Carabiniere aggredito da ultras: tra autorità e autoritarismo
Notizia di questi giorni, il Ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha conferito un encomio solenne al carabiniere che trovandosi assediato da un gruppo di tifosi della Lazio ha desistito dallo sparare, si è tirato indietro, è scappato.
Le motivazioni del riconoscimento “È stato di una lucidità e di una professionalità straordinarie”, ha poi continuato il Ministro «I nostri militari sono esposti ogni giorno al pericolo, servono maggiori tutele, quando i nostri uomini intervengono, devono sentirsi garantiti e servono pene certe». Come dargli torto, quest’anno sono stati feriti oltre 1500 carabinieri e di questi quasi la metà ha riportato lesioni con prognosi superiore ai 5 giorni. Una vera mattanza, con costi per la comunità non trascurabili.
Il web pro e contro l’indietreggiamento del carabiniere
Sul web si è scatenata la bagarre tra i decisionisti e buonisti, tra chi pensa avesse dovuto sparare e chi ritiene sia stato un esempio di equilibrio e buonsenso. C’è chi richiama dell’Art.53 del Codice Penale sostenendo che avrebbe potuto sparare e non sarebbe stato punibile, il pubblico ufficiale che fa uso di armi non è punibile quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza al fine di adempiere al proprio dovere. C’è chi afferma che lo spauracchio della condanna è più pregnante dell’incolumità fisica, dietro un’eccessiva difesa si nascondono complicazioni, processi, gogna mediatica che è meglio evitare. Non dimentichiamo che vale sempre la regola che a pari offesa pari difesa, per non parlare dei problemi di coscienza che si insinuano e non dipendono dalla condanna penale o sociale. Fin quando non partono le schioppettate non è auspicabile rispondere ai sassi col fuoco. Sembra un circolo vizioso difficile da interrompere, tra la paura di subire violenza fisica oppure di finire sotto processo. Ingrato compito quello del poliziotto.
Le due verità
La spaccatura sul web è profonda e nasconde due verità altrettanto valide, da un lato l’esigenza che lo Stato affermi la sua autorità, dall’altro contenere un possibile scivolo di autoritarismo fine a se stesso. Da una parte è inaccettabile che un gruppetto di tifosi ultrà sbeffeggi, improvvisi una sassaiola contro un carabiniere, dall’altro ci si chiede, vale la pena iniziare una sparatoria la cui evoluzione potrebbe essere ben più grave della salvaguardia di un principio astratto. D’altra parte, quando guardiamo cosa accade nei paesi del nord Europa con poliziotti senza pistole, il problema non si pone se sparare o indietreggiare.
La questione non è solo mancanza di rispetto delle istituzioni, ma di un humus culturale, sociale, giuridico che investe una intera comunità. Non è un problema di guardie e ladri, di carabinieri pusillanimi e tifosi esaltati, non si risolve con un encomio, tanto meno a gridargli addosso vigliacco o suggerigli che poteva sparare e farla franca.
Chi paga e chi resta a guardare dalla finestra
La tematica evidenzia la totale mancanza di una responsabilità condivisa, che fine hanno fatto tutte quelle forze direttamente collegate all’episodio? Le società di calcio, le tifoserie, televisioni, radio e giornali che vivono ed alimentano un mercato facendo ricadere i costi sulla restante parte di società, a cui il calcio non interessa lontanamente. Non dimentichiamo che spesso e volentieri sono proprio tv, radio e giornali ad alimentare antagonismi, polemiche, concorrenza tra tifosi. Si è sempre parlato di far pagare l’ordine pubblico alle società di calcio, di inasprire le pene per chi vandalizza gli stadi, treni, mezzi pubblici, negozi, cosa aspettano i politici a prendere sul serio il problema. Oltre 1500 carabinieri feriti ogni anno corrispondono a giorni di assenza da lavoro, a equo indennizzi, pensioni privilegiate, che hanno un costo sociale per tutti i cittadini, per non parlare di danni alle strade, macchine, negozi che puntualmente questi vandali tifosi compiono, possiamo mettere tutto a tacere con un encomio? Oppure bastava sparare ad uno per educarne cento? Aspettiamo che le forze dell’ordine si mettono alla caccia di questi teppisti, li arrestano e poi il Ministro conferirà un altro encomio per la solerzia nelle indagini? E’ certo che questo Encomio svaluta il valore in se dell’onoreficenza, in Svezia, Danimarca, Gran Bretagna, Norvegia il Ministro omologo di Elisabetta Trenta dovrebbe conferire encomi ai carabinieri ogni giorno per non aver usato la pistola. Inoltre, se a questo carabiniere è stato dato un encomio solenne per non aver sparato, preferendo scappare difronte ai teppisti, per quell’altro suo collega finito nella statistica dei feriti, invalidati per aver sostenuto la posizione senza indietreggiare e sparare, quale onorificenza gli va attribuita? Senatore della Repubblica?
Il dubbio quotidiano del carabiniere
Una cosa è evidente, gli operatori di pubblica sicurezza sono l’anello debole di questa catena, ogni giorno nel dubbio amletico se subire un processo per uso eccessivo della forza oppure vittime di delinquenti di ogni genere. L’encomio del Ministro non aiuta a sciogliere i dubbi, ha dato un segnale preciso, “..meglio tirarsi indietro, meglio evitare..”, fino a che punto questa potrebbe diventare la prassi da attuarsi quotidianamente per affermare la presenza delle istituzioni sul territorio?
Ferdinando Chinè