venerdì 1 febbraio 2013 - paolodegregorio

Campagna elettorale: il festival della finzione

Credo che la dote più richiesta per entrare in politica sia la doppiezza, seguita dalla assenza di etica e di principi morali, meglio se accompagnate da ignoranza e ricattabilità, con una forte propensione a violare o aggirare le leggi, il tutto ispirato da un unico credo: fare soldi o perlomeno sistemarsi a vita, pensione compresa.

L’attuale meccanismo che governa l’accesso alla politica e che ci offre l’attuale classe dirigente, è controllato dai partiti politici che nel tempo si sono trasformati in apparati burocratici, molto organizzati, con molti soldi del finanziamento pubblico, in sinergia con i sindacati confederali, che, dopo aver abbandonato il rapporto democratico con la base e il territorio, si sono trasformati in organizzazioni chiuse, autoreferenziali, con pochi dirigenti inamovibili a dettare la linea, con congressi finti, in cui si sa in anticipo il risultato, con finte primarie come quelle Bersani-Renzi in cui vince sempre l’apparato con le centinaia di migliaia di persone che vivono di politica, di sindacato o nelle COOP.

Le persone perbene non arrivano in politica, nel senso che non ce le fanno arrivare, e nei rari casi in cui ci arrivano, tipo Franca Rame nell’IDV, se ne vanno disgustate perché tutto si decide in alto e sei in Parlamento solo a schiacciare bottoni a comando.

C’è poi da considerare l’osceno ruolo delle televisioni pubbliche e private che tengono in vita artificiale i politici più noti, allontanandoli sempre più dal territorio e dal rapporto diretto con la popolazione, costituendo così un superpotere di orientamento politico prevalentemente in mano alla destra.

Va aggiunto a questo quadretto della “sovranità popolare” il peso della Chiesa cattolica, che orienta con le sue capillari strutture territoriali, con le sue opere, la radio, la televisione, le scuole parificate, milioni di persone (e non certo in senso progressista) aiutata dall’8 per mille che fa arrivare ogni anno nelle casse del Vaticano la bella cifretta di duemila miliardi delle vecchie lire.

Non c’è certo da stare allegri, e non è facile parlare di democrazia, in presenza di questo sistema integrato di poteri forti, a cui purtroppo bisogna aggiungere massonerie, mafie, servizi deviati, presenza militare USA, speculazioni finanziarie sul fallimento dell’Italia ad opera dal più forte dei superpoteri che è quello delle banche internazionali.

Comunque da queste elezioni politiche non c’è da aspettarsi un granché. I due partiti maggiori PD e PDL non hanno sostanziali differenze in politica economica, sono entrambi partiti di centro e nessuno dei due sa da che parte cominciare per ottenere la famosa “ripresa” e l’unica opzione realistica sarà quella di far governare un Monti-bis.

L’unica novità vera potrebbe essere un buon risultato del Movimento 5 Stelle, nell’ordine possibile del 20% in grado di dare visibilità al proprio programma di regole di salute pubblica, dall'ineleggibilità dopo due legislature, alla fine del duopolio RAI-Mediaset, all'eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti e all’editoria, e contemporaneamente rilevare ai cittadini tutti gli inciuci, gli imbrogli, gli accordi sotto banco che si fanno in Parlamento.

Per ora in questa campagna elettorale si sprigiona una puzza di vecchia politica in decomposizione, con trovate tipo quella di comprare Balotelli o di Ingroia diventato bidone aspiratutto che ha riesumato vecchi partitini trapassati, capaci solo di litigare e dividersi.

 




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