mercoledì 4 febbraio 2009 - Veientefurente alias Orazio Fergnani

Che tempo farà domani? Passato Remoto o Futuro Prossimo?

Assunto e premesso che esistono infiniti concetti e modelli di realtà tre sono i principali, e cioè la realtà astronomica (che ci è molto poco conosciuta), la realtà oggettiva (i nostri rapporti con l’esterno e con gli altri, e la realtà soggettiva (che dipende dalla nostra più o meno capacità di percezione del mondo esterno;

 Premessa

 Assunto e premesso che esistono infiniti concetti e modelli di realtà tre sono i principali, e cioè la realtà astronomica (che ci è molto poco conosciuta), la realtà oggettiva (i nostri rapporti con l’esterno e con gli altri, e la realtà soggettiva (che dipende dalla nostra più o meno capacità di percezione del mondo esterno;

 propongo quanto segue :

 

 non è qui il caso di indagare sopra la realtà astronomica (che ci porterebbe troppo lontano e non ha quasi influsso sull’argomento in questione).

 

 Le realtà oggettiva è oramai piuttosto ben definita dalle conoscenze fisico-chimiche che si sono acquisite in questo secolo e tutta la materia è stata perfettamente catalogata ed è misurabile nei suoi più infinitesimali componenti; ed è quindi argomento inconfutabile.

 

 Rimane invece confutabile e disquisibile il terzo tipo di realtà che è soggettiva e quindi personale e perciò  varia da individuo ad individuo.

 

 Essa dipende principalmente dalla raffinatezza dei nostri sensi (sia quelli fisici che intellettuali), perciò gli individui che avranno avuto dalla genetica e/o avranno affinato tramite lo studio o disciplina un particolare senso, avranno senz’altro una visione molto mirata e definita della realtà soggettiva ed oggettiva in funzione di quanto più è di loro conoscenza.

 

 Va quindi da  che ben difficilmente si possono trovare denominatori comuni che possano coinvolgere nel loro esatto concetto un grande numero di individui.

 

  Anche i concetti di parola e di linguaggio che dovrebbero essere il più elementare sistema di interscambio e comunicazione fra realtà soggettiva ed oggettiva  sono variamente compresi ed interpretati ed anche i concetti più semplici, come ad esempio le sensazioni primarie e gli istinti danno luogo a delle esternazioni che sono variamente interpretabili.

 

 Questo perchè un numero molto grande di variabili e di fattori interferiscono nell’individuo durante tutte le fasi dell’apprendimento a partire dall’infanzia fino alla morte.

 

 Basterebbe citarne alcune come: patrimonio genetico, traumi prenatali, fase dell’allattamento, ambiente familiare, ceto sociale, compagnie giovanili, tipo di cultura nazionale, cultura egemonica o subalterna, indirizzo di studi, ambiente di lavoro e non voglio andare oltre, per rendersi conto della variabilità di esperienze, cognizioni .

 

 Ognuno di questi fattori di capacità discernitiva  ha una sua rilevante influenza nell’esatta determinazione del rapporto parola – concetto, e influenza in maniera irrevocabile la personalità dell’individuo, la sua integrazione nella realtà, il suo posizionamento sociale, le sue possibilità lavorative.

 

In definitiva un individuo vale quanto più conosce la realtà in cui si inserisce; e/o, meglio ancora, può valere anche l’individuo che non necessariamente conosce globalmente la realtà circostante, ma che comunque è particolarmente integrato ed eccellente in una qualunque nicchia di essa, vedi i poeti dialettali, i calciatori, le pornodive, che comunicano in vario modo esperienze verbali o non verbali a pubblici di appassionati, perfettamente comprensibili primariamente dagli “aficionados”, a chi possiede la stessa quantità e qualità di percezione della realtà.

 

A riprova di ciò è possibile rifarsi a numerose ricerche che ci testimoniano che comunque anche l’individuo più dotato dalla natura percepisce solo parte della realtà fisica (basta ricordare ad esempio che l’uomo sente solo onde sonore ( a seconda dell’individuo) dai 50 hz ai 16/18.000) ma comunque esistono individui che sono più percettivi e altri meno anche sotto questo particolare argomento.

