martedì 3 febbraio 2009 - Veientefurente alias Orazio Fergnani

Ci vuole un fiore. Cronistoria del diritto d’autore

Premessa: cronistoria del diritto d’autore

Il concetto che debba esistere un Diritto d’autore è piuttosto giovane.
 
Questa esigenza coincide con l’invenzione della stampa e nascita dell’attività editoriale, portatrice di forti interessi economici, culturali, sociali, di manipolazioni forti del pensiero e del consenso con l’avvento della circolazione di un gran numero di esemplari stampati e la enormemente più rapida diffusione del pensiero dominante da parte del Potere.
 
Occorre subito fare una netta distinzione tra l’esistenza di un diritto di proprietà immateriale (corpus mysticum) disgiunto da quello del possesso materiale del bene (corpus mechanicum), ossia tra il diritto dell’autore di un brano musicale, di un manoscritto, di un quadro o di una statua, e il diritto di chi possiede materialmente questi beni, vedremo dopo a che paradossi ha portato la legislazione attuale .
 
Cronologicamente in Italia il primo decreto fu emanato dal governo rivoluzionario piemontese nel 1799, seguito nel 1801 della Repubblica Cisalpina, dopo la restaurazione furono emessi dagli Stati italiani diversi provvedimenti legislativi, ma la frammentazione della penisola annullava di fatto l’efficacia di queste leggi; Toscana, Stato di Sardegna e Austria nel 1840 stipularono quindi una convenzione a tutela del diritto d’autore per ovviarvi.
 
La prima vera legge italiana risale al 1865, subito dopo l’unificazione dello Stato, il testo unico n° 1012 del 19 settembre 1881 che rimase in vigore fino al 1926, infine la legge 22 aprile 1941 n. 633 e regolamento del 18 giugno 1942 n. 1369, che sono seppure aggiornati tuttora in vigore; altre disposizioni si trovano nel Codice Civile agli articoli 2575 e successivi.
 
Negli ultimi anni la normativa è stata massicciamente, maldestramente, malevolmente ed illogicamente modificata, per adeguarsi ai nuovi mezzi di comunicazione dell’opera dell’ingegno, attraverso l’accoglimento delle direttive CEE in materia, ma soprattutto a difesa faziosa dei portatori dei grossi interessi editoriali e quant’altro di ravvisabile nel testo delle varie leggi succedutesi.
 
Per contrastare il fenomeno della “pirateria” le ultime modifiche apportate alla legge hanno gravemente inasprito le pene per coloro che possiedono o commerciano opere dell’ingegno “contraffatte” (Che vor’ dì’?, che senso ha?) ed è stata emanata la legge n. 248 del 28 agosto 2000, nota come "legge antipirateria”??.
 
L’art. 1 della legge 248/2000 sostituisce l’articolo 16 della legge n. 633 del 1941 che ha per oggetto il diritto di diffondere, ovvero quel diritto, che spetta all’autore, di diffondere la propria opera al pubblico.
 
Il nuovo articolo 16 stabilisce: “Il diritto esclusivo di diffondere ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione e mezzi analoghi, e comprende la comunicazione al pubblico via satellite e la ritrasmissione via cavo, nonché quella codificata con condizioni di accesso particolari.”
 
L’elencazione della legge non ha carattere esaustivo o limitativo purchè “uno dei mezzi di diffusione a distanza”, e all’autore spetta l’utilizzazione economica dell’opera diffondendola con qualsiasi mezzo di diffusione a distanza, compresa la trasmissione Pay-tv. Ovviamente, anche questo diritto può essere ceduto, in genere agli Editori, senza che ciò incida sul diritto morale dell’autore, in particolare quello di rivendicare la paternità dell’opera.
 
C’era stato un preludio con la legge n. 93/1992, che disciplinava la cosiddetta “copia privata senza scopo di lucro”, su CD o videocassette, DVD e il legislatore aveva stabilito non si sa in base a quale considerazione e calcolo che una percentuale sul prezzo di vendita del supporto vergine deve essere corrisposta agli autori. Raramente ho assistito ad affermazioni di pensiero più bestiali, addirittura acefale.
 
