venerdì 3 aprile 2020 - YouTrend

Coronavirus: la sovrastima dei casi guariti

La Fondazione GIMBE, in collaborazione con YouTrend, ha individuato alcune discrepanze nei dati comunicati giornalmente dalle regioni e dalla Protezione Civile

La Fondazione GIMBE, in collaborazione con YouTrend, ha analizzato definizioni e discrepanze sui casi di pazienti affetti da Coronavirus “dimessi/guariti”, categoria in realtà molto eterogenea, ma che nella comunicazione pubblica viene fatta coincidere con quella dei “guariti”.

L’indagine ha rilevato due principali filoni di incongruenze: il primo è proprio quello relativo alle comunicazioni ufficiali degli organi statali, nelle quali le etichette confondono di frequente le diciture “guariti” e “dimessi” sebbene, come vedremo, spesso potrebbero non coincidere. La seconda si riferisce alle discrepanze tra i dati forniti dalle regioni italiane; la Lombardia, ad esempio, include nel computo dei pazienti “dimessi/guartiti” coloro che vengono dimessi dalle strutture ospedaliere ma di cui non si conosce il reale stato clinico, causando così una sovrastima del reale tasso di guarigione.

Le incongruenze nelle modalità di comunicazione

I dati ufficiali sui casi di COVID-19 comunicati in occasione della conferenza stampa quotidiana della Protezione Civile, pubblicati sulla dashboard ufficiale e sul sito del Ministero della Salute, sono aggregati in tre macro-categorie, la cui somma corrisponde al totale dei casi riportati quotidianamente dal nostro Paese all’Organizzazione Mondiale della Sanità:

  • Attualmente positivi: è la somma dei pazienti “Ricoverati con sintomi”, in “Terapia intensiva” e in “Isolamento domiciliare”.
  • Dimessi/Guariti: è un “contenitore” eterogeneo che include sia pazienti dimessi dall’ospedale (non sempre guariti), sia casi di guarigione clinica o virologica.
  • Deceduti: è il numero delle vittime dell’epidemia, molte delle quali rimangono in attesa di conferma della causa di morte da parte dell’Istituto Superiore di Sanità che, a cadenza bisettimanale, pubblica il bollettino epidemiologico.

coronavirus dimessi guariti 1 aprile

Fonte: Protezione Civile

«In termini di sanità pubblica – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – questa classificazione mira a distinguere i casi attivi (totale dei positivi), che possono contribuire alla diffusione dell’infezione, dai casi chiusi, ovvero i deceduti e i guariti che non possono contagiare altre persone. Se il numero dei casi chiusi è condizionato, nel bene e nel male, dalla qualità dell’assistenza sanitaria, quello dei casi attivi influenza sia le decisioni sanitarie per contenere l’epidemia, sia quelle politiche per l’eventuale rimodulazione delle misure di distanziamento sociale».

Dal monitoraggio dei dati pubblici emergono però alcune incongruenze, relative sia ai trend regionali dei “dimessi/guariti”, sia alle definizioni e alle modalità comunicative della Protezione Civile. In particolare, nella dashboard nazionale della Protezione Civile si rileva una discrepanza tra la denominazione del box “dimessi guariti” e la legenda che riporta “Guariti: totale persone clinicamente guarite”. Inoltre, in calce al report quotidiano di cui sopra, dove vengono riportati i totali del giorno, il dato della colonna “Dimessi/Guariti” viene etichettato come “Totale guariti”.

Fonte: Protezione Civile

Le discrepanze tra i dati forniti dalle regioni italiane

La seconda parte dell’indagine si è concentrata sulle analisi delle discrepanze tra i dati forniti dalle regioni italiane sul numero di “dimessi/guariti”. Come spiega Lorenzo Pregliasco, infatti: «Le nostre valutazioni evidenziano una notevole eterogeneità dei dati raccolti dalle Regioni e inviati alla Protezione Civile, vista anche l’assenza di un modello informatizzato univoco. I dati, infatti, sono trasmessi da ciascuna Regione con modalità diverse e i criteri sulla definizione dei casi “Dimessi/Guariti” sono estremamente variabili».

L’analisi effettuata il 1 aprile su otto Regioni – che rappresentano l’85,7% dei casi totali e il 91,6% dei “Dimessi/Guariti” comunicati dalla Protezione Civile – conferma l’estrema eterogeneità di questo “contenitore” nel quale confluiscono 4 tipologie di casi: i pazienti virologicamente guariti (quelli a cui sono stati effettuati 2 tamponi a distanza di 24 ore e sono risultati negativi), i pazienti in via di guarigione virologica (primo tampone negativo, in attesa del risultato del secondo), i pazienti guariti clinicamente (non sottoposti a tampone ma che non presentano più sintomi) e i pazienti “dimessi” da un ambiente ospedaliero senza alcuna informazione sullo stato di guarigione, sia essa clinica o virologica.

«Al fine di sanare questa misclassificazione e garantire la massima trasparenza – aggiunge Pregliasco – è indispensabile uniformare i dati comunicati dalle Regioni alla Protezione Civile, con la diffusione dei dettagli in formato open data per consentire ai ricercatori di effettuare analisi sui dati grezzi e su unità geografiche a livello di provincia e di comune».

Particolarmente emblematico è l’impatto del caso Lombardia. La Regione, infatti, nel bollettino quotidiano non menziona affatto il numero delle guarigioni, ma riporta solo il numero di pazienti dimessi dall’ospedale (o dal pronto soccorso) e inviati in isolamento domiciliare. Si tratta di pazienti dimessi dalle strutture ospedaliere di cui non si conosce il reale stato clinico (il 1 aprile se ne registravano 11.415, il 68% del totale), ma che confluiscono nel conteggio dei “Dimessi/Guariti” all’interno del bollettino nazionale, provocando una sovrastima del reale tasso di guarigione. Infatti, il comunicato stampa giornaliero della Protezione Civile del 1 aprile riportava 16.847 persone guarite, dato confermato anche sul sito del Ministero della Salute.

Fonte: Lombardia Notizie

«Al fine di non alimentare un irrealistico senso di ottimismo sul reale andamento dell’epidemia – conclude Cartabellotta – rischiando di affidare le decisioni sanitarie e politiche ad un numero che contiene anche casi ancora attivi, la Fondazione GIMBE chiede al Ministero della Salute e alla Protezione Civile di allineare la comunicazione pubblica ai criteri di guarigione clinica e virologica ribaditi il 19 marzo dal Comitato Tecnico-Scientifico». Sarebbe dunque opportuno distinguere le guarigioni cliniche da quelle virologiche, non conteggiare tra i “dimessi/guariti” i casi con status di guarigione non noto e modificare l’etichetta “dimessi/guariti” all’interno delle comunicazioni ufficiali.




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