giovedì 19 novembre 2015 - Carcere Verità

Come cinque anni fa, come Parma

Venerdì sera mi arriva la notizia che Rachid è stato trasferito, ma non so ancora dove. Trovo una chiamata persa da un numero sconosciuto e provo a telefonare…dopo un po’ di squilli mi risponde una voce maschile, con un informale “Pronto?”.

Timidamente dico di aver ricevuto una chiamata da quel numero e per aiutare l’interlocutore, gli dico il mio cognome. Breve indagine e vengo a sapere che è un carcere (strano…), che si trova ad un’ora e mezza di viaggio da casa mia. Il carcere dove è stato appena portato Rachid.

Come cinque anni fa, come Parma.

Il tempo di rallegrarmi, perché non dovrò più guidare per tre ore e mezza, sulle strade impossibili della Liguria, che ricevo un’altra telefonata. Questa volta dal Marocco.

Il fratello di Rachid mi dice di aver parlato con lui: appena arrivato ha avuto dei problemi con le guardie.

Io gli dico che non è possibile, che ha avuto appena il tempo di arrivare…

Chiudo la telefonata e mi dico “Non è possibile, è appena arrivato!”.

Poi penso: “Come cinque anni fa, come Parma”.

Da venerdì sera ad oggi non ho notizie e al culmine dell’insensatezza, penso: “Bhe, se fosse morto, qualcuno mi avrebbe chiamata” e l’idea riesce persino a consolarmi.

Nel pomeriggio ricevo la chiamata dallo stesso numero di venerdì, mi affretto a rispondere e dall’altra parte la voce da furbetto di Rachid: “Kaifa ‘aluki?” Come stai? Rachid, ma sai che io sto bene. Tu piuttosto, come stai?

Le prime parole che mi dice: “E’ successo come a Parma”

Come cinque anni fa, come Parma.

“Appena sono arrivato mi hanno detto che sul conto non avevo soldi, come a Parma che dicevano che avevo 20 euro, quando invece ne avevo 200. Mi sono rifiutato di firmare. Poi mi hanno fatto perquisa. Siccome la scorta di Sanremo aveva detto a questi nuovi che io avevo registrato gli agenti in carcere, mi hanno detto di togliere tutto. Sono rimasto con i pantaloncini. Mi hanno chiesto di togliere anche quelli. Io mi sono opposto, dicendo che la mia religione me lo vietava. Allora mi hanno afferrato e me li hanno tolti con la forza, lasciando mi nudo. Oggi ho avuto il consiglio di disciplina con la direttrice e mi hanno dato cinque giorni di isolamento. Sono in una cella sporca di sangue e mi hanno dato un materasso sporco di sangue non so cosa altro…

Mi hanno lasciato solo con i pantaloncini, fino a quando un agente mosso a pietà mi ha dato di che coprirmi. Qui fa freddo e sono in sciopero della fame”

Come cinque anni fa, come Parma. Quando all’arrivo insistettero nel dire che non aveva soldi sul conto, e lui non volle firmare. E poi entrarono da lui e gli dissero che era a Parma e con loro non si scherzava e lo riempirono di botte. Poi l’isolamento, le notti in cella nudo e gli scioperi della fame…

Un’altra cosa, per mercoledì è fissata l’udienza per i giorni di liberazione anticipata negati: era tempo che aspettavamo la data del 18 Novembre, per riuscire a contestare la posizione del magistrato di sorveglianza e poter depositare l’istanza per la richiesta dei domiciliari. E il DAP cosa fa? Lo trasferisce, cambiando magicamente il tribunale competente.

Morale della favola: siccome l’udienza si svolge nel tribunale di sorveglianza e non si traducono i detenuti fuori circoscrizione, a Rachid è stata strappata anche la soddisfazione di essere presente!

Una sola cosa mi consola, se è come cinque anni fa, come Parma, da cui tutto è cominciato, non posso fare a meno di pensare che sia un cerchio destinato a chiudersi.

Come vorrei che si chiudesse il prima possibile.

Sono passati sette anni dall’arresto e cinque dal trasferimento a Parma e l’unica sensazione che provo, pensando al maledetto carcere, è NAUSEA! Ho la nausea dei loro metodi e della loro ottusaggine strumentale. Della serie: “So bene che non funziona, ma finché faccio finta di non accorgermene, posso quietamente far finta di nulla…”




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