mercoledì 23 gennaio 2019 - Antonio Moscato

Caso Battisti: giustizia fai da te

di Cinzia Nachira

L’arresto di Cesare Battisti in Bolivia, la sua discutibilissima e immediata estradizione in Italia, ci pone per l’ennesima volta di fronte al fatto che il nostro Paese non è in grado, per ignoranza e malafede, di fare i conti con il proprio passato: dal periodo coloniale e i crimini commessi in Libia, Eritrea ed Etiopia; sulla collaborazione attiva del fascismo e delle sue strutture poliziesche ed amministrative nella deportazione e nello sterminio degli ebrei italiani a partire dal 1938 – anno in cui furono promulgate le leggi razziali; per terminare con la vicenda dei cosiddetti “anni di piombo”, tra la fine degli anni settanta e la metà degli anni ottanta del ‘900. 

Questi ultimi sono stati enfatizzati con lo scopo preciso di mischiare le carte e di minimizzare le stragi di Stato ad opera di gruppi neofascisti e neonazisti organici, fino a volte a coincidere, con alcuni settori dei servizi segreti e di altre strutture dello Stato, iniziate con piazza Fontana nel 1969. Il nostro Paese è stato molto attivo nella protezione di molti criminali nazisti, che attraverso l’Italia hanno potuto raggiungere l’America Latina e i Paesi Arabi (per non parlare dei tanti gerarchi fascisti che all’indomani della liberazione si sono riciclati in diversi apparati statali e hanno beneficiato di amnistie generalizzate). Coloro che oggi festeggiano l’arresto di Cesare Battisti sorvolano, ovviamente, sui tanti estremisti di destra che hanno avuto “condonati” i loro crimini, oppure vivono tranquillamente all’estero. Due nomi per tutti: Roberto Fiore e Delfo Zorzi.

La polemica sul gesto disgustoso ed idiota del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ha inviato via Facebook un video che doveva sintetizzare la giornata del 14 gennaio è segno, forse, che in Italia c’è ancora qualcuno che riesce ad indignarsi, almeno quando si supera la soglia del ridicolo. Anche se poi la grande stampa (quasi all’unisono), che oggi stigmatizza il video di Alfonso Bonafede, in questi ultimi anni non ha avuto difficoltà ad usare linguaggi sensazionalistici e spesso ha enfatizzato con titoli cubitali false notizie su cui sono state costruite campagne per creare una sorta di union sacrée intorno al “nemico” (ricordiamo solo due episodi: i cosiddetti “fatti di Colonia” nel gennaio 2016 e “l’Isis a sud di Roma” nel febbraio 2016). Se molti commentatori sui giornali più importanti esprimono lo sdegno per un ministro che ignobilmente espone una persona in stato arresto come un fenomeno da circo e un trofeo, questa indignazione spesso si basa sulla critica mossa ad Alfonso Bonafede di “aver offerto a Cesare Battisti” l’occasione di trasformarsi in vittima, da carnefice quale deve essere riconosciuto. Nessuno, o pochissimi, dei commenti che da giorni invadono giornali, TV, siti Web, ecc. si pongono la domanda su quanti e quali diritti di Cesare Battisti siano stati violati con questa operazione tutta politica e che coinvolge almeno tre Paesi – Italia, Bolivia e Brasile – che non hanno avuto difficoltà a calpestare anche le basi della cultura giuridica liberale, che nonostante i suoi limiti e l’uso spesso strumentale per difendere interessi “particolari” di chi è al governo o più genericamente delle classi dominanti è oggi il quadro nel quale comunque vengono garantiti i diritti individuali e collettivi. Infatti il governo italiano di estrema destra trova la cultura giuridica italiana un intralcio da eliminare con nuove proposte di legge liberticide come il decreto sicurezza e la legge sulla “legittima difesa”. Per non parlare del disprezzo della Costituzione che Matteo Salvini e Alfonso Bonafede, come l’intero esecutivo, calpestano disinvoltamente.