 

Questo vale senz’altro anche sotto il profilo dell’integrazione sociale.-

 

Individuo,  società, libero arbitrio

 

 Bisogna pensare all’insieme della società come ad un’entità distaccata dall’individuo che si pone nella posizione di indagatore e ricercatore nei suoi confronti (della società) per inserirsi all’interno di essa e conquistarla, o comunque crearsi il suo proprio spazio esistenziale.

 

 Si capisce bene che quanto più ampie e solide saranno le capacità dell’individuo (sia culturali che fisiologiche) tanto più le possibilità di riuscita saranno numerose e di prestigio.

  

 A contrastare questa linea di atteggiamento nei confronti della realtà sociale vanno presi in considerazione tutta un’altra serie di fattori diametralmente opposti i quali tendono ad inibire le possibilità di inserimento.

 

 E’ anche evidente che non e possibile schematizzare in modo così semplicistico la situazione, ma nel gioco entrano altri e considerevoli fattori, non ultimo il condizionamento culturale (che purtroppo entra nel circuito comportamentale della persona nel momento dell’acquisizione di altri concetti come un refuso indesiderato) che condiziona pesantemente il sistema morale/logico e determina in momenti apicali deviazioni di atteggiamento.

 

 Lo stesso vale per il riapparire in particolari frangenti di paure, ansie, riemersioni varie del subconscio che riducono o addirittura inibiscono temporaneamente ogni capacità reattiva.

 

 D’altra parte bisogna sempre tenere ben presente che la società non e’ in attesa passiva dell’ azione dell’individuo, ma ha una sua iperbolica attività mutante istante dopo istante e oppone una resistenza sempre diversa, imprevista ed imprevedibile ad ogni microsecondo.

 

 Vale la pena di considerare allora che la realtà sociale e l’individuo sono si entità separate e diverse, ma  talmente interconnessi e a contatto che non possono non influenzarsi a vicenda (come in effetti accade).

 

 Quindi e’ difficile dire se esista effettivamente un libero arbitrio dell’individuo.

 

Io sono deciso per il no perchè, a prescindere da quanto fin qui esposto, si deve prendere atto, ad esempio, che le conoscenze dell’individuo e della società variano in un continuum spazio/temporale che al momento attuale non ci e’ dato di conoscere, e quindi quello che era valido un secondo fa potrebbe non esserlo adesso.

 

 Questo e’ tanto più valido quanto più si avanza nel tempo; perchè come ci e’ dimostrato dalla nostra memoria personale (senza andare ad indagare troppo in giro ed a fondo) le mode, gli usi, le pratiche lavorative, i costumi e quanto altro vogliamo analizzare sono cambiati in maniera epocale negli ultimi otto secoli orientativamente, senza scendere in particolari che potremo esaminare più avanti, (rispetto al sistema preesistente) come sommariamente descritto qui  :

 

una prima volta attorno all’anno 1100;

 

una seconda attorno all’anno 1450;

 

una terza attorno all’anno 1750;

 

una quarta attorno all’anno 1860;

 

una quinta attorno all’anno 1928;

 

una sesta attorno all’anno 1968;

 

una settima attorno all’anno 1990. 

 

 Come si vede chiaramente c’e’ un dato che risalta immediatamente ed e’ un fattore accelerativo delle mutazioni delle realtà sociali (o meglio un insieme di fattori determinante questo effetto iperbolico  ).-

 

 I fattori che determinano le variazioni non è detto che debbano essere costantemente gli stessi, anzi nella  più  parte dei casi avverrà certamente il contrario , anche perchè non sono essi a scatenare gli eventi (nel senso di rompere i perni su cui si poggiano i delicati equilibri interni di una società, la quale precipiterà liberamente per un certo periodo di tempo, non

avendo più collante interiore atto a trattenere le forze centrifughe, e si riassesterà in un momento successivo su nuovi equilibri acquisiti con i nuovi valori quanto più unanimemente condivisi, che avranno come tutti i valori, una fase di inserimento, una fase di crescita, una fase di declino e una fase di caduta, per poi riiniziare un nuovo ciclo.

