giovedì 7 marzo 2013 - Giovanni Graziano Manca

Burocrazia, biopolitica, nuovi poteri pubblici: introduzione a Weber e a Foucault (pt.2^)

La prima parte è qui.

Michel Foucault e la biopolitica. Il contesto sociale e politico all’interno del quale l’uomo contemporaneo si è dibattuto per buona parte del secolo scorso e si dibatte ancora oggi è caratterizzato da forme di potere sempre nuove, più penetranti e invasive, che di fatto limitano la libertà e la dignità umana. Tali estrinsecazioni del potere pubblico possono costituire serio condizionamento per la vita e la salute dell’uomo, da intendersi quest’ultima nel senso di godere, come risulta dalla definizione di salute fornita dall’Organizzazione mondiale della sanità*, del benessere psicofisico e sociale. Nel loro complesso le molteplici manifestazioni del potere pubblico costituiscono uno spettro di fenomeni piuttosto vasto al quale è stata data una denominazione tanto sintetica quanto appropriata, quella di biopolitica.

La vita quotidiana fornisce continuamente esempi di biopolitica, un insieme eterogeneo di strumenti di gestione e di controllo di aspetti rilevanti dell’esistenza umana. La biopolitica, per la sua invasività esasperata ed esasperante può insidiare la personalità dell’essere umano in tutte le sue espressioni e potenzialità mentre gli strumenti di cui essa si serve estendono il proprio campo d’azione ben oltre la forma di potere costituita dal fenomeno burocratico.

Costituiscono forme di biopolitica il potere derivante dai vari tipi di controllo che la società esercita sulle persone (telecamere, tracce elettroniche di vario tipo, etc.), il potere che promana dai processi di comunicazione e dalla società dell’informazione, il potere esercitato dall’economia e dai mercati (ad es. persone ridotte in povertà che vendono organi del proprio corpo), il potere esercitato attraverso la scienza (tristemente note le sperimentazioni naziste) e la medicina (quest’ultimo oggi attenuato dall’obbligo del consenso informato che il medico ha nei confronti del paziente), il potere esercitato dallo Stato e dalla PA (dagli organi giudiziari e da quelli di polizia, per esempio) anche attraverso l’ambiguità dello strumento del diritto, il potere esercitato dai modi di pensare volti a generare conformismo sociale e convenzionalità di pensiero, ed altri.

Concretizzano, le tipologie di potere appena elencate, altrettante forme di condizionamento dell’essere umano e espressioni di una volontà superiore indiscriminata che sembrano disturbare il concetto di democrazia compiuta.  

In realtà tali estrinsecazioni del potere hanno all’origine, in alcuni casi, l’intento di migliorare le condizioni di vita in un pianeta sovraffollato e in gran parte globalizzato e i connessi pur non trascurabili effetti distorsivi che incidono sull’esistenza quotidiana di miriadi di persone si verificano a prescindere dalla volontà di chi li pone in essere.

Precedentemente all’affermarsi delle ideologie liberalistiche e capitalistiche, chi deteneva il potere decideva in ordine alla vita e alla morte delle persone. Basterebbe forse quest’unica constatazione per capire che ai giorni nostri della vita umana si ha una visione molto più evoluta: oggi la biopolitica** è impegnata a trovare soluzioni che consentano di salvaguardare e promuovere la vita presente e futura sul pianeta. Nel far ciò essa tiene conto delle attuali condizioni di vita e delle esigenze delle popolazioni anche in relazione agli inarrestabili progressi compiuti dalla ricerca scientifica e tecnologica e si basa su principi universali come quelli di responsabilità, di giustizia e di solidarietà umana nonchè su quelli dettati dalle ovunque riscontrabili esigenze di pluralismo, di multiculturalismo e di democrazia.

Sostiene Pierandrea Amato che “se ha qualche legittimità pensare il nostro tempo maneggiando la nozione di bio-politica, è allora indispensabile risalire – al di là della sua aderenza al mondo che ci riguarda – alla sua complessa codificazione alla metà degli anni settanta del Novecento nell’opera di Michel Foucault*** e che “è probabile che la bio-politica raccoglie in Foucault il nome della filosofia in quanto diagnosi del presente…”**** .

Foucault studiò in modo particolare il funzionamento delle grandi organizzazioni sociali (prigioni, ospedali, scuole, etc.) analizzando inoltre i rapporti esistenti tra potere e follia (condizione umana che a partire dall’età moderna viene considerata come l’assenza, in un individuo, di ragione) e tra potere (visto come applicazione di rigide prassi disciplinari) e prigione, in due opere fondamentali come Storia della follia nell’età classica (1961) e Sorvegliare e punire (1975).

In particolare, nell’opera da ultimo citata il filosofo francese compie un excursus storico che va dall’analisi delle punizioni esemplari che ritualmente e pubblicamente venivano applicate nell’età classica a quella delle moderne detenzioni in ambienti carcerari che prevedono una serie di sistemi di controllo e di gestione del potere che potremmo definire, rispetto a quelli conosciuti in passato, ‘discreti’.

Tra essi, il Panopticon (letteralmente, dal greco, costruzione che per la sua particolare conformazione architettonica consente a chi è preposto a una qualche forma di sorveglianza, di osservare tutto ciò che vi è e che si verifica intorno), una intuizione teorica di Jeremy Bentham risalente nel tempo al 1791*****, che viene ripresa da Foucault in Sorvegliare e punire. In quest’opera il filosofo francese presenta il Panopticon come un modello ottimale di gestione del potere contrapponendolo a quello esistente all’interno della città in cui si è diffusa la peste, città dalla quale, per evidenti ragioni di carattere sanitario, non è possibile uscire se non a rischio concreto della propria vita. Il modello, in quanto accessibile a eventuali controlli dall’esterno, viene descritto dal filosofo francese come uno strumento democratico.

