venerdì 7 gennaio 2011 - Professional Consumer

Chi fa crescere il Pil seppur senza appeal?

Il Pil misura il rendimento dell’attività economica, principalmente quella svolta dai consumatori.

Diamo un’occhiata: il consumo privato delle famiglie, che fa i 2/3 dell’attività economica complessiva; a questo si aggiunge il consumo generato dalla pubblica amministrazione; il saldo tra esportazioni ed importazioni di prodotti di consumo finali; gli investimenti, con l’aggiunta delle scorte, chiudono il cerchio.

Tal misuratore certifica il contributo fornito dai Consumatori alla generazione della ricchezza nonché il carico di responsabilità assunto per la crescita economica del paese.

Nel contesto però, di un sistema produttivo affetto da sovraccapacità e/o insufficienza reddituale, la formula che addiziona mostra i segni del tempo.

Quell’insufficienza mostra il volume delle scorte di magazzino inverso al volume delle merci consumate? Eppure il Pil somma.

Eh no, perché le scorte, in presenza di una strutturale riduzione del ciclo di vita dei prodotti e di una deflazione implicita che scorribanda, debbono intendersi valore in stand by; sospensione, se non sottrazione, della ricchezza.

La somma della ricchezza, espressa dalle componenti del Pil, può essere pertanto uguale ma anche inferiore al valore complessivo delle merci prodotte. Se si sbircia il Pil come somma delle remunerazioni di tutti i fattori impegnati nel processo produttivo emerge la stessa incertezza.

Un’anodina rappresentazione non lascia scorgere come la distribuzione tra i soggetti economici, del remunero, risulti sperequata: se aumentano le scorte e si riempiono i magazzini perché manca il reddito che acquista, si contraggono pure gli investimenti, viene a ridursi la capacità del sistema economico di utilizzare per intero le risorse produttive.

Per rendere massimo il rendimento del processo economico il valore prodotto deve poter essere acquistato e così trasformato per intero in ricchezza. La condizione risulta dalla possibilità che i redditi acquistino la sufficienza per acquistare quanto prodotto. Per far che questo avvenga occorre integrare il reddito da lavoro con la remunerazione di quella funzione consumo, certificata dal Pil, che smaltisce le merci offerte.

Ma questa è tutta un'altra storia.




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