 

 Non è il nuovo valore in sè (o una somma di nuovi valori/concetti/conoscenze) a determinare le mutazioni sociali/storiche, ma l’effetto che da soli o variamente aggregati  ad altri hanno su un qualunque aspetto del divenire  della società.

 

 Certamente questo è stato vero in passato ed è vero tuttora; ma quello che in più e di diverso si verifica man mano che si succedono le mutazioni tecno – socio – politico – economiche ed aumenta il loro numero è un meccanismo molto più complesso che si può tentare di descrivere così :

 

a) la società è un insieme di fattori concomitanti e interdipendenti. Ne deriva che tutti i fattori all’interno di questo insieme sono delle varianti e quindi necessariamente mai uguali a se stessi.

Considerazioni

 

Più ci allontaniamo nel passato e :

 

= 1 il numero dei fattori differenzianti (in ogni senso) all’interno della società era inferiore;

 

= 2 più il numero delle innovazioni era minore;

= 3 il numero delle parole era inferiore;

 

= 4 la capacità di esprimersi e di esprimere concetti era inferiore

 

= 5 la possibilità di comunicazione dei dati era inferiore;

 

= 6 la popolazione mondiale era in numero minore;

 

= 7 la velocità di trasmissione dei dati era inferiore;

 

= 8 più la possibilità di recepire dati ed apprendere era inferiore;

 

= 9 più era impedita ed ostacolata dal potere la comunicazione delle idee;

 

= 10 più era monopolio del potere la gestione delle idee e della comunicazione in senso lato (non scordiamoci ad

esempio le abiure di Galileo, le condanne e le uccisioni degli eretici, dei protestanti per il fatto di voler pensare in modo diverso da quanto dichiarato lecito per bolla papale, o decreto imperiale.

 

Osservazioni

 

 Appare evidente che non è il "nuovo concetto" quindi ad innescare la reazione a catena della mutazione – rivoluzione, ma come ho espresso sopra, la sommatoria delle varianti, e cioè :

 

- numero dei fattori,

- differenza nel numero delle innovazioni tra due periodi considerati,

- numero di possibilià di comunicazione,

- popolazione mondiale (possibilità di contatti) ma anche altri aspetti.-

- velocità di trasmissione, immagazzinamento, analisi, apprendimento di dati.

- capacità di ricezione dei dati,

- accesso alla fruizione dei dati

- e tantissimi altri fattori ancora.

 

 L’effetto di questo aumento iperbolico di varianti è l’estrema instabilità del sistema che praticamente oramai è inserito in una spirale vorticosa in cui ogni precedente regola e formula sociale, ma non solo, ha perso qualunque valenza e dimostrabilità in quanto basati su presupposti che non esistono più.

 

 Nella realtà astronomica tutto ciò è da sempre saputo ed accettato da tutti, e certamente salvo situazioni al momento imprevedibili, lo sarà certamente anche in futuro.

 

Finora lo è anche nella realtà oggettiva, ma non è detto che continui ad esserlo sempre; ad esempio basta pensare che ci sono esperimenti in corso, che hanno già ottenuto degli apprezzabili successi, che stanno sperimentando la trasmissione via radio di fotoni, che sono un elemento primordiale della materia, e nulla toglie quindi che fra qualche decennio o poco più, ci si possa spostare attraverso dei trasmettitori di materia, e quindi si possa essere un istante a Roma e l’istante dopo a Calcutta, e l’istante successivo ancora a Montreal.

 

Immaginate che sconquasso socio – polito – economico si verificherebbe se ciò si avverasse.

 

Invece (per fortuna o purtroppo, a seconda dei punti di vista), nella realtà sociale ciò è in ogni caso e comunque sempre più vero.

 

Infatti mentre si avanza nel tempo (quindi il divenire interviene nell’evoluzione dell’universo, nell’evoluzione delle specie, e da quanto sto cercando di dimostrarvi, anche nell’evoluzione della struttura sociale e quindi politica!!!).

 

 Certamente risulta a tutti evidente la differenza di diffusione di informazione, sia sotto il profilo della rapidità di captazione del fatto, da parte di chi lo manipola (i giornalisti, i politici, la grande finanza), di celerità nella distribuzione dai vari mezzi di informazione e l’enorme numero di fruitori dell’informazione del fatto (a volte vari miliardi di contatti) che intercorre tra un evento che si verifica ai giorni nostri e gli avvenimenti che si manifestavano in epoche anche non molto lontane da noi nello spazio e nel tempo.

