giovedì 7 gennaio 2016 - Giovanni Greto

Concerto di Natale e Capodanno: due appuntamenti seguiti con affetto per il Teatro la Fenice

Musica del ‘500 e del ‘600 come di consueto per il concerto di Natale nella Basilica di S.Marco, giusto una settimana prima della ricorrenza religiosa. I 24 “Cantores S.Marci”, ossia la “Cappella Marciana” assieme a nove musicisti – due al cornetto, sei al trombone ed uno all’organo – hanno dato vita ad un concerto aperto da una composizione, “Puer natus est nobis” di un autore contemporaneo, Flavio Colusso, da sempre impegnato nella produzione di capolavori inediti del passato e di prime esecuzioni di nuove opere. Dal lucchese Gioseffo Guami (1540-1612), il quale dall’ottobre del 1588 ricoprì l’ambitissimo posto di primo organista a San Marco, al veneziano Andrea Gabrieli (1510 circa-1586), di cui l’ensemble ha proposto il “Deus misereatur” a 12 voci, pubblicato postumo nel 1587 (il compositore era mancato due anni prima) la serata si è sviluppata nel solco della musica sacra di qualità, bene interpretata e diffusa tra i mosaici della chiesa, oltreché diretta con polso da Marco Gemmani, dal 2000 Maestro di Cappella della Basilica marciana, mentre da sempre è impegnato nella ricerca musicologica nel campo della polifonia vocale antica con un riguardo particolare al periodo aureo della musica veneziana. 

La XIII^ edizione del Concerto di Capodanno, uno degli appuntamenti più importanti per il teatro La Fenice, secondo il pensiero del Sovrintendente Cristiano Chiarot, grato verso la RAI per la crescente attenzione dedicatagli, ha presentato come sempre una prima parte sinfonica ed una seconda di Arie popolari melodrammatiche, per la prima volta quest’anno non solo di autori italiani – Giuseppe Verdi, Gioacchino Rossini, Giacomo Puccini e Gaetano Donizzetti – ma anche francesi (Charles Gounod ) ed austriaci (Johann Strauss Jr.). 110 minuti di musica effettiva ripetuta per tre giorni consecutivi – i pomeriggi del 30 e 31 dicembre e la tarda mattinata del I° gennaio – hanno mandato in visibilio una platea già al completo da un mese, mentre i ritardatari si sono dovuti accontentare della ripresa diretta della seconda parte del concerto di Capodanno, mentre l’intera esecuzione verrà diffusa domenica 10 alle 10 su RAI 5. Nonostante il forfait all’ultimo minuto del tenore Celso Albelo, originario di Santa Cruz de Tenerife, i numerosi melomani accorsi hanno lungamente applaudito il milanese Stefano Secco, il quale a fine gennaio darà voce al protagonista di “Stiffelio” di Giuseppe Verdi, nella nuova produzione del teatro La Fenice con la regia di Johannes Weigand e la direzione musicale di Daniele Rustioni. Accanto a lui – impegnato in “La donna è mobile “ dal Rigoletto di Giuseppe Verdi (1813-1901) e in “Una furtiva lagrima” da L’elisir d’amore di Gaetano Donizzetti (1797-1848) – ha brillato la giovane soprano Nadine Sierra, talento emergente, americana, originaria del sud della Florida, nata nel 1988 da madre portoghese e padre americano di origini portoricane ed italiane. La cantante, cambiatasi d’abito ad ogni esecuzione, ha dimostrato una personalità spiccata, sorprendendo soprattutto in ‘Je veux vivre dans le reve’, un valzer tratto dalla rilettura da parte di Charles Gounod (1818-1893) della tragedia shakespeariana di “Romeo e Giulietta”. Gorgheggi finali ad orchestra silente hanno provocato, a brano concluso, un’esplosione di applausi. Tra i brani esclusivamente strumentali, è spiccata la presenza di due delle sei parti di una “Quadrille” di Johann Strauss Jr. (1825-1899), ricavata da alcuni tra i temi principali di ‘Un ballo in maschera’ di Verdi. Molto bene eseguita, nella prima parte, la lunga ‘Sinfonia n°8 in sol maggiore’, in quattro movimenti, del compositore, violinista ed organista ceco Antonin Dvorak (1841-1904), con i flautisti in bella evidenza nell’Adagio, mentre i timpani danno spesso vita a poderose, roboanti rullate. Sicura la direzione del nordamericano James Conlon (New York, 1950), di padre irlandese e di madre per metà tedesca, per metà italiana.

Frequentatore dell’Italia da quarant’anni, Conlon non ha mai diretto partiture che non gli piacciono e quest’anno, per la prima volta, un brano di Strauss. Ottimo, non c’è da meravigliarsene, il Coro del teatro La Fenice, diretto da Claudio Marino Moretti, protagonista in “Chi del gitano i giorni abbella”, da ‘Il Trovatore’, romanticissima opera verdiana, nell’immancabile “Va’pensiero sull’ali dorate’ da ‘Il Nabucco’ e nel brindisi conclusivo, ripetuto anche come unico bis, “Libiam ne’lieti calici”, da “La Traviata”, cantato assieme al tenore e alla soprano, mentre il pubblico, come nei concerti Pop o Jazz veniva invitato a scandire i quarti con il battito delle mani.




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