Prima di affondare la lama, rinfreschiamo i concetti di prima della modifica, era libera :
1) la riproduzione di singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori, effettuata a mano con mezzi non idonei allo spaccio o diffusione dell’opera nel pubblico, e lo è tuttora.
2) la fotocopia di opere esistenti nelle biblioteche, fatta per uso personale o per i servizi della biblioteca.
era invece vietata la distribuzione di copie al pubblico, e ogni utilizzazione in concorrenza con il diritto di utilizzazione economica spettanti all’autore, e lo è tuttora. 
 
Il nuovo art. 68 afferma:
“È libera la riproduzione di singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori, fatta a mano o con mezzi di riproduzione non idonei a spaccio o diffusione dell’opera nel pubblico. Si ma non dimentichiamoci che i CD – ROM ed i DVD costano il doppio rispetto a prima, proprio perché il legislatore per tutelare un ipotetico astratto diritto d’Autore di un Autore che più incorporeo, intangibile, inidentificabile, inesistente non potrebbe essere ha costretto tutti noi all’atto dell’acquisto al balzello SIAE/STATO di Euro 0,250 ogni CD.
 
Va detto che la S.I.A.E. (CHE BISOGNA SEMPRE RICORDARE E’ UN SOGGETTO PRIVATO!!!) ci tranquillizza però dicendo che se le compriamo i bollini (quelli che vedete applicati su ogni CD che comprate o sui libri, costo da Euro 0,018 fino ad oltre 0,50) Lei S.I.A.E. (BONTA SUA), ci rimborsa la tassa iniziale di Euro 0,250 sborsate all’acquisto del CD.
 
Vi rivolgo una domanda : < Quanti cittadini pensate si prenderanno la briga di fare una richiesta su tanto di modulo e procedure varie per recuperare qualche decina di euro l’anno?, e per la pratica di restituzione sarà dovuta una spesa per la gestione?, non è dato sapere.
 
Altra domanda che mi sorge spontanea, a quale autore sarà assegnata quella enorme massa di denaro derivante dagli 0,250 euro a copia dei CD – ROM che ognuno di noi si fa di back – up per uso personale???
In analogia al Milite Ignoto verrà istituita la mistica e mitica figura dell’Autore Ignoto?
 
Ma parlando seriamente chi si papperà questa bella torta? Parliamo di qualche decina di milioni di Euro!!
 
Ahh! Dimenticavo…… il tanto nominato e difeso a spada tratta da tutta una serie di leggi a partire dal 1799 come diritto inalienabile dell’ingegno, il cosiddetto Diritto d’Autore che come si è visto è identificato e quantificato in Euro 0,250 a CD e in Euro 0, 580 a DVD, in realtà è diventato nel corso dei decenni molto più il Diritto d’ Editore, si perché la parte più sostanziosa e cospicua se la pappa l’Editore.
 
In particolare il Diritto d’Autore si riduce in alcuni casi ad una cifra a forfait offerta dall’editore che poi sarà libero grazie alle ultime leggi liberticide della cultura e della democrazia di sfruttare l’opera come meglio crede per i successivi settant’anni, e non il povero Autore che una volta liquidato non potrà più pretendere nulla se non la paternità dell’opera.
 
Questa cosa mi ricorda il peccato originario dell’episodio di Gutenberg ed un altro più eclatante riguardante Meucci che inventò il telefono, fece causa a Bell, la perse, Bell sfruttò industrialmente il progetto, divenne una grande multinazionale, una serie di multinazionali, ed infine qualche anno fa Meucci venne riabilitato e gli fu riconosciuta la paternità dell’invenzione, ma Meucci morì povero in canna e Bell ricchissimo, e ricchissimi i suoi eredi.
 
Che dire?.......
 
