giovedì 31 agosto 2017 - Antonio Gallo

Cambiamenti digitali, cambiamenti esistenziali

Ogni grande rivoluzione tecnologica coincide sempre con grandi mutamenti esistenziali che provocano cambiamenti psicologici e comportamentali. Sono cambiamenti in termini di sensibilità, consapevolezza e visione del mondo.

Essi non sempre riescono ad integrarsi con la nuova tecnologia anche se molti mutamenti erano prevedibili o addirittura già in atto. La rivoluzione digitale ha messo in evidenza tutto questo, fa pensare a tutti quei mutamenti accaduti con l'invenzione della stampa che provocarono quelle grandi trasformazioni che nessuno a quel tempo tempo avrebbe potuto prevedere, ma che si sono poi verificati.
 
Quando la scrittrice inglese Virginia Woolf , in uno dei suoi diari disse che, intorno al mese di dicembre del 1910, il carattere dell'Uomo cambiò, fu in anticipo sul suo tempo di oltre cento anni. La medesima cosa possiamo dire noi oggi del mese di dicembre dell'anno 2010, soltanto sei anni fa. E' stato stabilito che tutti su questo pianeta, da quella data, hanno cominciato a muoversi con uno "smartphone" tra le mani. Badate bene, ho detto uno "smartphone" non un telefonino o un cellulare. Sappiamo bene la differenza tra questi aggeggi. Non si tratta di un semplice telefono, ma di qualcosa di molto, molto diverso: l'io al centro del mondo col pc, con l'ipad, col tablet o con un minuscolo smartphone. Non siamo mai soli, siamo tutti rintracciabili, ovunque ed in qualsiasi momento. In tempo reale.
 
Non appena lo accendo mi identifico con il mondo e con me stesso, mi chiede cosa voglio, quando, dove e perché. E non solo. Tutta la nostra vita ha subìto un radicale cambiamento sia all'interno che all'esterno. Emozioni, pensieri, sentimenti si incontrano e si scontrano, in una realtà esistenziale sempre più articolata, interconnessa e mutevole. In pratica, il mondo sembra avere abolito i confini tra il pubblico ed il privato. 
 
Tutto è accessibile, permeabile, transitorio, pure le parti più intime e nascoste di ognuno di noi. Anche la morte, l'ultima linea di confine tra il finito e l'infinito sembra essere caduta. Pensate a quei poveri ragazzi uccisi nella tragedia di Orlando che hanno filmato e trasmesso in diretta ai loro cari gli ultimi momenti di vita prima di essere sterminati da un folle. Si può dire che l'io "materiale" corre sul filo del "wireless" che non ha fili, appunto, che si dipana e si nasconde in una "cloud", una "nuvola" che non esiste, eppure c'è.
 
Quando questo smartphone invia e riceve messaggi, invita a rispondere, stimola, provoca, filtra, indirizza, condiziona, carica e scarica, fotografa e registra, il senso del tempo cambia. Tutto vive nel presente, il futuro è oggi, subito diventa ieri. L'esistenza umana, nella sua realtà personale, è direttamente proporzionale alla larghezza di banda della persona, vale a dire: tu più vivi nel passato e nel futuro, più forte è la tua presenza. Meno sei presente, meno sembri esistere. I computer e gli smartphone immettono nella vita quotidiana quelle qualità e caratteristiche che sono tipiche dei videogiochi e che causano questi cambiamenti digitali. Ci fanno sembrare personaggi artificiali ed improvvisati di vicende che accadono perché programmate da altri e altrove, da noi subite senza rendercene conto.
 
L'altro giorno parlavo con un mio amico che ha subìto uno dei primi trapianti al mondo oltre trenta anni fa, in Israele. Ha una certa età ed è molto distante da quelli che sono i "nativi digitali", quella generazione nata e cresciuta con le nuove tecnologie. Il suo stato di salute viene costantemente monitorato a distanza da un centro specializzato. Un'applicazione sul suo cellulare, programma e controlla giorno per giorno la sua giornata sotto tutti i punti di vista, a partire dalla dieta per finire agli avvisi orario per le medicine. 
 
Quando vedo giovani e adulti, uomini e donne, andare in giro, da soli, in coppia o in gruppo, con un cellulare tra le mani, gli auricolari appesi alle orecchie, parlare, digitare o fotografare, mi ricordano quelle figure di anime vaganti e in pena, pensate da Dante nel suo "Inferno". Ma penso anche ai tanti pazienti come il mio amico che devono la loro salvezza alla "smartness" dei loro telefonini. Una preziosa "intelligenza" da proteggere e sviluppare che non ha nulla a che vedere con le miserie di chi usa questi strumenti in maniera insensata.
 
Vanno in giro senza una meta, una destinazione, inseguendo qualcuno o qualcosa che non c'è, che deve arrivare, che non conoscono. Che dire poi di quelli che, con due mani reggono il cellulare, digitano in maniera forsennata rimanendo impalati in attesa della risposta. Si accaniscono sul piccolo schermo, quasi lo sfondano, imprecando o ridendo, stando seduti, o in piedi, grugniscono, si agitano si ripiegano, contorcendosi. C'è poi chi scrive sui social dicendo quello che farà, che pensa di fare, che sta facendo. Si compiace di quello che ha scritto prima, dice che aveva ragione, monologa con se stesso, impreca non avendo ricevuto nessuna risposta. Se qualcuno invece gli risponde, si apre allora una lunga sequela che non si sa da dove inizia e nemmeno come finirà.
 
