venerdì 24 luglio 2009 - Bernardo Aiello

Corruzione, concussione e crisi della Giustizia: facce diverse della stessa medaglia

Fra le scelte di lettura possibili per questo periodo feriale vi è anche quella della cronaca interna riportata sui giornali del primo semestre dell’anno.

Escludiamo, a causa dello scarso interesse che suscitano, le diatribe della falsa politica, quella, per intenderci, per la quale Leonardo Sciascia ha scritto che il nostro era «Un Paese dove non avevano più corso le idee, dove i principi – ancora proclamati e conclamati – venivano quotidianamente irrisi, dove le ideologie si riducevano in politica a pure denominazioni nel gioco delle parti che il potere si assegnava, dove soltanto il potere per il potere contava».
 
Escludiamo, anche, gli eventi accidentali, quale ad esempio il terremoto d’Abruzzo.
A questo punto gli argomenti predominanti restano la corruzione, la concussione e la crisi della Giustizia.
 
Ha parlato, ad esempio, più volte della corruzione il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti dottor Furio Pasqualucci, giungendo anche a quantificare economicamente il fenomeno; i fatti di concussione abbracciano in pratica tutto il Paese, sino all’isola di Pantelleria, il cui sindaco è stato recentemente arrestato proprio per questo tipo di reato; e quanto alla crisi della Giustizia ed ai tentativi di affrontarla, essa è stata un vero e proprio tormentone sulla nostra stampa quotidiana dall’inizio dell’anno sino ad oggi.
 
I tre fenomeni sono, in effetti, fra di loro collegati, sono facce diverse di una stessa medaglia.
 
Corruzione e concussione vanno a braccetto, nel senso che non sempre è facile discernere l’una dall’altra, spesso anzi convivono. Di questo si accorse benissimo un furbacchione, all’epoca Pubblico Ministero (parlo del dottor Antonio Di Pietro), il quale avanzò l’ipotesi di un nuovo reato che le comprendesse entrambe, rendendo così inutile acclarare le motivazioni di quelle che lui chiamava dazioni illecite di denaro.
 
In effetti la differenza per il datore di danaro è, invece, notevole. Nel caso della corruzione egli è un reo che ottiene illecitamente qualcosa di non dovuto, facendo così un cattivo uso del suo libero arbitrio; nel caso della concussione è, invece, parte lesa posta in una situazione lesiva della dignità della persona dal ricatto altrui. Ma al dottor Di Pietro interessava solamente il percettore delle dazioni illecite di denaro, reo sia se corrotto sia se concussore.

Quanto alla crisi della Giustizia, il nesso è di tutta evidenza. Il corruttore, il corrotto ed il concussore la vedono di buon occhio perché grazie ad essa aumentano a dismisura le loro possibilità di farla franca; per il concusso, invece, le cose, stanno in maniera diametralmente opposta, nel senso che il non poter fare affidamento sulla tutela del sistema giudiziario è per lui esiziale, anzi può spingerlo facilmente ad iniziative non corrette, tali da aggravare ancor più la sua situazione.
 
A questo proposito giova ricordare uno dei capolavori del Neorealismo, il film Ladri di biciclette dell’immenso Vittorio De Sica. Tutti ricorderanno la storia del furto della bicicletta subìto dal protagonista Antonio, il quale aveva di essa assoluto bisogno per svolgere l’incarico precario di attacchino ricevuto dal comune; l’assoluto disinteresse della Questura sulla cosa, ritenuta evidentemente di nessuna importanza, in barba all’obbligatorietà dell’azione penale prevista dalla Costituzione; ed alla fine il protagonista che cerca di procurarsi a sua volta una bicicletta ricorrendo al furto ed a momenti finisce in galera.
 
Se il sistema giudiziario avesse ripristinato la legalità, riconsegnando ad Antonio la sua bicicletta, sarebbero venute meno le ragioni stesse del film.
 
Questo, però, ci avrebbe tolto l’immagine finale dello sguardo dolente del piccolo Bruno, figlio di Antonio, che afferra per mano il padre, di cui ha intuito il dramma e che cerca di aiutare, un’immagine che all’epoca fece il giro del mondo.
 
Quanti Antonio e Bruno si aggirano oggi in questo Paese disastrato, nell’indifferenza della classe dirigente ?



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