Ma la Costituzione non afferma (art.9) che lo Stato promuove lo sviluppo della cultura…… (art.21) tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione?.......... come la mettiamo allora con al tassa sui CD ed i DVD??, perché per equità non tassiamo allora anche i giornali quotidiani (mi risulta al contrario che abbiano sostanziose ed indebite agevolazioni da parte dello Stato), perché non tassare anche i telegiornali di Berlusconi? Oppure gli spettacoli teatrali, al contrario mi risulta che costoro godano dei favori dello Stato che sovvenziona munificamente guitti, giullari et circenses.
 
Sempre l’art. 68 ci consola dicendo che è libera la fotocopia da opere esistenti nelle biblioteche, fatta per i servizi della biblioteca o, nei limiti e con le modalità di cui ai commi quarto e quinto, per uso personale; è invece vietata la distribuzione di copie al pubblico ed ogni utilizzazione in concorrenza con i diritti di utilizzazione spettanti all’autore.
 
Sostanzialmente l’articolo 68 stabilisce:
 
1) innanzitutto rimane libera la riproduzione di singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori, ma se la riproduzione è effettuata mediante fotocopia o xerocopia o analogo mezzo, non può essere superiore al 15% del volume esclusa la pubblicità. 
 
2) il responsabile del centro o punto di riproduzione deve corrispondere un compenso, quantificato ex lege salvo diverso accordo e legato al numero delle pagine riprodotte, destinato a essere ripartito tra gli autori e gli editori.

In particolare, non è consentito:
1) riprodurre interi volumi o fascicoli, salvo opere rare fuori catalogo presso biblioteche pubbliche;
2) riprodurre per un’utilizzazione in concorrenza con i diritti di utilizzazione economica dell’autore;
3) riprodurre oltre il limite del 15% per uso personale;
4) riprodurre senza il pagamento del compenso, quando previsto;
5) spacciare delle copie, fatte per uso personale, nel pubblico.
 
Questa Legge introduce pene severissime nei confronti di chi vìola il diritto di autore. Appare del tutto evidente come vengono messi sullo stesso piano i dilettanti che duplicano in CD-ROM fosse pure solo per curiosità o per provare un certo programma a casa, e chi duplica e rivende “illegalmente” i CD-ROM.
La grande differenza rispetto alla precedente Legge del 1992 non è solo nella terminologia.
 
La Legge precedente infatti prevedeva pene solo se la duplicazione illegale del software era fatta a fini di lucro mentre nel nuovo testo e’ stabilito che sia reato se la duplicazione del software e’ fatta anche solo per trarne profitto.
La differenza e’ sostanziale perché il cittadino che duplicava un CD-ROM semplicemente per provare un determinato programma con la Legge precedente non veniva punito, con la Legge attuale invece commette un reato perché la giurisprudenza considera profitto anche il semplice risparmio di spesa per non avere comperato il bene. Sarebbe tutto da provare se effettivamente questo comportamento abbia creato una minusvalenza nei conti delle aziende interessate alla distribuzione dei CD o DVD.
 
Ma il punto più discusso della nuova Legge e’ l’avere introdotto l’obbligo di etichettare i supporti informatici e/o musicali con il contrassegno SIAE anche se distribuiti da soggetti non iscritti alla SIAE. Anche qui sarebbe da disquisire, ma proprio ritengo che questa affermazione travalica ogni mia capacità di sopportazione dell’umana demenza e mi astengo per pura compassione e soprattutto sfinimento.
 
Il regolamento di attuazione della disciplina di incollaggio del contrassegno sulle opere dell’ingegno emanato con D.P.Consiglio dei Ministri 11 luglio 2001, n. 338 prevede un elenco dei programmi non soggetti all’obbligo del contrassegno, come ad esempio i programmi scaricati per via telematica, il software interno di apparati cellulari (il bollino sul telefonino?) e di altri apparecchi, ed anche le correzioni o gli aggiornamenti del software che periodicamente viene rilasciato in scaricamento automatico da internet.
Ed infine avendo acquistato un programma in un paese dell’Unione europea, l’acquirente sarà tenuto ad apporre il bollino S.I.A.E??. La legge sul diritto d’autore infatti sanziona l’importazione, a fine di profitto (ma quale profitto?), di programmi contenuti in supporti non contrassegnati, questo soprattutto se il prezzo di acquisto all’estero fosse inferiore a quello proposto in Italia. Nel tal caso certamente c’è profitto (inteso come risparmio di spesa), ma vi è lesione dei diritti del titolare? Che differenza fa per l’Autore se io acquisto un suo prodotto in Italia o all’estero!?
 
