lunedì 22 aprile 2013 - paolo

Chi perde, chi vince e chi sfotte

Anamnesi della politica italiana uscita dalla guerra per bande.

Dopo le frenesie elettorali che ci hanno consegnato un paese diviso esattamente in quattro, con tre quarti presenti in Parlamento ed un quarto ancora astenutosi dal voto, l'elezione del Presidente della Repubblica ha ulteriormente chiarito la fisiologia delle forze in campo, consentendo di fare un primo bilancio sui risultati ma, soprattutto, sulle prospettive future.

Chi perde

Fuor di dubbio che chi è uscito veramente malconcio è il PD, riuscito nella duplice tremenda impresa di sfiduciare il proprio leader e potenziale premier Pierluigi Bersani e in quella, peraltro prevedibile, della sua conseguente esplosione in mille pezzi.

Perché prevedibile è facile a dirsi dal momento che chiunque avesse un minimo di sale in zucca non poteva, specialmente per vicende legate agli ultimi anni, essersi accorto che il PD si era progressivamente trasformato in un carrozzone in preda a spinte centrifughe interne che lo avrebbero inevitabilmente portato allo sfacelo. L'inizio della fine è riconducibile alla rinuncia del progetto politico di sinistra con l'incorporazione dei democristiani e socialisti orfani dei due partiti DC e PSI, cancellati da Manipulite.

E così è stata la fine di una propria identità politica laica e ideologica con l'imbastardimento conseguente all'incorporazione del correntismo democristiano legato alla Curia Romana. Una massa critica instabile pronta ad esplodere quando le pulsioni correntiste e le ambizioni personalistiche sarebbero confluite su un obiettivo comune. Se Massimo D'Alema è il vescovo nero delle manovre sottobanco, Matteo Renzi è la rappresentazione più plastica del personalismo ambizioso che pone il proprio fine al di sopra di tutto e di tutti. Franco Marini, il candidato presidente del PD trombato nella prima votazione, ha tracciato un profilo di Matteo Renzi semplicemente disarmante. E Franco Marini, democristiano e sindacalista di lungo corso, di abbuffoni e pappatutto certamente se ne intende, ha dichiarato: "Se Matteo Renzi non pone un limite alla sua ambizione sfrenata, certamente va a sbattere". Personalmente non credo sarebbe un male, anzi.

Adesso il buon Matteo si sta lanciando in appelli alla rifondazione del partito, spendendosi sui social network per esercitare le pressioni della rete secondo il modello lanciato da Beppe Grillo. Una spaccatura a metà del PD è a questi punti il minimo che può succedere.

Chi vince

Lui, Silvio Berlusconi, eterno maestro di resurrezioni populiste, è l'unico vero vincitore. Dal rischio concreto, soprattutto dopo le elezioni di Boldrini e Grasso alle presidenze delle Camere, di sparire dalla geografia del potere e di andare incontro disarmato ai suoi destini giudiziari, è di nuovo arbitro della partita. Le trattative per il nuovo governo che il riconfermato (primo nella storia, ndr) Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aprirà nei prossimi giorni, non potranno prescindere dal Cavaliere di Arcore che parte da una indiscutibile posizione di forza.

Con buona pace per chi, come il sottoscritto, aveva intravisto un barlume di luce in fondo al tunnel e accarezzava l'idea di vederlo in fuga nottetempo sul suo aereo privato verso le isole dei caraibi o nel resort extralusso in Kenya di Flavio Briatore (forse inseguito da mandati di cattura ).

Chi sfotte

Beppe Grillo, alias Roberto Casaleggio, è il bombardiere di cazzate che stanno sommergendo il Paese, nel nome del populismo becero più scellerato che non si vedeva dai tempi di Benito Mussolini. Questo autentico "arruffapopolo" che sta vivendo in un delirio di onnipotenza, dopo avere castrato con giochetti da biscazziere l'ipotesi di liquidare definitivamente il Cavaliere di Arcore, cosa che peraltro avevo ampiamente previsto, dopo avere umiliato Bersani con risolini e strizzatine d'occhio dal suo camper (regalato, ndr) con messaggi di sottintesi al limite della mafiosità, adesso parla di "colpo di stato" conseguente all'elezione di Napolitano, stamani corretto in "colpetto di stato", che denota la sua povertà culturale e il disprezzo per le procedure democratiche.

Quello che sfugge a questo proto-politico logorroico ed immaginifico è che, cianciando di rete e di "rinnovamento", lui ha compiuto un vero e proprio "omicidio sociale", facendo ripiombare il Paese nelle mani nella destra più spregiudicata del mondo occidentale. E mentre lui continuerà ad intascare gli oboli ricchissimi che gli provengono dai clic sul suo blog, grazie alla massa di disperati di varia estrazione che si riconoscono nel M5S, il Paese si avvia alla peggiore restaurazione della democrazia malata che ci affligge da decenni.

Complimenti vivissimi a questo guru e al suo entourage di raffazzonati che lo circondano e che hanno dato esempio delle loro qualità politiche, contando i bicchieri di plastica alla bouvette del Parlamento e della loro "democrazia liquida" con una trasparenza che neanche il Conclave per l'elezione del Papa ha mai conosciuto. Poi si offendono se li definiscono una setta come scientology; chiedono atti di trasparenza agli altri, ma loro si comportano come carbonari, come una massoneria.

Adesso Grillo cerca di rivoltare la frittata, attribuendo la responsabilità della vittoria di Silvio al povero Bersani, vittima sacrificale di se stesso e dei suoi franchi tiratori renziani, dalemini e margheritini, reo di non avere abboccato al suo ultimo bluff, ma è fuori di ogni dubbio che il colpevole è lui e soltanto lui. Ha poco da cianciare ormai, molti in buona fede che hanno creduto ai suoi sproloqui gli hanno preso le misure. Se inciucio c'è stato, l'unico è proprio quello tra lui e Silvio Berlusconi, lui per continuare la sua sagra di rivoluzionario errante a caccia di clic e l'altro per raggiungere il suo obiettivo minimo, mettersi sotto copertura di una carica istituzionale e così farla franca.

Complimenti.




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