sabato 25 aprile 2020 - Slow Revolution

Covid 19 | Fase 2, idee per una mobilità più smart

La Fase 2 si avvicina e rendere sicura la mobilità delle persone con il distanziamento fisico per evitare contagi diventa priorità. A farne le spese è il trasporto pubblico con un numero limitato di persone a potere salire su bus, metro e treni. Di fatto almeno la metà dei 16 milioni di passeggeri quotidiani sarà costretto a trovare forme di spostamento alternativo. Il rischio è un passaggio massiccio alla mobilità privata, in particolare in auto come conferma una studio commissionato da Anfia: il 75,8% degli intervistati nella Fase 2 si muoverà in auto, il 10% con i mezzi pubblici, 8,5% in bicicletta, il 3% con servizi di sharing e il restante con altre soluzioni. Valori poco distanti da quelli emersi a Wuhan dopo la fine del lockdown, con l’uso dell’auto salito dal 34 al 66% e quello di bus e metro sceso dal 56 al 24%.

Evitare un ritorno al passato

Il ricorso massiccio alle vetture rischia di fare svanire il cielo terso della pandemia e di rivitalizzare problemi legati al traffico troppo spesso sottovalutati. La congestione in Italia costa circa 50 miliardi di euro l’anno, cifra per molti sottostimata dato che i soli incidenti stradali generano perdite per 21 miliardi all’anno, nonché 3.400 decessi e più di 250.000 feriti gravi. Al computo economico si potrebbero aggiungere pure i 12,1 miliardi di euro all’anno dovuti alle malattie causate dalla sedentarietà, mentre a quello delle vittime il più drammatico dato relativo alle morti premature per smog: oltre 80.000 all’anno a causa delle alte concentrazioni di biossido di azoto, ozono e particolato. Alta densità di inquinanti al quale il settore dei trasporti contribuisce, insieme al riscaldamento domestico, l’industria e l’agricoltura, in percentuali variabili in base al tipo di inquinante e al territorio considerato. Il ritorno all’auto potrebbe, per paradosso, portare a danni maggiori di quelli che cerca di evitare facendo risalire la presenza delle sostanze tossiche nell’aria, ridotte durante il lockdown dal 20 al 50% (qui l’articolo di Greenreport). Una concentrazione tossica con possibili correlazioni con la mortalità da virus, come ipotizzano diversi studi, compreso quello l’Università di Harvard, che stima un incrementi dei decessi da Covid-19 del 15-20% nelle zone più inquinate, come la Lombardia, Wuhan e New York. Da precisare si tratta di ricerche preliminari che necessitano di conferme per dare validità scientifica all’eventuale correlazione.

Emergenza trasporto pubblico

Se il ritorno all’auto è da scongiurare, non è possibile contare troppo sul trasporto pubblico. Come detto, le restrizioni all’accesso di bus e treni riducono la capienza disponibile del 40-70% e compensare il calo di passeggeri con nuovi mezzi diviene quasi impossibile: l’attesa per consegne di nuovi bus è intorno ai sei mesi, quella dei treni di quasi due anni. C’è poi il problema dei costi di investimento elevati difficile da fare in un momento con perdite del settore di circa 200 milioni al mese per mancati introiti. Non rimane, dunque, di ottimizzare le risorse cercando di aumentare le corse con le disponibilità in essere e rendere più efficiente il sistema. Per farlo la soluzione migliore è provare a fare accordi con le diverse categorie imprenditoriali per rendere flessibili gli orari dei dipendenti in modo da distribuire la domanda di trasporto su più ore anziché nei tradizionali picchi del mattino e del pomeriggio. Stessa richiesta dovrà essere fatta a settembre con le scuole considerato che gli studenti rappresentano il 20-30% della mobilità. Altre opzioni sono potenziare le corsie preferenziali per velocizzare il servizio o l’adozione di app con informazioni, sistemi di prenotazioni o altri strumenti utili.

