mercoledì 15 maggio - Phastidio

Case verdi fritte alla fermata del bonus

Approvata definitivamente la direttiva Case Green, gli italiani scoprono di aver esaurito col Superbonus i soldi pubblici per contribuire agli interventi necessari. Tranquilli: il circo partitico ha già pronte le "soluzioni"

Venerdì scorso i ministri delle Finanze del Consiglio Ue hanno confermato l’accordo, raggiunto a dicembre col parlamento europeo, sulle norme per rendere il parco immobiliare dell’Ue a emissioni zero entro il 2050. L’accordo dovrà essere confermato dai governi nazionali ed entrerà in vigore venti giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue. Gli stati avranno due anni per recepire la direttiva. La versione finale attenua i vincoli proposti dalla Commissione: qui c’è una sintetica lista degli obiettivi previsti.

PIÙ FLESSIBILITÀ AGLI STATI

Prevista, rispetto alla versione iniziale, maggiore flessibilità e ruolo degli stati nazionali nella definizione delle priorità di intervento. Saranno infatti gli Stati membri a definire non solo le eventuali esenzioni dalla norma, ma anche tutte le misure e gli incentivi necessari a raggiungere gli obiettivi stabiliti. Gli Stati membri potranno adeguare gli obiettivi in base all’effettiva disponibilità di manodopera qualificata e alla fattibilità tecnica ed economica dei lavori di ristrutturazione.

Ciascun Paese dovrà redigere un piano nazionale di ristrutturazione prevedendo misure che facilitino l’accesso a finanziamenti, un sistema di benefici per ristrutturazioni rilevanti, sovvenzioni per famiglie vulnerabili e istituzione di punti informativi sull’efficientamento energetico edilizio.

La (nutrita) lista di esenzioni comprende edifici e monumenti sottoposti a tutela (immobili storici o dal particolare valore architettonico); edifici collocati in zone vincolate e protetteedifici residenziali usati meno di quattro mesi all’anno o per un periodo limitato dell’anno o con un consumo energetico previsto inferiore al 25 per cento del consumo che risulterebbe dall’utilizzo durante tutto l’anno (ossia le seconde case); edifici di cultostrutture considerate temporanee (uffici di cantiere e stabilimenti balneari).

La Commissione europea stima che entro il 2030 serviranno 275 miliardi di euro di investimenti annui per la svolta energetica del parco immobiliare, ovvero 152 miliardi di euro l’anno in più rispetto alle risorse correnti. Non sono previsti finanziamenti dedicati ma i Paesi potranno attingere ai fondi Ue per sostenere la svolta: tra questi, il Fondo sociale per il clima, il Recovery fund e i Fondi di sviluppo regionale. 

Italia e Ungheria hanno votato contro l’intesa, mentre Repubblica Ceca, Croazia, Polonia, Slovacchia e Svezia si sono astenute. 

RUDERI ITALIANI

Ma quali sono i numeri per l’Italia? Secondo le stime dell’associazione italiana dei costruttori edili (Ance), su 12 milioni di edifici residenziali oltre 9 milioni non sarebbero idonei alle prestazioni energetiche richieste. Inoltre, secondo l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), circa il 75 per cento degli immobili presenti nei comuni italiani risulterebbe realizzato prima della Legge 10/1991, la norma che regola i consumi di energia negli edifici pubblici e privati.

Sempre secondo stime Enea, il 74 per cento delle abitazioni italiane, cioè 11 milioni, apparterrebbero a classi energetiche inferiori alla D. In dettaglio, 34 per cento in G, 23,8 in F e 15,9 E. In base alla direttiva Ue “Case Green”, gli edifici che dovranno essere ristrutturati in Italia entro il 2033 perché non rientranti nelle regole sono almeno due milioni.

Si tratta, come sappiamo, dell’ennesima manifestazione del cosiddetto eccezionalismo italiano. Noi siamo diversi, abbiamo un parco immobiliare mediamente vecchio con ampie quote di autentica decrepitezza, il mondo e la Ue non ci capiscono. Di questo tema ho scritto tempo addietro, indicando quanto fatto dalla Francia in termini di prescrizioni e contributi pubblici.

Le misure francesi mi sono parse equilibrate e un compromesso accettabile tra impegno di risorse collettive e sforzo richiesto ai proprietari di immobili. In quella occasione ho anche segnalato l’ovvio e cioè che, prescindendo da prescrizioni e incentivi, alla fine sarà il mercato a giudicare gli interventi, segmentando le quotazioni in funzione dell’efficienza energetica. La scoperta dell’acqua calda, praticamente.