La volontà di sapere (1976) contiene testi ripresi da corsi universitari tenuti dal filosofo al College de France nei primi anni Settanta. Foucault vi intraprende studi sulla sessualità in quanto strumento ‘coercitivo’ attraverso cui tenere sotto controllo le pratiche perverse, la procreazione e l’attribuzione incontrovertibile a ciascun individuo di determinati caratteri sessuali. La sessualità dell’individuo viene in quest’ultimo caso considerata come un elemento di identificazione della persona. 

Ulteriore oggetto dell’indagine foucaultiana, come risulta dal passo che segue, il diritto come strumento di dominazione dell’altro: 


“Negli anni precedenti, il mio progetto generale era quello d’invertire la direzione d’analisi del discorso del diritto a partire dal Medioevo. Ho dunque cercato di far valere, nel suo segreto come nella sua brutalità, il fatto storico della dominazione, e di mostrare non soltanto come il diritto sia lo strumento della dominazione – il che va da se – ma anche come, fin dove e sotto che forma, il diritto trasmette e mette in opera rapporti che non sono rapporti di sovranità ma di dominazione. Da notare che quando dico diritto, non penso semplicemente alla legge, ma all’insieme degli apparati, istituzioni, regolamenti che applicano il diritto e quando parlo di dominazione non intendo tanto la dominazione di uno sugli altri o di un gruppo su un altro, ma le molteplici forme di dominazione che possono esercitarsi all’interno della società. […] Il sistema del diritto e il campo giudiziario, sono i tramiti permanenti di rapporti di dominazione e di tecniche d’assoggettamento polimorfi. Il diritto va visto, credo, non dal lato di una legittimità da stabilire, ma da quello delle procedure d’assoggettamento che mette in opera.”******

Nella analisi del filosofo francese, dunque, non la sovranità, che rievoca i poteri che devono necessariamente stare in capo allo stato in quanto entità astratta che peraltro, nei sistemi democratici, trova legittimazione nella sovranità popolare, ma il concetto di dominazione che riguarda invece il tipo di situazione che si crea quando una certa entità prevale su un’altra in virtù di un’autorità, di un potere, di una capacità di imporsi e/o di controllare e/o di asservire altre entità o singole persone, e cosi via. Questa tipologia di potere prescinde dalla necessità di legittimazione popolare che può essere riscontrata nelle democrazie, ma può spesso assumere valenza negativa quando si riferisce all’utilizzo del libero arbitrio da parte del dominante nei confronti del dominato o situazioni di tirannia o di assolutismo.

Il potere – sostiene Foucault - è, e deve essere analizzato, come qualcosa che circola e funziona – per così dire – a catena. Non è mai localizzato qui o lì, non è mai nelle mani di qualcuno, non è mai appropriato come una ricchezza o un bene. Il potere funziona, si esercita attraverso un’organizzazione reticolare. E nelle sue maglie gl’individui non solo circolano, ma sono sempre posti nella condizione di subirlo e di esercitarlo; non sono mai il bersaglio inerte o consenziente del potere, ne sono sempre gli elementi di raccordo.” *******

In quest'ultimo passo, il potere viene da Foucault considerato come un elemento che non può fare a meno di manifestarsi all’interno delle comunità umane. Ogni individuo, a seconda della situazione in cui si trova, può, anche involontariamente, esercitare un certo potere all’esterno o essere viceversa assoggettato a quello esercitato da altre persone in modo altrettanto inconsapevole. Il potere foucaultiano assume, in definitiva, un ruolo pregnante, quello di un fluido collante neutro che contribuisce a regolare i rapporti tra persone e organizzazioni umane di qualsiasi genere.   

 

* Secondo la Costituzione dell’OMS, l’obiettivo dell’Organizzazione è “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute", definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente come “assenza di malattie o infermità”. Vedi, per la specificazione contenuta nella presente nota, il sito che l’autore ha consultato in data 06 Dicembre 2012.

** La biopolitica viene definita come l’‘Ambito della riflessione socio-politica sviluppatosi in relazione alle esigenze di tutela e promozione della vita presente e delle generazioni future; viene costantemente sollecitata dal dibattito pubblico sulle questioni bioetiche emergenti dalle istanze poste dalla libertà di ricerca scientifica e dal progresso tecnologico. Nella pratica si configura come momento istituzionale di confronto politico e di elaborazione culturale per garantire il bene comune secondo i principi di responsabilità, giustizia e solidarietà umana, nello sforzo democratico di conciliare l’esigenza di universalità dei valori etici e delle strategie politico-legislative con il pluralismo etico e culturale della modernità.’ Ho tratto la definizione del termine Biopolitica da qui. Il sito web citato è stato da me visitato in data 19 Gennaio 2013.

*** Pierandrea Amato, Tecnica e potere – Saggi su Michel Foucault, Mimesis edizioni 2008, p.18.

**** Ivi.

***** Si veda in proposito: J.Bentham,‘Panopticon’ ovvero la casa d'ispezione, a cura di Michel Foucault e Michelle Pierrot, Marsilio 1983.

****** Michel Foucault, Difendere la società, dalla guerra delle razze al razzismo di stato, Ponte alle Grazie 1990, p.32.

******* Michel Foucault, Difendere la società, dalla guerra delle razze al razzismo di stato, cit., p.33.

 




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