 

 Ad esempio pochi sanno dei milioni di morti cinesi nella rivolta dei "Boxer" alla fine del secolo scorso una rivoluzione molto più cruenta della guerra civile in Spagna.

 

questo perchè all’epoca dei fatti in Cina :

 

1) non c’erano i media attuali;

 

2) non c’erano i miliardi di fruitori attuali;

 

3) una facile reperibilità e disponibilità di accesso all’informazione attraverso più media;

 

4) non c’era una conoscenza diffusa e dilatata, anche se superficiale che c’è adesso;

 

5) e .. soprattutto non c’era la coscienza civile di adesso;

 

mentre appunto a causa delle mutazioni tecno – socio – cultural – politiche avvenute negli ultimi anni ad esempio tutti oggi sanno della guerra civile in Cecenia dove ci sono si atrocità, delitti efferati e morti scannati, ma non da paragonarsi agli eventi cinesi di allora.

 

 Un altro aspetto secondario (ma non troppo), sia effetto, quanto causa a sua volta di rilevanti coinvolgimenti di quanto accennato prima, è l’enorme potere che si è accentrato nelle mani di chi maneggia le informazioni.

 

 L’aspetto più considerevole dei momenti di transizione è che tutti gli scenari immaginabili sono parimenti possibili e sono questi senz’altro i momenti storici più esaltanti rispetto ai periodi di stabilità, e, fatto rilevante sono questi momenti sono i più fecondi a livello culturale e sociale, e soprattutto quelli fondanti per il periodo che verrà successivamente.

 

E’ in questi casi che si sono sviluppate le più felici teorie sociali ed hanno trovato esecuzione ideali innovativi rispetto al passato, basta pensare agli illuministi ed alla successiva rivoluzione francese, con i cambiamenti che sono intervenuti; oppure al primo fascismo, con il futurismo, i palazzi in stile imperiale, le trasvolate atlantiche, etc., non sempre è stato poi così nel prosieguo perchè  magari una bella teoria ha trovato pessima attuazione ed è degenerata rispetto ai presupposti per cui era nata (vedi comunismo), ma ogni inizio è sempre il periodo più splendido e più fecondo.

 

 Comunque anche se le realizzazioni pratiche delle nuove idee sono state deleterie per la società, in ogni caso hanno contribuito in quanto tali al sorgere di un nuovo modo di pensare generalizzato e una nuova coscienza della realtà oggettiva.

 

Struttura della società contemporanea

 

La nostra società (considerandola nel suo insieme mondiale) si manifesta sotto innumerevoli varianti, incongruenze, contraddizioni ipocrisie.

 

Ci sono stati che hanno governi democratici liberamente eletti; repubblicani o monarchici, altri che hanno governi democratici ma dittatoriali, altri che hanno governi assolutistici ma abbastanza democratici altri ancora repubbliche democratiche ma dittatoriali (vedi Cile di Pinochet e vari paesi del centroamerica), e altri paesi ancora con innumerevoli varianti sul tema.

 

 Andando ad analizzare quanti di questi sia un buon governo o no si può vedere che ciò non dipenda assolutamente dalla forma di governo, dal tipo di ideologia che lo supporta, dalla persona a capo del governo, ma soltanto ed esclusivamente dal modo in cui e’ gestito e dal sistema che ne supporta la gestione.

 

 Naturalmente è bene chiarire che cosa si intende per buon governo!!!.

 

 E’ senz’altro un buon governo quello che permette ai suoi cittadini (proporzionalmente alle risorse del territorio) :

 

=1 un’ equa ripartizione di dette risorse,

 

=2 un giusto tasso di intervento diretto del cittadino nella gestione dello stato,

 

=3 un insieme di leggi comunque applicabili, sia nel verso dallo Stato al cittadino sia dal cittadino allo Stato (compresi i

 rappresentanti dello stato in prima persona), o comunque qualcosa che si avvicini il più possibile a questo limite.-

 

 Non esiste, né è mai esistito, nessun governo che applichi queste tre basi fondamentali per il bene dei propri cittadini.