Tutto questo premesso, vediamo i fatti ed i concetti che andrebbero presi a riferimento per una equilibrata e compenetrante considerazione degli interessi dell’Autore e della libera circolazione delle idee, dell’arte e della scienza, come afferma l’art.33 della Costituzione.

 
Analisi del concetto di Diritto d’Autore nella storia
 
Tutto parte da Giovanni di Gutenberg, fino ad allora i libri erano scritti dagli amanuensi. Attorno al 1444 Gutenberg costituì una Societas con il il banchiere Johann Fust, che contribuì con 2000 Gulden, e l’incisore Peter Schöffer allo scopo di stampare la cosiddetta "Bibbia a 42 linee". Il lavoro venne concluso il 23 febbraio 1455 e il libro messo in vendita a Francoforte. L’edizione suscitò immediato entusiasmo per la qualità tipografica.
 
Immediatamente dopo la pubblicazione il banchiere Fust, tanto per non smentire la nomea della casta e far partire in maniera degna il Diritto d’autore, richiese la restituzione, con interessi, della sua quota, causando un processo per insolvenza contro Gutenberg ed il passaggio della proprietà di apparecchiature e macchinari al banchiere stesso. Fust li utilizzò, assieme a Schöffer, per stampare nel 1457 un edizione del Libro dei Salmi. Gutenberg in seguito fu riabilitato

 
In quell’epoca mettere in atto un’iniziativa del genere non era impresa da poco, come dimostra l’episodio surriportato, c’erano in gioco grossi investimenti, ma soprattutto enormi aspettative di sviluppo e di ritorno economico (questo scenario si ripresenterà parecchie volte nel corso delle epoche storiche successive).
 
E questo da un senso anche al perché della nascita del concetto del diritto d’autore. Il motivo fondamentale era che mettere su una stamperia allora, e seppure gradualmente diminuendo negli anni successivi, era un’impresa costosa e rischiosa, anche prestigiosa per mille motivi, principalmente perché i volumi stampati comunque erano tirature limitate rispetto ad oggi, le apparecchiature (il torchio ed i caratteri, ancora lontani dall’essere componibili erano fortemente usurabili, difettosi, e necessitavano di frequenti riparazioni e sostituzioni, quindi fare lo stampatore – editore era un’impresa rischiosa e dispendiosa, anche se alla fine ben pagata,ed infatti le opere pubblicate erano tutti rifacimenti di opere classiche, in particolare Bibbie, ecco perché prima dicevo di propaganda e di circonvenzione di menti ante litteram. Gradualmente nel corso degli anni, con l’evoluzione della società, della tecnologia e di quant’altro, come accennato all’inizio, il concetto di Diritto d’Autore si scinde in due e cioè nel cosiddetto diritto di proprietà immateriale (corpus mysticum) e quello del possesso materiale del bene (corpus mechanicum).
 
Il primo appartiene al’ideatore dell’opera, all’ingegno dell’Autore, ed il secondo a chi mette a disposizione i mezzi per diffondere l’opera.
Prima del XVIII secolo non si può dire che esistesse un vero e proprio diritto d’autore, ma venivano solamente concessi dei privilegi agli autori, specialmente ai librai, che per pubblicare dovevano sostenere delle spese, quindi ecco anche, fra l’altro, perché i letterati per lunghi anni sono stati soltanto i rappresentanti della nobiltà o della borghesia.
 
Nel 1710 fu creato il diritto d’autore in Inghilterra, con uno statuto della regina Anna d’Inghilterra.
 
Nel 1791 l’Assemblea nazionale francese relativa agli spettacoli, con un decreto legislativo, espresse la proibizione di rappresentare opere di autori viventi senza il loro consenso, diritto che si estendeva agli eredi e ai concessionari degli autori, che sarebbero stati ‘’proprietari’’ delle loro opere, per cinque anni dopo la morte dell’autore.