Secondo molti studiosi con il digitale portatile è nata una nuova psiche che, mostrando se stessa, cerca soddisfazione, approvazione, notorietà, cose che difficilmente potrà trovare. Una psiche che esiste in quanto vuole essere osservata, si ricrea continuamente, aggiornandosi nei collegamenti con il mondo esterno, dichiarando il suo "status", ricordando a se stessi e agli altri che esiste. Nel mentre fa questo, mette in evidenza anche la sua condizione di schiavitù, soggezione al mezzo che si illude di gestire. Lo "smartphone" è padrone, chi lo possiede è lo schiavo. 
 
Internet ha una qualità estetica unica, originale, mai vista prima. Riesce a trasformare ogni esperienza umana dal mondo materiale tipicamente fisico in qualcosa di impalpabile, senza peso. Una magnifica astrazione perché illusoria. Ci illudiamo, fingiamo di essere insieme agli altri, ma ci ritroviamo soli non soltanto con noi stessi ma anche con gli altri. Ci illudiamo che l'intelligenza del nostro telefonino, mentre ci permette di immergerci nella folla del mondo, possa dissolvere anche la nostra angoscia di vivere. Non ci rendiamo conto che Internet, tenendoci continuamente aggiornati con gli amici, la società, la realtà che ci circonda da vicino e da lontano, ci fa vivere in un mondo che è costantemente in crisi, che deve continuamente rinnovarsi, dal quale dobbiamo fuggire se vogliamo sopravvivere. 
 
Mera illusione, perché ogni crisi implica un cambiamento. Ce lo impone Facebook quando ci richiede l'aggiornamento per dar prova della nostra presenza, per dire a tutti che ci siamo, che abbiamo capito, che dobbiamo reagire, rispondere, prendere posizione, pronunciarci, dobbiamo "essere folla" e con essa esternare la nostra "follia". I cieli di Internet sono senza limiti, come Alice, "possiamo fare tutta la corsa che vogliamo tanto saremo sempre allo stesso posto." 
 
Il bello è che quando leggiamo sullo schermo non è come leggere sulla carta. Su questa è come se seguissimo una traccia, un percorso, un filo narrativo che ci accompagna e ci distingue. Sullo schermo di un pc, un tablet o smartphone andiamo alla ricerca di parole-chiave che sostituiscano una intera narrazione. Prendiamo ad esempio parole piene di significati e di problemi come "aborto", "immigrazione", "attentato", "terrorismo", "religione". Sono parole dense di sensazioni, problemi, idee, che in ogni persona che le legge trovano già una risposta, non hanno bisogno di essere spiegate ed approfondite. Chi le legge ha per esse una risposta, sa come interpretarle, non ha bisogno di approfondimenti, come invece farebbe in una lettura cartacea.
 
Il mondo digitale mette a disposizione di tutti una imprevista ed imprevedibile quantità di informazioni imponendole ed incanalandole verso chi la cerca, rivolgendole a chi sembra che interessi, ma che non è una realtà individuale bensì di massa. Questa viene costantemente monitorata, opportunamente cambiata, adattata, come è il caso con enciclopedie tipo Wikipedia. La cosi detta "Internet delle cose" offre allo smartphone la possibilità di estendere il suo/nostro controllo anche a distanza. Come ad esempio sul riscaldamento di casa che può essere comandato a chilometri di distanza. 
 
Tutto questo se ci dà l'illusione di aumentare la nostra capacità di comando, ci provoca anche grande tensione ed ansietà. Lo smartphone, legato com'è al nostro corpo, ne è diventato una estensione con tutti questi sensori delle "app" che leggono il nostro corpo, le sue reazioni, i suoi bisogni fisici e fisiologici. Però, ogni cambiamento tecnologico che sembra minacciare il nostro io, lo rafforza anche. Platone mise in guardia i suoi contemporanei contro l'avvento e l'uso indiscriminato della scrittura allo stesso modo di come Giovanni Tritemio mise in guardia contro la stampa.
 
Ma ogni grande mutamento tecnologico, mentre sembra minacciare la integrità del nostro io, mette a nostra disposizione nuovi modi per rafforzarlo. Contrariamente a quanto pensavano Platone e Tritemio la parola dell'uomo è stata conservata sia dalla scrittura che dalla stampa. In tal modo ha acquisito una capacità di approfondimento psicologico imprevisto ed imprevedibile della vita morale ed intellettuale, dando spazio a nuove scelte di libertà personali. 
 
Due secoli dopo l'invenzione della stampa Rembrandt dipinse un quadro famoso che riproduce una donna intenta alla lettura. Un quadro che parla da sè. Non ha bisogno di essere spiegato quel bagliore di luce sul volto della donna che legge. Possiamo sostituire al libro (che risulta essere una Bibbia) il piccolo schermo di uno smartphone? Tutto dipende dalle parole che leggiamo ...
 



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