Rendere la mobilità più “dolce”

A fornire proposte alternative ad auto e trasporto pubblico sono in molti. L’idea più gettonata riguarda lo smart working, il telelavoro tanto ignorato in passato, quanto popolare con l’arrivo della pandemia. Il vantaggio principale è di eliminare l’esigenza di spostamento fornendo al lavoratore gli strumenti tecnologici per lavorare da casa. Naturalmente è attivabile solo per alcuni lavori e può essere concesso anche in part time. La sua efficacia è stata sperimentata con successo durante la quarantena tanto che molte aziende, in particolare quelle del settore delle telecomunicazioni, hanno dichiarato di volere proseguire l’esperienza contribuendo a togliere dalla strada migliaia di auto. Stessa finalità ha il piano sottoscritto da un nutrito gruppo di associazioni e movimenti attivi nel settori del ciclo e dell’ambiente, come Legambiente, Cittadini per l’aria Onlus, Kyoto Club, Alleanza Mobilità Dolce, Fondazione Michele Scarponi Onlus e diverse realtà territoriali di Friday For Future, Salvaciclisti e Fiab, la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta.

Le proposte inserite in una petizione online (vedi qui) riprendono esperienze già collaudate all’estero e si concentrano sulla “creazione di corridoi per la mobilità di emergenza”, ossia delle corsie lungo tutte le principali direttrici urbane dedicate alle forme di mobilità alternative. Di fatto il primo dei sette punti del piano suggerisce la realizzazione di infrastrutture a basso costo e di rapida attuazione per favorire pedoni, ciclisti e utenti della micromobilità, come “percorsi pedonali e corsie ciclabili in sola segnaletica, doppio senso bici, strade residenziali a 10 km/h aperte ai pedoni, strade scolastiche, intermodalità bici-TPL”. Tra gli altri punti evidenziamo la richiesta di un bonus mobilità per agevolare l’acquisto di e-bike, servizi di bike sharing e micromobilità. Un provvedimento da affiancare a quello già approvato, ma in attesa di attuazione, per chi rottama l’auto. Si chiedono, inoltre, l’erogazione di vantaggi fiscali per aziende e lavoratori che scelgono il lavoro agile e il mobility management di comunità.

Il Piano Energenziale di Bikeconomics

A dare risposte concrete è Bikenomist con il Piano Emergenziale per la Mobilità Urbana Post-Covid (qui in pdf) contenente istruzioni precise per evitare il collasso totale della mobilità urbana. Un documento di 40 pagine con tanto di schemi per rendere operativi quattro punti strategici: una gestione mirata del trasporto pubblico, la creazione di una Rete di Mobilità di Emergenza per stimolare l’utilizzo di mezzi di trasporto veloci, leggeri e non congestionanti, l’allargamento degli spazi per la pedonalità allo scopo di garantire il distanziamento sociale e la gestione di ZTL e politiche della sosta. Di fatto è un manuale tecnico con numerose idee per favorire la presenza in sicurezza e con distanziamento fisico degli utenti della mobilità dolce. Soluzioni di facile realizzazione e a basso costo: la creazione di ciclabili emergenziali, ad esempio, costerebbero 8.000 euro al chilometro, vale a dire meno di un milione per 100 km di ciclabili “leggere”.

Sarà vero cambiamento?

Le proposte degli estimatori della mobilità green sono note da tempo, ma mai ascoltate. A rilevare un cambiamento è, viceversa l’atteggiamento dei decisori politici e delle realtà da sempre più conservatrici nel mantenere il dominio dell’auto per gli spostamenti. Una riprova arriva da una conferenza in streaming indetta da Diego De Lorenzis, vicepresidente della Commissione Trasporti della Camera, con ospiti i vertici di Aci (Automobile Club d’Italia), Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), Ancma (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori), Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) e Asstra (Associazione Trasporti). Una platea concorde, seppur con alcuni distinguo, sul sostegno dello smart working, dell’intermobilità, della mobilità dolce e della diversificazione oraria delle aperture commerciali, industriali e scolastiche. Un apertura “storica” senza essere rivoluzionaria, poiché intesa in prevalenza per superare l’emergenza attuale e senza rinunciare alla richiesta di sostegni per il rinnovo del parco circolante auto nel breve e lungo periodo.

Più significativa appare l’adesione di molti politici al nuovo corso. Il primo a considerare le proposte “green” è stato il sindaco di Milano, seguito da quelli di altre città come Roma, Napoli e Bari, ma pure dai vertici dell’Emilia Romagna intenti a indire un bando da un milione di euro per incentivare l’uso della bicicletta. A farsi sedurre da alcune delle soluzioni citate sarebbe anche Vittorio Colao, al vertice della task force istituita dal Governo per la Fase 2. Sarà l’inizio di una nuova era della mobilità?




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