giovedì 31 gennaio 2013 - Traiettorie Sociologiche

Cartoni animati: colonne sonore della vita

Erano le 18.45 del 4 aprile del 1978 – scrivono, anche se non proprio con queste parole, Mirko Fabbreschi e Fabio Bartoli – quando dal Secondo Canale Tv esplode la sigla del cartoon giapponese che fece di fatto (anche se il cartoon Heidi l’aveva preceduto) da apripista alla produzione del Sol Levante in Italia con tutta la forza delle armi del futuro e la potenza delle astronavi aliene: Atlas UFO Robot. Goldrake, insomma.

Dalla breccia aperta da Goldrake fluirono poi tutti gli altri, da Mazinga a Lupin, dall’Ape Magà, a Lady Oscar, oltre a tanti eroi appartenenti alla tradizione dell’immaginario occidentale per bambini, a incominciare da Pinocchio per arrivare ai Puffi, che fossero di produzione nipponica o meno…

Ma le sigle? Da dove venivano, quelle per la trasmissione delle storie di questi personaggi in Italia? Chi le realizzava? E hanno avuto un ruolo nel successo di questa generazione di cartoni animati, che di fatto sostituirono quelli della “tradizione” occidentale? Quelli di Walt Disney, di Hanna & Barbera, della Warner Bros?

Un peso sicuramente lo hanno avuto: le ricordiamo ancora, le risentiamo, gli studenti medi – raccontano Fabbreschi e Bartoli nel loro Cartoon Heroes. Gli artisti di trent’anni di sigle TV edito da Kappalab di Bologna– le hanno elette ad inni durante le loro manifestazioni di protesta, nel 1997 e nel 2003, ad esempio.

Riprova del fatto che sono sopravvissute alla generazione di bambini e ragazzi “coetanei” all’arrivo dei cartoni giapponesi in Italia, hanno accompagnato anche i fratelli minori – e i figli! – di costoro, si sono installate definitivamente nel nostro immaginario musicale. Fanno parte, ormai della colonna sonora della nostra vita. E sono macchine della memoria ancora perfettamente funzionanti.

A chi in quegli anni cominciava ad occuparsi di produzioni culturali con un approccio diverso da quello delle accademie, magari in termini di “industria culturale”, di “cultura di massa”, studiando sui testi di Walter Benjamin, Umberto Eco, Edgar Morin, Alberto Abruzzese – e collocandosi così in un’area ostracizzata e stigmatizzata – sembrò una conferma alle proprie riflessioni: il definitivo affermarsi anche nel nostro paese delle forme estetiche della modernità, l’uscita dall’artigianato nella produzione dei cartoni animati e il loro ingresso nell’era dell’“alta tecnologia”, il ritorno della fantascienza in Tv, certo, ma soprattutto la fusione dei generi e dei media, i primi passi verso quella che oggi possiamo definire post-serialità (Brancato, 2011), solo un anno dopo la messa in vendita dell’Apple II e a un passo dalla diffusione sul mercato di massa Vic 20 della Commodore.

E in questo processo la musica diventava cruciale. Già è colonna sonora della quotidianità giovanile, grazie alla diffusione delle “radio libere”, che hanno raccolto il testimone di trasmissioni Rai come Bandiera gialla, Per voi giovani o Hit Parade, rotto il monopolio delle scelte Rai, e allargato all’intera giornata uno spazio sonoro che era confinato a qualche ora pomeridiana. Si prepara a “personalizzare” il trascorrere della giornata, a creare nicchie semoventi di privacy anche nelle strade e nei metrò più affollati – solo un anno dopo – con la distribuzione sul mercato dei primi walkman Sony, i riproduttori portatili con cuffietta che allora gestivano le audiocassette e poi si convertiranno ai cd, ponendo su un piano già tardomoderno la dinamica fra dimensione individuale e collettiva, rendendo possibile l’isolamento – sonoro – anche fra la folla, sostituendo quei grossi radioregistratori – i ghetto blaster – che li avevano preceduti…

Insomma, uno snodo storico, importante, nella trasformazione del rapporto fra le identità e il mondo, in cui convergono nuove tecnologie, riarticolazioni dei generi narrativi e dei media – e dell’uso dei media da parte del pubblico.

Gli anime sono del tutto dentro questo processo, lo accompagnano, lo stimolano, ne sono parte. Propongono modalità ideative e produttive nuove, ed una dimensione trasversale ai gusti, alle età, agli immaginari (cfr. Pellitteri, 2008; Signori, 2011).

E le sigle musicali che vengono create per loro ne marcano la natura, i caratteri. Sono parte del piacere stesso che i cartoni procurano.

Acquistano una tale forza intrinseca da diventare indipendenti dall’oggetto per cui sono state scritte, come scrivono i due autori: “Se c’è una cosa che ci accomuna tutti è di ricordare alcune sigle TV senza però aver mai visto il relativo cartone animato”.

Merito, evidentemente, di tutti coloro che vi lavoravano, dagli autori, agli interpreti, ai produttori. Il che – scrivono Fabbreschi e Bartoli – rende lecito conferirgli il titolo di veri e propri eroi, di “Cartoon Heroes”, così che i due autori ne fanno i protagonisti del loro saggio, a cominciare dalle orchestre che hanno registrato le sigle, per passare ai gruppi, poi ai singoli, e finire con i produttori – fra tutti i protagonisti di questo plotone che si muoveva dietro le quinte, forse i più oscuri e sconosciuti.

In pratica, un anticipo di come, a partire da un segmento specifico dell’industria culturale, si organizzerà la produzione di merci estetiche nel tratto finale del XX secolo, pur con tutte le resistenze che il mutamento sociale e l’adeguamento ai nuovi stili di consumo e di vita troveranno in Rai (Brancato, 2007).

Una riprova comunque del grande patrimonio di creatività estetica, di attenzione all’evolversi del gusto, ma anche di “sensibilità” artistica che animava coloro che allora “abitavano” il mondo dello spettacolo fra Rai e mercato.

Non una banale “operazione nostalgia” come si potrebbe pensare, quella articolata da Fabbreschi e Bartoli, ma un contributo alla memoria del presente, che colloca le sigle dei cartoons Tv nello stesso universo di tutti quei brani musicali che, nati negli anni del beat e del pop come “canzonette” per adolescenti, considerati con ironia dagli adulti di allora, sono diventate classici del paesaggio sonoro che abitiamo quotidianamente, saccheggiate sistematicamente dai creativi delle agenzie di pubblicità per i propri spot. Piccoli capolavori, almeno alcuni di loro, destinati anch’essi a diventare dei classici, se già non lo sono, che possiamo riascoltare dal cd allegato al volume.

Brancato S., Senza fine Immaginario e scrittura della fiction seriale in Italia, Liguori, Napoli, 2007.

Brancato S., Post-serialità Per una sociologia delle tv.series, Liguori, Napoli, 2011.

Pellitteri Marco, Il drago e la saetta, Tunué, Latina, 2008.

Signori, Giorgio, La fabbrica dei cartoon, Tunué, Latina, 2011.

di Adolfo Fattori




Lasciare un commento