soldi in tasca né possibilità di prenderne a prestito non cambia nulla. Cosa frega a loro del tasso di interesse? Se ne avessero di che spendere lo farebbero, a prescindere dal tasso di interesse: la loro propensione al consumo è elevata ma cosa vuoi che comprino se non aumenta il loro reddito e nessuno presta loro il denaro necessario?

I consumatori più abbienti che già potevano spendere continuano ad avere paura del futuro. E preferiscono accumulare piuttosto che spendere. L'incertezza aumenta la loro propensione al risparmio. 

Gli imprenditori di certo non faranno investimenti e ciò per due motivi: 1) se le prospettive sono poco rosee l'investimento è a rischio 2) anche chi è disposto a rischiare continuerà ad avere difficoltà nell'ottenere il finanziamento dalle banche.

Già, le banche, cosa fanno le banche? Continueranno ad investire in titoli di stato! Con una inflazione bassa (intorno all'1%) con la possibilità di finanziarsi ad un costo così basso e la possibilità di investire nei titoli di Stato con rendimento sicuro intorno al 5% chi glielo fa fare di prestare soldi alle imprese?

E dunque la riduzione dei tassi non avrà effetto sulla domanda aggregata, si affaccia lo spettro della deflazione, del circolo vizioso: prezzi giù, economia giù, salari giù, occupazione giù, domanda giù e quindi ancora prezzi giù e via andare.

John Maynard Keynes negli anni '30 definì questa condizione “trappola della liquidità” ovvero una situazione in cui la politica monetaria non è più in grado di influenzare la domanda. In condizioni normali il ribasso del tasso di interesse o l'aumento dell'offerta di moneta (politica monetaria espansiva) aumenta gli investimenti delle imprese e i consumi delle famiglie. In una situazione di trappola della liquidità, tuttavia, gli operatori economici hanno un'aspettativa negativa del futuro e, piuttosto che investire o spendere, tendono a trasformare qualsiasi liquidità monetaria aggiuntiva (o riduzione del tasso di interesse) in risparmio e in tesaurizzazione.

La tagliola scatta a livelli molto bassi del tasso d'interesse. In questa particolare situazione nessun operatore si attende un ulteriore ribasso del costo del denaro, eventuali politiche monetarie espansive non aumentano la velocità di circolazione della moneta per acquisti di beni o servizi e non hanno effetti reali sulla produzione e sull'occupazione.

Il mercato si dimostra poco reattivo alle variazioni del tasso. In estrema sintesi, se in economia viene meno la fiducia nemmeno un tasso di interesse pari a zero può convincere le imprese ad investire, le banche a finanziare e i consumatori a spendere.

Ma con questi politici...




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