 Qualcuno, un po’ più degli altri, se ne avvicina, ma mai in nessuna epoca ciò è stato reso possibile da chi deteneva o detiene il potere.

 

 Su questo tema ci si potrebbe interrogare a lungo e si potrebbero trovare innumerevoli verità, tante più o meno valide argomentazioni, ma certamente la più vera e cruda e’ che chi detiene il potere si ritiene al di sopra delle leggi e degli altri cittadini, infatti a riprova di ciò sta’ il fatto storico inconfutabile che non esiste governo (in nessun luogo e in nessun tempo) che abbia abdicato al potere senza costrizione o un intervento cruento e violento dall’esterno.

 

Per violento non si intende incriminazione e prigionia dei dittatori-monarchi-presidenti che hanno dalla loro il sistema da loro eretto e plasmato (per capirci meglio : polizia, esercito, governo, burocrazia, chiesa, etc.), ma uccisione-massacro-sterminio-genocidio-guerra civile, all’interno della nazione, con centinaia di migliaia di morti di innocenti cittadini vittime del

sistema prima, e del trapasso del sistema poi. 

 

 Quindi chi ha da rimetterci in questi sconvolgimenti violenti e’ sempre il semplice cittadino, proprio perchè l’anello ultimo e più debole dei sistemi di governo fino ad ora applicati.

 

 Si potrebbe obiettare che le repubbliche democratiche si alternano al potere periodicamente con libere elezioni e rinnovano i loro governi continuamente, ………niente di più subdolo, marcio, falso.

 

 E’ senz’altro vero che i rappresentanti dei cittadini si alternano periodicamente al governo o all’opposizione (in sporadici casi!), ma essi non sono che rappresentanti di interessi precostituiti (delle lobbies degli industriali, dei sindacati, di settori finanziari, economici, di multinazionali, di partiti politici, della chiesa etc.) che cercano in tutti i modi legali, ma soprattutto illegali di far prevalere le tesi favorevoli al raggiungimento dei loro interessi particolari.

 

 In realtà il sistema non si rinnova affatto, perchè è si vero che i rappresentanti al governo cambiano, o dovrebbero cambiare in continuazione, ma gli interessi ed i fini, che gli avvicendanti, seppure diversi tra di loro, cercano di perseguire in realtà sono ben costanti nel tempo a dispetto dell’evoluzione della società, che procede per tutt’altri percorsi e destinazioni.

 

 Dipende da questa divaricazione fra la società virtuale (governo) e reale (cittadini) non più vincolate ed interagenti tra di loro (perchè basate sulla condivisione delle stesse basi tecno – socio – cuturali ) l’instaurarsi dei presupposti per lo scatenarsi delle forze degenerative del sistema,  a cui il sistema stesso, qualunque atteggiamento prenda al momento in cui se ne renda conto, non può più oggettivamente opporsi fattivamente e controllarlo.

 

I governi (potere, conservatorismo, caste, ordinamenti, oscurantismo, immobilismo) ed i cittadini (cultura, civiltà, scienza, azione, progresso,) parlano due linguaggi diversi, inconcilabili, incomprensibili ed incondivisibili l’uno agli altri.

 

E’ sempre stato così, ma ora la divaricazione culturale e comunicazionale non ha eguali.

 

 Ed e’ da ciò (dalla difesa ad oltranza del mantenimento del potere) che si creano ulteriori tensioni,  e la disgregazione del sistema attinge ulteriore energia che lo porterà comunque a vincere sul preesistente.

 

Tutto in maniera duramente e direttamente proporzionale.

 

 Tanto più la resistenza sarà feroce, spietata, incivile, oltranzista, tanto più l’esigenza alla libertà di comunicazione e di conoscenza si aprirà nuove strade comunicazionali, ad esempio “skipe”, il file transfer protocol, il p2p, il Pirat Partite, le organizzazioni anti DTM, etc..-

 

 Questo ci porta a conclusioni estremamente semplici :

 

=1 e’ del tutto inutile, illogico, semplicemente impossibile cercare di rallentare, ostacolare, impedire, i processi di sviluppo

 ed evoluzione della società , delle culture, della scienza, il Progresso procede per conto suo.