Nel 1793 dal 19 luglio al 24 luglio, la Convenzione nazionale emanava una legge con la quale veniva riconosciuto il diritto esclusivo dell’autore per tutte le opere d’ingegno. Tale legge, successivamente modificata, è tuttora vigente in Francia.
 
Charles Dickens per molti anni in Inghilterra e negli Stati Uniti nel 1842 ed ancora nel 1865 si recò in America per un giro di letture delle sue opere, questo facevano gli scrittori sia famosi che non per vivere perché i proventi dei soli diritti d’Autore non erano in genere gran cosa.
 
Finalmente il 9 settembre1886 per regolamentare e razionalizzare questo campo fu costituita l’Unione internazionale di Berna, che coordina i rapporti di tutti i paesi mondiali iscritti, alla quale anche l’Italia ha aderito ed è ancora oggi operante.
 
Tutto quanto fino ad ora esposto ha una sua ragion d’essere inconfutabile, perché operando in una società prevalentemente poco alfabetizzata, sedentaria, in cui gli spostamenti erano rari, la cultura ed in particolare la lettura patrimonio di pochi, era logico e condivisibile che partendo dai cinque anni di durata iniziali, si progredisse man mano a dieci, venti, venticinque, cinquant’anni. Questo per poter agevolare e dare delle entrate decorose o importanti a chi viveva del frutto della mente.
 
Seconda fase : questo trend è andato avanti in tutto il corso del millenovecento accrescendo sempre più la durata del Diritto. E questo nonostante, l’iperbolica crescita della cultura, degli alfabetizzati della crescita demografica mondiale.
 
In questo periodo si può osservare a mio parere che la crescita degli autori, in qualunque campo culturale, aumenta di pari passo con la crescita degli acquisti di opere e di sevizi culturali in tutte le sue forme, per cui la torta viene spartita più o meno equamente, ed il sistema nel suo insieme rimane equilibrato.
 
Terza fase : tutto cambia quando giungono i sistemi di trasmissione moderni, principalmente i dischi analogici in vinile, basta ricordare quanti soldi hanno rastrellato i Beatles o i Rolling stones, Elvis Presley, ma gli esempi potrebbero essere centinaia.
 
Lo stesso dicasi per i film degli anni sessanta, settanta, ottanta che hanno fatto diventare nababbi e cresi personaggi che hanno azzeccato anche un solo film distribuito a livello mondiale.
 
Quarta fase : il punto di arrivo e di incaglio del diritto d’autore, l’avvento dell’era digitale.
 
IL DIRITTO D’AUTORE NELL’ERA DIGITALE
 
Il mio professore di fisica ripeteva in questi casi una frase che è rimasta impressa a fuoco nella mia mente per quante volte ce la ripeteva, ma qui è proprio il caso di citarla, diceva : < qui casca l’asino!!>, ed intendeva qui è il punto cruciale, il momento in cui il sistema presenta il suo punto debole, le incongruenze.
 
Il punto di volta è rappresentato dalle successive e rapidissime evoluzione dell’informatica e della telematica che hanno portato nel corso di una decina d’anni uno sconvolgimento epocale nella raccolta, produzione, distribuzione di informazioni, testi, conoscenze, formazione, etc.
 
Che cosa è successo….., è successo che mentre fino ad una decina di anni or sono per diffondere un’idea di un certo spessore culturale occorreva un libro, un disco (i mitici long play), una cassetta registrata, etc., e quindi bisognava mettere in opera tutta una serie di funzioni, di competenze, di esperienze, di imprenditorialità, di finanziamenti anche cospicui (un po’ alla Gutenberg) per poter realizzare un supporto di quelli citati che permettesse la trasmissione delle informazioni da un autore ad una serie più o meno ampia di fruitori – acquirenti.
 
Tutto questo costava lavoro di molte persone e denaro per finanziare l’operazione.
 
Era quindi necessario e giusto che chi intraprendeva tali iniziative avesse la garanzia per quanto possibile avesse la tranquillità di compiere un’operazione positiva anche finanziariamente.
 
