martedì 22 marzo 2016 - Fabio Della Pergola

Bruxelles, ore 8.

L’allarme in Belgio era stato lanciato da molti giorni.

E alla fine gli attentati sono arrivati.

Attentati di un simbolismo immediatamente comprensibile: colpito l’aeroporto internazionale con due bombe esplose e una inesplosa, nei pressi del desk dell’American Airlines e un'altra esplosione alla Metro in pieno centro cittadino, a poche centinaia di metri dalla sede della Commissione Europea.

Il messaggio non potrebbe essere più chiaro.

Le vittime sono sicuramente decine e ci vorrà del tempo per fare una valutazione esatta. La tensione è ovviamente alle stelle e la prima considerazione che si può fare è anche quella più banale. Non c’è alcun possibile schieramento di polizia, esercito o altro che possa impedire l’azione terroristica.

L’unica possibilità di contrasto reale viene dalla capacità dell’intelligence di individuare, monitorare, intercettare e, se possibile, infiltrare le cellule jihadiste. E questo, probabilmente, può essere fatto solo con la collaborazione delle comunità islamiche residenti nei paesi europei. Collaborazione che, a giudicare dall'ostilità verso la polizia impegnata nell'arresto di Salah Abdeslam a Molenbeek, stenta molto ad arrivare.

Il resto è pura e semplice esibizione muscolare che potrebbe servire se gli attentatori fossero dei ragazzotti armati di coltello o poco più, come sta succedendo ultimamente in Israele. Ma qui parliamo di altro, evidentemente.

La strategia terroristica è ormai delineata chiaramente: qualcuno vuole determinare un conflitto aperto e globale tra Occidente e mondo islamico, esasperando le tensioni fino a portare al governo dei paesi europei quegli estremisti populisti capace di arringare le folle con le parole d’ordine facili quanto potenzialmente cruente.

Le vittime predestinate - quelle che stanno realmente rischiando di finire fra l’incudine dei terroristi e il martello della reazione xenofoba - sono le masse di immigrati e profughi che non solo stentano già molto ad integrarsi, ma che, visto il trattamento ignobile e inumano ricevuto in questi ultimi mesi dagli europei, non possono che essere - comprensibilmente - furibondi.

I segnali ci sono da tempo e da tempo sono balzati agli onori della cronaca: lo spostamento a destra dell’Europa continentale e, in particolare, dei paesi dell’area ex comunista è palese. Sembrano restare per ora fuori dall’ondata più smaccatamente xenofoba i paesi mediterranei, curiosamente incolumi finora (esclusa Madrid del 2004, sempre a marzo) da attentati di matrice islamista. E forse anche questo sarebbe da interpretare.

La regìa è comunque chiara: lo sconquasso del mondo arabo, iniziato da tempo e con una ben nota compartecipazione occidentale, è costantemente aggravato dall’attività terroristica che fa molti morti fra le popolazioni islamiche, più ancora che fra gli occidentali. Parallelamente si porta l’attacco al cuore stesso dell’Europa.

Siamo, è stato già detto, all’11 settembre europeo.

L’obiettivo è scatenare un conflitto globale. Basta che al potere in Occidente arrivi un Trump qualsiasi e il cerchio si chiuderà.

 

Foto: la vignetta di Plantu su Le Monde. 




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