 

=2 occorre che il governo rappresenti costantemente gli interessi della maggior parte dei cittadini e non solo di frazioni di

 essi.

 

=3 non si può persistere ad libitum al perseguimento di un fine (pur valido giustificabile ed onorevole inizialmente,

 quand’anche mai lo fosse stato), sarà comunque sorpassato dal fluire del tempo (vedi Bertinotti ed i sindacati, che ormai 

 rappresentano quasi soltanto se stessi, perchè comunisti non ce ne sono più e metalmeccanici, per giustificare l’esistenza

 ed il ruolo politico del sindacato, ce ne  sono sempre meno).

 

=4 il sistema di governo deve essere mutabile con l’evolversi delle esigenze della società e non sclerotizzato, mummificato e

 ritorto su sé stesso come tutti i sistemi fino ad ora esistiti.

 

=5 deve essere ben chiaro che i cittadini sono lo “Stato”, non gli organi e le istituzione dello stato (e relativo sistema di

 Potere e di governo) “lo stato”.

 

=6 quindi i cittadini possono e devono cambiare il sistema se ciò torna utile alla maggioranza di essi.

 

=7 occorre fare sì che il divenire del sistema non sia traumatico e in sincronismo con la realtà sociale.

 

=8 occorre che le strutture statali siano quanto di più plastico e plasmabile si possa realizzare, in quanto si possano

  modificare in continuazione per poter andare in parallelo con la società attiva e fattiva (mutante) e appunto per questo

 non creare delle soluzioni di continuità nel divenire della realtà (che rappresenta innumerevoli variabili fra cui appunto

  anche le due qui citate).

 

Flessibilità dello “Stato”

 

 Il concetto espresso va analizzato un po’ più a fondo :

 

andando con la mente ai ricordi dei periodi appena precedenti le rivoluzioni ci sovvengono episodi di carestie, sofferenze, migrazioni, disoccupazione, povertà, etc. di interi popoli.

 

Eventi sviluppatisi successivamente in lotte di classe, richieste di miglioramenti economici da parte delle classi più misere (richieste sempre inaccolte da parte della società dominante perchè ciò avrebbe comportato sacrifici a cui essa non era abituata) per cui la parte di popolazione più debole era costretta per poter sopravvivere a compiere ruberie, rapine, rapimenti, e ogni sorta di delitti in una spirale sempre piu’ perversa e rapida che porta in fondo, al limite moralmente, eticamente, politicamente, economicamente più basso immaginabile.

 

 Comportando con ciò una dose ben più pesante di sacrifici, anche per le classi più benestanti, di quella che se fosse stata data inizialmente soddisfazione alle richieste di innovazione, probabilmente si sarebbe (anche solo parzialmente) ovviato a catastrofi così cruente, ampie ed empie.

 

 Non si può affermare che se qualche provvedimento fosse stato attuato in quel senso lo sviluppo della situazione sarebbe stato lo stesso, ma certamente si sarebbero potuti evitare sconvolgimenti così traumatici per la società.

 

 Questo divenire della società è inarrestabile a prescindere dalla volontà di “governismo” e qualunque iniziativa che gli Stati, i governi, le classi dominanti possano assumere, essa è destinata a cadere rovinosamente abbattuta dalla forza travolgente del progredire.

 

Come esempio negativo basta ricordare la forza dell’impero romano e l’imbattibilità delle sue legioni, ciononostante, seppure con tutte le modificazioni delle strategie, militari, seppure con l’integrazione nell’esercito dei popoli barbari confinanti, l’impero romano era predestinato al crollo e alla rovina perchè la massa delle popolazioni barbare semplicemente aveva più fame dei romani, più aggressività, più popolazione giovane, ed inoltre nuove tecniche di combattimento…. e non avevano nulla da perdere, ……….come i terroristi kamikaze palestinesi.

 

 Questa possibilità di flessibilità, di cambiamento costante e continuo, di rinnovamento il divenire dell’esistenza dei cittadini e dello “stato” e’ la libertà, e questo è il senso vero, la valenza prima che questo termine deve possedere.