Ora per realizzare un CD o DVD non occorre quasi nessuna competenza ed esperienza professionale, e quindi all’inizio della filiera può esserci un autore (più o meno di qualità) che autonomamente e senza nessuna capacità ed esperienza precedente può produrre un’opera, realizzandola da cima a fondo senza l’aiuto di nessuno, quindi senza nessun investimento industriale (e questo secondo me è un gran bene).
 
Non solo, una volta completata l’opera la si può mettere in rete, ci sono una miriade di siti specializzati nella vendita on line dove l’autore può anche mettere a disposizione la sua opera, o parte di essa anche gratuitamente.
 
Quindi come si vede le cose stanno messe molto diversamente da come il legislatore solo due/tre anni fa ha cercato di schematizzare il quadro operativo e lo scenario generale.
 
Sorgono allora una serie di considerazioni: nel cinquecento si era stabilita l’esistenza di un diritto di proprietà immateriale (corpus mysticum) disgiunto dal diritto del possesso materiale del bene (corpus mechanicum), dicotomia che è durata fino ad una decina d’anni fa; invece da qualche tempo ma vieppiù sempre più frequentemente accade che l’Autore sia il detentore di entrambi i diritti, che finalmente e sacrosantamente si sono riuniti nell’unico soggetto che ha il compiuto e completo diritto di detenerli; i mezzi di trasmissione non viaggiano più a dorso di somaro o su un brigantino, o nel migliore dei casi su un treno merci, ma ormai viaggiano su pacchetti informatici, alla velocità degli elettroni, e si diffondono a velocità vicine a quella della luce in tutti i servers ed in tutti i personal computers in giro per il mondo; qualche anno fa un Autore nel suo determinato campo aveva a disposizione una ben definita e limitata schiera di potenziali acquirenti che derivavano da una serie di parametri obbligati, come ad esempio la lingua di pubblicazione, l’argomento, la preventiva scelta editoriale dell’editore sul livello di gradimento dei lettori e quindi le potenziali possibilità di distribuzione del libro, etc., etc.; ora questo non ha più ragione d’essere perché il libro di carta non serve più, l’editore non c’è più, lo spazio di distribuzione è il mondo e non più il singolo stato nazionale, il libro si può pubblicarlo in tutte le lingue che si vuole, e quindi il target di potenziali lettori (a pagamento o non) si è ampliato a dismisura;
talmente ampliato che permette, se l’opera è valida (poniamo il caso di un software applicativo), di distribuirlo in milioni di copie con una rapidità assolutamente incredibile solo un decennio fa. Un esempio illuminante di queste mie affermazioni sono i romanzi di Dan Brown; da questo processo possono derivare successi “editoriali” epocali con accumulo di fortune da nababbi impensabili ieri.
 
Ne consegue che questo sistema produce, distribuisce e consuma conoscenza e scienza a flusso continuo e rapidissimo anche nel raggiungere i posti più remoti del globo terracqueo prima altrimenti impenetrabili attraverso i normali mezzi di comunicazione, penso ad esempio alla Cina più impervia.
 
E ritenere, salvo casi eccezionali, di cui non mi si prospetta alla mente alcun esempio, che un Autore possa godere dei proventi di successive edizioni per i settan’anni a venire mi sembra veramente molto improbabile.
 
D’altro verso, stante la situazione descritta, mi sembra veramente riprovevole e sommamente discutibile e disdicevole, qualora la situazione semmai si verificasse, attribuire ad un Autore dei possibili proventi di tale enorme entità per un periodo di settant’anni.
 
Non fosse altro per una sola questione di etica dell’Autore, che questa sì, deve rimanere disgiunta dal puro interesse venale e finanziario della realizzazione di un’opera.
 
