mercoledì 18 settembre - Phastidio

Confindustria, il mercato e l’affitto calmierato

Il nuovo presidente di Confindustria chiede al governo un contributo ai costi di affitti e mutui attraverso benefit aziendali detassati per i neo assunti. Idea: e provare a pagarli di più?

Tra i punti qualificanti del programma del nuovo presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, c’è anche la riduzione del costo dell’abitazione, per riuscire ad attrarre e trattenere in azienda i profili professionali richiesti. Motivo per cui l’associazione degli industriali italiani ha chiesto al governo di varare un “Piano Casa”. In attesa di reperire alloggi, ad esempio ristrutturando quelli di proprietà pubblica, l’idea sarebbe – indovinate? – di mettere a carico della fiscalità generale un contributo ai costi di affitto e alle rate del mutuo, attraverso le erogazioni di benefit e welfare aziendale.

Il dialogo col governo è stato avviato lo scorso giugno. Sostiene Orsini:

Si tratta di facilitare la mobilità, offrendo ai lavoratori case in affitto a costi contenuti. È un progetto che a noi serve, abbiamo necessità di attrarre lavoratori che vengono da altre regioni del Paese e dall’estero. Oggi è inconfutabile che manchi personale per le nostre imprese.

L’esecutivo, alle prese con una condizione di pre-dissesto fiscale, ha replicato col ministro Adolfo Urso dicendosi disponibile a valutare la richiesta. Erano già girati alcuni numeri, del tipo 4-5.000 euro annui di detassazione ma solo per i lavoratori che stanno sotto la soglia magica dei 35 mila lordi annui, quella sopra la quale c’è il benessere.

Affitti sussidiati dai contribuenti

Da ricordare che la legge di bilancio 2024 ha disposto che tra i fringe benefit esclusi da prelievo tributario e contributivo (su datori di lavoro e lavoratori) vi siano anche i costi di affitto e le spese per mutui sulla prima abitazione. Le soglie sono molto basse: il regime ordinario di detassazione era infatti in origine di 258,23 euro annui. Nel 2023 la soglia di esenzione è stata innalzata a 3.000 euro annui, solo per i lavoratori con figli a carico, e comprendeva anche possibili rimborsi in denaro relativi alle utenze domestiche intestate al dipendente.

Fino a fine 2024, le soglie di esenzione fiscale sui fringe benefit sono di 1.000 euro per dipendenti senza figli e 2.000 per quelli con figli a carico. Questo significa che serviranno coperture per il 2025, in caso si volesse confermare o innalzare tali soglie. Consapevole dell’elevata onerosità della proposta, il presidente di Confindustria si accontenterebbe di benefici fiscali limitati a nuovi assunti al primo impiego.

Il punto è: la richiesta di Confindustria è fondata? Ricordiamo che, da quest’anno, in applicazione del demenziale slogan “più assumi, meno tasse paghi“, è in vigore la superdeduzione del 120 per cento nel caso di incremento del numero dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato rispetto al precedente anno di imposta. Tale deduzione può arrivare al 130 per cento se le nuove assunzioni, sempre con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, riguardano specifiche categorie di lavoratori meritevoli di maggiore tutela: disabili, madri con almeno due figli, ex percettori di reddito di cittadinanza, donne vittime di violenza e giovani under 30 ammessi agli incentivi all’occupazione. Anche questa misura dovrà trovare copertura per il 2025. Si potrebbe suggerire al presidente Orsini di iniziare a usare questi nuovi margini di agevolazione fiscale, in caso. Come ha magistralmente detto il ministro Giorgetti, quello nelle persone è investimento, non un mero “costo”.

Che ci sia un problema di onerosità degli affitti, non solo in Italia, è manifesto. Non mi metterò a citare i tempi andati dell’Olivetti e delle sue case per i dipendenti (altre ere geologiche) ma, in un contesto di mercato, sarebbe agevole suggerire al presidente Orsini e ai suoi associati di pagare di più le figure professionali che si fatica a trovare per motivi economici. Suggerimento troppo liberista, secondo voi? Perché il problema resta quello: nel disperato tentativo di preservare i margini, si finisce col fare esplodere le richieste di ritagliarsi spazi di agevolazione, cioè ridurre il gettito d’imposta e mettere tutto sul groppone delle vittime costrette a pagare l’Irpef fino all’ultimo centesimo. Dai, che sapete a chi mi riferisco.

Per il breve termine, quindi, si chiedono ulteriori agevolazioni fiscali, ammesso e non concesso di trovare i soldi. Per il medio-lungo termine, la scommessa è quella di recuperare proprietà pubbliche e convertirle a edilizia agevolata e convenzionata. Che poi sarebbe parte del più generale obiettivo, auspicato da lunghi anni, di mettere a reddito il patrimonio immobiliare pubblico, come ad esempio chiede da tempo il Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, per ridurre lo stock di debito. Vaste programme, senza dubbio.

Filantropi e no

La novità è che il presidente di Confindustria vuole coinvolgere quello che definisce “capitale paziente”, espressione a cui abbiamo ormai imparato ad associare la plastica immagine di un uccello padulo che volteggia sopra i nostri risparmi. Orsini ha dichiarato che occorre convincere alcuni soggetti, segnatamente

Fondi pazienti, assicurazioni, banche, Cdp, i nostri fondi immobiliari, per realizzare costruzioni in modo sostenibile e far sì che un affitto non superi i 500 euro. Stiamo prevedendo anche la possibilità di recuperi urbani.

Ora, se per alcuni di questi soggetti, come le fondazioni bancarie, l’attività filantropica e sociale è parte degli impegni statutari, per altri non lo è. Se ci mettiamo a fissare l’importo dell’affitto e poi cerchiamo di “convincere” alcuni possessori di capitale a diventare pazienti, (i.e. a perdere soldi rispetto ad alternative che di solito perseguono per oggetto sociale), significa che o quelle iniziative non vedranno mai la luce oppure che serviranno soldi pubblici per la differenza. E torniamo al via.

Comprendiamo perfettamente che in questo paese fare impresa è un problema vero, dati gli oneri di sistema. Che sono il prodotto di decenni passati a cercare di ritagliarsi posizioni di protezione rispetto al baccanale di tasse e spesa corrente che ci ha portati sin qui, spesso alimentato dalla volontà di impedire al mercato di fare il proprio lavoro, cioè porre in equilibrio domanda e offerta. Ma ho seri dubbi che reiterare queste richieste e queste condotte possa portare lontano.




Lasciare un commento