In questo desolante quadro, ci sono delle domande semplici, semplici a cui il nostro governo, quello boliviano e quello brasiliano dovrebbero rispondere, se qualcuno le ponesse. La prima domanda è: quale diritto avevano le autorità boliviane di “concedere l’estradizione” di un cittadino straniero dal loro territorio quando quest’ultimo aveva un permesso di soggiorno permanente in un secondo Paese, il Brasile, dove era in corso l’estradizione? Le dichiarazioni delle autorità boliviane sembrano dare ragione a chi dubita fortemente dell’onestà del governo di Evo Morales. Infatti, solo dopo il rientro di Cesare Battisti in Italia, un balbettante militare boliviano ha sostenuto che la richiesta di asilo gli era stata rifiutata il 26 dicembre. Questo argomento che avrebbe dovuto giustificare l’atteggiamento del governo boliviano invece apre ad altri moltissimi quesiti. Soprattutto uno: perché Cesare Battisti, dopo l’arresto, non è stato rimandato in Brasile? La duplice risposta è sconcertante: se fosse rientrato in Brasile avrebbe potuto avvalersi dei suoi avvocati, che invece in questo modo non potevano fare nulla per difendere il loro assistito. Per un altro verso, si dice che se l’estradizione fosse avvenuta dal Brasile Cesare Battisti si sarebbe potuto sottrarre all’ergastolo che gli era stato comminato nel 1981 (anno della sua evasione e l’inizio della latitanza), perché nonostante tutto Michel Temer (l’autore del golpe parlamentare contro Dilma Roussef) il predecessore di Jair Bolsonaro, ed anche quest’ultimo, per quanto è probabile lo desiderino, non hanno potuto del tutto ignorare la Costituzione brasiliana che non prevede la pena dell’ergastolo e quindi l’accordo raggiunto con il governo Gentiloni nel 2017 comprendeva l’impegno da parte dell’Italia a “limitare” la pena da scontare a trenta (diconsi 30!) anni di carcere. Ma visto che Cesare Battisti ha sessantaquattro anni qualcuno dovrebbe spiegare in definitiva la differenza tra le due pene visto che eventualmente tornerebbe libero a novantaquattro (diconsi 94!) anni. In questo atteggiamento il governo italiano ha superato perfino il governo del fascista Jair Bolsonaro, fatto che dà la misura della gravità di tutta questa vicenda.

Il Brasile voleva liberarsi di un ingombrante “ospite”, l’Italia aveva bisogno di un ennesimo capro espiatorio e la Bolivia “ha fatto il favore” di facilitare il tutto. Tutta questa vicenda è allarmante perché con clangore di tromba ogni genere di appello allo stesso diritto liberale è stato reso impossibile. In questo quadro si inserisce anche il travisamento ad arte della cosiddetta “dottrina Mitterand”, che ha consentito a molti protagonisti della stagione della lotta armata di sottrarsi alle leggi speciali emanate in Italia negli anni ottanta. Quando François Mitterand rifiutava l’estradizione di molte persone ed offriva loro rifugio, non lo faceva, come oggi sostengono in tanti – partendo da quel personaggio disgustoso che è Matteo Salvini (ma non è il solo, e questo è ben più grave) – per una sorta di “complicità” francese con i gruppi armati dell’estrema sinistra in Italia, ma perché le leggi speciali erano una distorsione giuridica che ha messo in discussione il diritto di difesa, la presunzione di innocenza ed ha introdotto reati di opinione. Tutto questo era inaccettabile giuridicamente dalla Francia e François Mitterand (che certo non era un estremista, né era estraneo a molte pagine nere della storia francese) altro non ha fatto che dare priorità al diritto invece che alla vendetta pura e semplice.

Oggi sbandierare l’arresto di Cesare Battisti come “solo l’inizio” è una minaccia esplicitamente fatta dal ministro degli interni italiano verso tutti noi che ancora pensavamo di poterci appellare almeno al diritto liberale, già molte volte calpestato ed ignorato. Ovviamente, per fare questa considerazione non è necessario condividere oggi o averlo fatto in passato il progetto politico, tantomeno i metodi per realizzarlo, in cui credeva Cesare Battisti. Siamo convinti che la storia non si possa processare, senza per questo voler assolvere nessuno dalle proprie responsabilità individuali, neanche Cesare Battisti. I bilanci storici e politici sono indispensabili per riacquistare quella consapevolezza necessaria per non commettere vecchi errori e perché il nostro presente, ma ancor più il nostro futuro, non sia costruito sulle scorciatoie e sui capri espiatori. (c.n.)




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