giovedì 4 novembre 2010 - Giovanni Graziano Manca

Cinema della psiche: una finestra sul nostro vivere quotidiano - Parte 2^

La prima parte è qui

2. I film che rappresentano dinamiche psichiche, psichiatriche e dell’inconscio inducono spesso a riflettere sulle paure e gli orrori che di solito l’uomo può non avvertire a livello sensibile, sulla impossibilità di far fronte all’imponderabile e all’imprevedibile che pure trova posto all’interno degli umani meccanismi psicologici e mentali. Le manifestazioni del nostro inconscio appaiono talvolta talmente complesse e inestricabili che, lo si è osservato nella prima parte dell’articolo, anche lo studioso della psiche viene rappresentato come un professionista impossibilitato a porre fine, a volte anche semplicemente a circoscrivere o a capire, ciò che di problematico si trova all’interno della nostra struttura mentale.

Nel film Equilibrium - episodio centrale di Eros, film ad episodi del 2004 cui partecipano con brevi lavori anche Michelangelo Antonioni e il regista cinese Wong Kar-Wai – Steven Soderberg ci presenta un paziente disteso sul lettino che racconta di un proprio sogno ricorrente mentre lo psicanalista, anziché ascoltarlo, è impegnato a comunicare con altri fuori dalla finestra del suo studio.  

I seguenti grandi registi, individuati tra coloro che maggiormente hanno contribuito all’evoluzione del cinema come espressione artistica, hanno caratterizzato significativamente la propria opera in senso psicologico o psicoanalitico (l’elencazione, si badi, non è esaustiva):

Woody Allen – Uno degli artefici, a partire dalla fine degli anni Sessanta del Novecento, del rinnovamento del cinema americano, in ognuno dei suoi film ha saputo coniugare, anche attraverso la rappresentazione di esilaranti vicende che potremmo definire almeno in parte autobiografiche, cinema e psicanalisi. Spesso i personaggi interpretati dal regista newyorkese costituiscono il prototipo dell’intellettuale nevrotico e insicuro che perennemente ricorre all’aiuto dello psicoanalista.  

Ingmar Bergman – Ha indagato come pochi l’animo dell’uomo mettendo di esso in evidenza le inquietudini esistenziali e quelle derivanti da un problematico rapporto con la religione. Non è difficile, dopo aver visto opere cinematografiche capitali come Il settimo sigillo (1956), Il posto delle fragole (1957), Scene da un matrimonio (1974), Fanny e Alexander (1983) e altre del maestro svedese, sorprendere se stessi a meditare sui segreti più profondi della natura dell’uomo e sul vero senso della vita.

Luis Bunuel – Maestro del Surrealismo, nell’intera storia della cinematografia il cineasta spagnolo ha lasciato il segno indelebile della sua arte dirigendo opere dense di simbolismi frequentemente popolate da incubi e atmosfere oniriche; andate, per esempio, a rivedervi Un chien andalou (1929), L’age d’or (1930), L’angelo sterminatore (1962), Bella di giorno (1967) e Il fantasma della libertà (1974).

David Cronenberg – Il regista ‘filosofo’ di origine canadese si è spesso mostrato attento agli aspetti più bui e difficili da interpretare della psiche umana, le cui manifestazioni nell’ambito della sua opera costituiscono talvolta il risultato di eventi traumatici subiti in passato dal protagonista o dai protagonisti del film. Esemplari, in questo senso, Dead Ringers (Inseparabili), del 1988, e Crash, del 1996.

Federico Fellini – Il cinema del maestro di Rimini sintetizza e fonde mirabilmente in un crogiuolo di sentimenti atmosfere surreali ed elementi del vissuto quotidiano compenetrando tra essi il sogno e la realtà, il fantastico con l’inconscio, la pura immaginazione con il ricordo e la nostalgia dei tempi andati. Molti i capolavori felliniani da rivedere in chiave ‘psicanalitica’, tra di essi Giulietta degli spiriti (1965), Satyricon (1969), Amarcord (1973), Il Casanova di Federico Fellini (1976), E la nave va (1983), La voce della luna (1990).

Alfred Hitchcock – Del regista britannico vanno messe in rilievo la rigida educazione religiosa e scolastica impartita dai Gesuiti e quella piuttosto severa datagli dai genitori. Entrambe hanno lasciato chiara traccia nella sua cinematografia. I meno attenti hanno sempre definito Hitchcock come un regista di film gialli e horror. In realtà, il cineasta inglese si è distinto fin dall’inizio della sua carriera per essere un cesellatore finissimo di storie che denotano una profonda conoscenza dell’animo umano e dei complicati meccanismi psicologici che portano spesso i personaggi dei suoi film a vivere situazioni di disagio mentale, di paura, di profondissima angoscia.

Stanley Kubrick – Nei suoi film è spesso presente la follia che si manifesta quasi sempre in contesti all’interno dei quali vige il più perfetto ordine geometrico degli elementi che costituiscono la scena. A sadismo, pessimismo e ferocia, nelle opere del cineasta americano si aggiunge un campionario di tecniche di ripresa strabilianti che fanno di Kubrick uno dei registi che maggiormente hanno contribuito a innovare il cinema americano soprattutto nei decenni Settanta e Ottanta del Novecento. Da rivedere Arancia meccanica (1971), Shining (1980) Full metal Jacket (1987) e Eyes wide shut (1999).




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