 

 La libertà è prima di tutto libertà della popolazione nel suo insieme, di svilupparsi in qualunque senso essa voglia, anche del tutto inconsapevolmente e apparentemente incoerentemente. una società libera saprà ritrovare sempre gli equilibri giusti per smorzare le tensioni interne.

 

 Il giusto significato della parola "libertà" è questo e nessun altro.

 

 La libertà non è mai dell’individuo.

 

 La libertà non è parte dell’individuo.

 

 La proprietà della libertà è della società; che può farne partecipe l’individuo o gli individui, ma che non è comunque mai propria di tale individuo, ed esso può esserne privato in qualunque momento (lasciando ovviamente sempre attive le garanzie legali del cittadino) e senza preavviso se ciò torna essenziale e primario alla società nel suo insieme, non perchè lo dico io, ma perchè nei momenti topici della storia è sempre stato così e lo sarà sempre, perchè nei momenti critici l’individuo tende a salvare e preservare la specie : < …prima le donne ed i bambini>.

 

 Ognuno può trovare innumerevoli esempi a conforto. alcuni di questi possono essere :

 

Ø la tolleranza razziale, che in qualunque momento può cadere se ciò torna utile alla società;

Ø la schiavitù, che si può instaurare sotto più o meno mentite spoglie in qualunque momento, come succede anche oggi e senza che nessuno se ne accorga e reclami;

 

Ø le rivendicazioni sociali; che possono appellare ai ceti più diseredati la possibilità di giudicare le classi dominanti sui poco leciti arricchimenti ai loro danni fino ad allora tollerati.

 

Conclusione

 

Tutto queste manifestazioni e tensioni descritte in questo “escursus” possono ricondursi alle prime affermazioni espresse all’inizio di questa analisi, e cioè che la società, la politica, la cultura, tutte sono l’espressione della nostra personalità e dell’insieme delle identità dei gruppi di cittadini che si integrano in una qualunque forma di aggregazione per una qualunque condivisa azione partecipativa ad una qualunque forma di innovazione, di tentativi di tracciatura di nuove strade necessarie a manifestare esigenze dirompenti e prorompenti le regole e gli ordini preesistenti.

 

La visione della realtà è diversa da individuo ad individuo e mutevole istante per istante, e perciòstesso è impossibile il mantenimento di un istituto (quale che sia) che accomuni perennemente su un qualunque tema ed obiettivo anche il più nobile ed apprezzabile.

 

E quindi e a maggior ragione : 

 

A) che senso possono avere oggi aggregazioni come i partiti politici tutti costituiti a partire da mezzo ad un secolo or sono?

 

B) quali interessi perorano?

 

C) forse la difesa della piramide dei burocrati di partito?

 

D) quali istanze propongono?

 

E) forse quella delle prebende dei burocrati di partito?

 

F) quali privilegi difendono?

 

G) forse i vantaggi ed i preferitismi dei militanti di partito?

 

H) perche’ li difendono?

 

I) sarà perchè i partiti possono essere definiti anche “fazioni” che sono così  maldestramente ed antistoricamente faziosi?

 

Ecco perchè :

 

1) il sistema dei partiti politici va semplicemente abbandonato, perchè obsoleto, inefficace, inefficiente, non rispondente alla velocità di mutazione delle esigenze dei cittadini e della società, mezzo inadeguato e falso incapace di cogliere e rappresentare le istanze della società in progressione virulenta, ormai esplosiva;

 

2) bisogna invece creare una serie innumerevole ma limitata nel tempo di comitati ed aggregazioni orizzontali, a partire dal livello locale fino al livello nazionale, della durata strettamente necessaria al raggiungimento di pochi o singoli obiettivi.

 

3) in ogni caso comitati, organizzazioni, associazioni, senza strutture verticali, con partecipazione attiva degli aderenti, basato su tessuto orizzontale, volontario, gratuito;

 

4) con sistema preliminare di raccolta delle partecipazioni operante a mezzo internet o derivati, definito e determinato in ogni sua specificità con l’ausilio di sistemi informatici, fino alla fase finale dove la partecipazione torni alla tradizione e sfoci in manifestazioni partecipative democratiche quali cortei, scioperi, campagne di sostegno di interessi civici.

 

 

Per ora mi fermo qui.

 




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