mercoledì 6 luglio 2022 - Sabina Greco

Che fare?

Il tempo è sempre nemico dell’azzardo e sempre amico della forza autentica. Il tempo è amico di chi sta dalla parte della storia e nemico di chi è senza futuro. Il tempo smaschera sempre la forza finta e premia la forza vera.

[VASILIJ GROSSMAN]

Non a caso è lo stesso cuore che, a un tempo lontano e pur vicino, è a ispirare a lui Uomo, prima ancora di scrittore, le parole qui svelate - il cuore di coloro che si trovano a tracciare una stessa sorte, lor malgrado o per lor fattura, di dolore e sofferenza, di sangue e dannazione, maledetta rogna.

A volte mi assale la rabbia, si fa strada incontrollata, dalle viscere di un’anima indomita attanaglia il cuore, appanna la ragione, s’impossessa dei pensieri, come un serpente tortuoso che fa ribollire come pentola il gorgo quando si alza a spaventare i forti e a smarrirli per il terrore [GIOBBE 41]. Che fare quando un tempo sì amico insiste ad accompagnarsi senza tregua all’azzardo, allo scopo sempre e solo di lucro, alle imprese vaghe, alle sorti fatue, velando una forza autentica? Che fare quando un tempo sì amico insiste a coltivare senza posa ogni opposizione alla percezione lucida, ogni negazione dell’essere certo, palpabile e attento, tradendo il fatto umano e i suoi innesti, i suoi snodi, i suoi incastri? Che fare quando un tempo sì amico insiste ad assecondare senza sosta il mascheramento a scapito di una nuda sostanza ancora vessata, offesa e brutalizzata?

Che fare?

Una domanda che dovette, evidentemente, tormentare anche Černyševskij in quegli anni assai lontani dai miei in terra sua quando, nell’isolamento delle patrie galere, la fortezza dei Santi Pietro e Paolo a Pietroburgo, compose la sua fatica Che fare?, uno scritto in parte romanzo e in parte opera di propaganda. Uno stesso scritto che incantò il Lenin giovane apprendista, quando lo rilesse con maggior attenzione, ricercando in esso le ragioni di una via maestra del fratello Alexandr che a condurlo fu dritta al patibolo.

Il romanzo di Černyševskij… affascinò e soggiogò mio fratello. Soggiogò anche me. Mi sconvolse completamente e più volte… È inutile leggerlo quando si ha ancora il latte della madre sulle labbra. Il romanzo di Černyševskij è troppo complesso, troppo pieno di pensieri e di idee per esser compreso e valutato in giovane età. Io stesso avevo cercato di leggerlo… quando avevo quattordici anni… ma fu una lettura inutile e superficiale, che non portò a nulla. Ma allora, dopo la condanna di mio fratello, sapendo che il romanzo di Černyševskij era stato uno dei suoi libri preferiti, cominciai quella che risultò un vera lettura e meditai sul libro non diversi giorni, ma diverse settimane. Solo allora ne compresi tutta la profondità. È un libro che ti dà la carica per tutta la vita. [RONALD W. CLARK]

Cosa fece Lenin poi, nel bene e nel male, lo abbiamo visto. Cosa fecero i suoi sodali in suo nome, il popolo ucraino lo ha vissuto e li ha segnati profondamente. Ancora dagli abissi di un’angoscia, di un affanno, di un rovello si affacciano larve e gorgoni di una furia mai andata a torturarli e a torturare, come un invasore rapace nella notte che in vesta di pastor plana silenziosamente sulla preda, l’afferra con gli artigli e la stordisce con il dardo.

Per mia sorte qui propizia non ho mire internazionalmente radicalizzate, non ho sete di potere, non ho fame di rivalsa.

Non mi garba la repressione.

Non m’incanta la violenza.

Non ho risposte universalmente giuste, degne o acconce da servire, se non quella, per me sola, di resistere e di seguitare a fare ciò che faccio - ciò che fanno - e ad essere ciò che sono - ciò che siamo - nel bene e nel male. Si farà amico ancora il tempo, più dell’Uomo certamente. Come loro non ho scelta.




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