venerdì 15 gennaio 2021 - UAAR - A ragion veduta

Chiese, donne, bingo e democrazia

Anche il Corriere della Sera in questi anni ha offerto acriticamente grande spazio alle dichiarazioni papali. Non si può dunque non leggere ora con qualche interesse uno dei suoi più autorevoli editorialisti mettere in dubbio il millantato “indirizzo audacemente innovativo” o “addirittura rivoluzionario” dell’attuale pontificato.

 Benché a chiunque non fosse ottenebrato dal fanatismo sia stato da subito evidente come la Chiesa di Bergoglio continuasse piuttosto a essere banalmente conservatrice o addirittura reazionaria, anche e soprattutto rispetto all’affermazione (negli ultimi decenni, per non dire secoli) della democrazia e del ruolo della donna, per citare solo le “due questioni di enorme portata” menzionate da Galli della Loggia.

Non si intende invece perché mai, a suo avviso, il papato sarebbe oggi davvero innovativo se contrastasse la “condizione generale che il mondo stesso riserva oggi alla fede cristiana e alla Chiesa stessa”; se “supermercati, sale bingo o centri commerciali” diventassero chiese; se la cristianità tornasse ad essere fatto pubblico, “come connessione tra istituzioni religiose e istituzioni politiche”; se si riproponesse il “compromesso” per il quale le classi dirigenti rimarrebbero “legate in qualche modo all’antica fede” dando il buon esempio al “resto della società”. In tal caso infatti la Chiesa, la politica e la società tutta andrebbero in una direzione opposta a quella seguita negli ultimi secoli (per non dire nell’ultimo millennio). Ci si volgerebbe nostalgicamente verso l’antico, verso una mitica autenticità originaria forse, ma non certo verso il nuovo. Si tratterebbe di una involuzione, non di una rivoluzione

Lascia ancor più perplessi l’impiego da parte dell’opinionista di nozioni come “testimonianza del fondatore”, “Vangeli” “fede”, “fede cristiana”, “Cristianesimo”, “Chiesa”, “ispirazione più luminosa della propria storia”, “pontificato”, “Stato [Vaticano]”. Il fondatore potrebbe essere Paolo o magari lo stesso Gesù. Galli della Loggia però è uno storico e sa bene che a Gesù non è possibile attribuire con certezza alcuna precisa affermazione, e in ogni caso è da escludere che egli intendesse “fondare” una qualche nuova religione o Chiesa. Serve molta fantasia anche per pretendere di trovare nei Vangeli (per non parlare delle lettere di Paolo) una qualche difesa dei moderni principi liberali o dei diritti delle donne. È vero invece che “nessun passo dei Vangeli prescrive debbano essere affidate a uomini anziché a donne” le “cariche, che so, di presidente dello Ior, di governatore dello Stato, di nunzio o di segretario di Stato”, tuttavia, com’è ovvio, non vi si parla neppure per niente di banche, ambasciatori pontifici, governatori e segretari di Stato, né di Vaticano, né di tanto altro. Neanche la Chiesa, tra le pur innumerevoli sciocchezze, è mai arrivata a sostenere il contrario. Per converso, se l’autore di qualche testo evangelico avesse avuto anche solo la vaga intenzione di difendere la dignità femminile, sarebbe stato consapevole del carattere all’epoca del tutto innovativo del proprio intento e di conseguenza avrebbe dovuto essere esplicito in merito.

Monsignor Bruno Forte risponde a stretto giro di posta e nella concitazione non coglie neppure i pochi rilievi inoppugnabili dell’articolo citato. Tanto che se la prende persino con “l’anticlericalismo di tanta parte della borghesia ottocentesca” e col “liberalismo borghese, mai tenero col mondo ecclesiale”. Per poi testimoniare quanto il sovrano assoluto Bergoglio conceda graziosamente alle assemblee di condividere talvolta le sue stesse conclusioni, e proprio alle donne in particolare di esercitare la “cultura della cura” in ogni ambito.

In conclusione, la Chiesa va più “lontano” scontrandosi con ostinazione contro il mondo moderno o scendendoci a patti con un minimo di realismo? Difficile dire. Impossibile però possa seguire con coerenza entrambe le strategie. Per il non credente e, più banalmente, per il laico in quanto tale non dovrebbe fare comunque gran differenza. Purché, sia chiaro, si parli di “fede” personale e non di un “cristianesimo” inteso ancora come ambiguo instrumentum regni.

Andrea Atzeni

 




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