Alla luce di quanto descritto e di quant’altro immaginabile si impone una rivisitazione della visione di insieme della modalità di essere Autore, di essere Editore, di quantificare e valutare ogni aspetto del contesto e di normare e legiferare, tenendo ben presente i due diversi valori che sono ai due capi della questione in esame, e cioè l’innegabile e doveroso riconoscimento del diritto di sfruttamento dell’opera all’ Autore ad un capo della questione(art.21) tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione), ma all’altro capo (art.9 ….lo Stato promuove lo sviluppo della cultura……) il pure altrettanto innegabile, intangibile, insopprimibile diritto del cittadino di avere libero accesso alle fonti della cultura, secondo i canoni del tempo (aggiungo io) e i canoni dei tempi attuali sono ad esempio :
 
il “copyleft” e non il copyright;
 
il “fair use”;
 
il creative commons;
 
la licenza per Documentazione Libera GNU;
 
l’”open source”;
 
etc..
 
Quindi, come è evidente, esistono ormai moltissimi Autori che rinunciano totalmente o parzialmente allo sfruttamento del loro diritto d’Autore.
 
Richiedendo molto spesso un piccolo compenso a riconoscimento del loro lavoro, lasciato alla discrezionalità del fruitore dell’opera.
 
In definitiva penso che il tradizionale rapporto autore – fruitore vada completamente rivisto in funzione di quanto fin qui detto ed a quanto neppure accennato, ma che tutti quanti avranno avvertito sopraggiungere dietro l’angolo.
 
Se dovessi esprimere una mia un po’ più profonda considerazione direi che il punto in cui ci troviamo oggi può essere paragonato al momento del Big Bang (vero o non vero non importa), in cui la panspermia ha pervaso l’universo e attraverso le correnti stellari ha diffuso l’RNA andando a fecondare miriadi di pianeti, tra cui il nostro permettendo la nascita della vita e della nostra specie.
 
Ed aggiungerei un altro parallelismo, e cioè se l’RNA avesse trovato ostacoli forse noi oggi non esiteremmo.
 
Oggi stiamo approssimandoci al Big Bang di una nuova genesi della cultura.
 
Ma voglio essere ancora più esplicito e faccio un esempio più calzante ed immediato e Vi domando :
 
che cosa sarebbe successo se il primo uomo che capì il principio della coltivazione dei semi avesse venduto ai suoi simili i semi solo per fare un raccolto di un solo anno ed avesse impedito il riutilizzo dei semi della raccolta dell’anno successivo?
 
Sicuramente qualcosa sarebbe successo, penso in ogni caso di non molto positivo.
 
Bene ora ci sono le multinazionali delle sementi che hanno selezionato dei tipi di semi che creano loro volta semi infecondi, per cui l’anno successivo i contadini sono costretti ha ricomprare le sementi dalle multinazionali.
 
Dove ci porterà una simile politica agricola?
 
Nella cultura, informazione, formazione, scienza, coscienza, le multinazionali, le cosiddette Majors, stanno tentando di fare altrettanto a discapito di tutti i cittadini.
 
Nonostante questi illegittimi, invasivi, fraudolenti escamotages che ho citato nelle pagine precedenti da parte delle multinazionali della comunicazione ed altro, che si comprano leggi “AD HOC” assolutamente illiberali ed anticostituzionali dai vari governi mondiali, il progresso procede comunque inarrestabile quando è arrivato il suo tempo, e questo tempo è arrivato.
 
Infatti ormai ci sono milioni di autori che producono autonomamente, che distribuiscono on line (anche gratuitamente), che stanno formando una controcultura alternativa a quella standardizzata ed omologata dell’establishment. Un dato per avere un idea : i sistemi di scambio “peer to peer” vede ormai connessi costantemente 24 ore su 24 almeno trenta milioni di scambi di files in contemporanea, con crescita di circa il due, tre per cento al mese del numero delle connessioni di scambio.
 
 
VIVA IL COPYLEFT,
 
VIVA LA LIBERTA’ DI PAROLA,
 
VIVA LA LIBERTA’ DI LETTURA,
 
VIVA LA LIBERA INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI CITTADINI.
 
 
Solo cittadini migliori, più colti, istruiti, alfabetizzati, formati, informati, con cultura condivisa, ma personalizzata, individualizzata, possono realizzare una società migliore, un mondo migliore.
 




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