VOLPI A GUARDIA DEL POLLAIO RISTRUTTURATO

La reazione della politica italiana è stata, comme d’habitude, grottesca. Menzione d’onore per il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, che dopo l’approvazione definitiva della direttiva si è espresso in questi termini:

Abbiamo votato contro la direttiva sulle case green, si è concluso l’iter. Il tema è chi paga. Abbiamo esperienze purtroppo note in Italia. È una direttiva bellissima, ambiziosa, ma alla fine chi paga? Noi abbiamo esperienze in Italia in cui pochi fortunelli hanno rifatto le case grazie ai soldi che ci ha messo lo Stato, cioè tutti gli altri italiani e diciamo che è un’esperienza che potrebbe insegnare qualcosa.

Direi che, per questa dichiarazione, Giorgetti vincerà in scioltezza l’Oscar quale miglior attore non protagonista. Di una stagione di autentiche follie chiamate Superbonus, a cui anche il suo partito ha trovato modo di partecipare, mi pare. Qualcuno ha detto che l’unico premio da assegnare, per questo tipo di esternazioni, sarebbe quello Giachetti, ma cercherò di restare sobrio e non mi accoderò a questa valutazione.

L’Italia ha peraltro ottenuto che le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 vengano conteggiate ai fini dell’obiettivo di efficienza. In altri termini, e per usare il lessico giorgettiano, circa mezzo milione di “fortunelli” forniranno un contributo al posizionamento italiano nello sforzo di decarbonizzazione, mentre tutti intoneremo quello che è il vero inno nazionale di questo disgraziato paese.

Il segretario federale di Giorgetti nonché ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini, noto per le sue liste (“le mamme, i bimbi, il ponte, il lavoro, la salute, le democratiche elezioni russe, la pace fiscale, la pace edilizia”) è già sul piede di guerra e mendica il voto alle elezioni europee per dare un bel drizzone a questa Ue eco-woke. Nel frattempo, per non perdere l’esercizio, rilancia l’altro imprescindibile intervento in prospettiva elettorale, facendo sfoggio -ovviamente- dell’ennesima lista:

Tutto bello: si cambia la moto, la macchina, il furgone, il camion, la caldaia, i serramenti, ma chi paga? Noi, come governo, abbiamo un approccio diverso: all’eurotassa sulla casa stiamo rispondendo definendo, e conto arrivi nei prossimi giorni in consiglio dei ministri, un piano salva casa che tende a sanare, regolare, liberare tutto quello che è all’interno degli immobili.

Della serie “non guardarmi, non ti sento”, ecco una ricca porzione di cavoli. Perché è sempre ora di merenda, soprattutto per Salvini. Ma le italiche reazioni pavloviane sono ad ampio spettro. Ad esempio, i cocomeri di Alleanza Verdi Sinistra hanno già proposto di finanziare le ristrutturazioni con una bella patrimoniale “sulle grandi ricchezze” e l’immancabile tassa sugli extraprofitti di banche e società energetiche. Strano, niente Big Pharma, la cosa suona sospetta. La mancanza verrà certamente colmata dal M5S e dal suo leader, l’Avvocato del Popolo, cioè da coloro che hanno creato e difeso il Superbonus. In pratica, abbiamo ristrutturato ecologicamente il pollaio per consentire il massimo comfort alle volpi durante il loro turno di guardia.

Seguiranno poi i “moderati” della rinata Forza Italia, partito che ha sconfessato le mie previsioni che lo vedevano a scadenza come lo yogurt per motivi strettamente biologici. Evidentemente, loro esprimono quella incoercibile domanda di “moderatismo” italiano che consiste nel farsi gli affari propri ma con lessico educato e tono di voce basso. Sono quindi moderatamente certo che il partito guidato da Antonio Tajani chiederà in sede europea lo scorporo dal deficit dei costi di ristrutturazione, magari invocando Don Sturzo e la sussidiarietà.

Quello su cui mi preme attirare la vostra attenzione è, ancora una volta, il concetto di costo opportunità o di tradeoff, quello di burro e cannoni che da noi diventano cannoli. Che si conferma esattamente la bestia nera del mainstream culturale italiano. Ma non stupitevi: conferma anche che siamo degli eccellenti cristiani: sempre con cuore e menti rivolti alla moltiplicazione di pani, pesci e bonus. A tutto il resto, penserà il mercato immobiliare.




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