Bruno Pizzul, la voce del telecronista che trasmetteva emozioni
Bruno Pizzul è stato il telecronista di tante partite di calcio della nazionale italiana, ma ciò che lo ha reso famoso nell’immaginario collettivo sono state le famose Notti Magiche di Italia ‘90, il Mondiale di calcio che l’Italia ospitò in casa e in cui la squadra di Azeglio Vicini espresse uno delle migliori prestazioni della sua storia.
Le partite di quella nazionale di Baggio, Baresi, Vialli, Schillaci, Zenga fu raccontata con grande maestria dal giornalista friulano con un ritmo vocale che accompagnava le azioni di gioco con una modulazione vocale capace di trasmettere ogni tipo di emozioni con grande equilibrio, dalla gioia di un gol messo a segno dall’Italia da uno subito, anche se durante le Notti Magiche la nostra nazionale subì una sola rete: quella dell’Argentina di Maradona che ci negò l’accesso alla finale, con l’amarezza moderata di Pizzul: “Una sconfitta che non vorremmo mai voluto commentare”.
Ma nella telecronaca di Pizzul non c’era solo amarezza, c’era pure l’esaltazione per i gol di Totò Schillaci e per la rete capolavoro di Roberto Baggio contro la Cecoslovacchia, la cui corsa dinoccolata tra le maglie degli avversari verso la porta cecoslovacca veniva accompagnata da Pizzul con un virtuosismo vocale che seguiva i movimenti danzati, la finta sull’ultimo avversario e l’esplosione dell’Olimpico di Roma nel momento esatto in cui Baggio piazzava la palla in rete. Una prodezza narrata da Pizzul che ripeteva otto volte “Baggio” senza perdere l’efficacia emotiva di una narrazione capace di trasmettere la gioia di un intero Paese e non solo la sua.
Il fantastico gol di Roberto Baggio contro la Cecoslovacchia fu il manifesto del telecronista friulano che il calcio lo conosceva bene e lo raccontava con grande scioltezza e professionalità, senza mai parlare troppo durante le cronache e senza mai urlare troppo durante ogni azione di una squadra, come fanno i telecronisti di oggi che alla fine di una gara ti costringono a prendere un farmaco per il mal di testa. No, Bruno Pizzul non era così. Era gradevole ascoltare la cronaca delle sue partite, i cinque Mondiali e i quattro Europei che ha raccontato per sedici anni, senza però avere mai la gioia di poter gridare “Campioni del mondo” o “Campioni d’Europa”.
Pizzul non si scomponeva mai, anche quando la nazionale commette svarioni che facevano infuriare i tifosi. Gli toccò purtroppo raccontare anche un altro tipo di cronaca: la tragedia dell’Heysel, dove morirono trentanove tifosi juventini nella calca avvenuta prima della finale di Coppa Campioni tra la Juventus e il Liverpool nel 1985. Mantenne la calma mista a tristezza, mentre narrava una delle pagine più buie della storia del calcio. I suoi successori non sono mai riusciti a eguagliarlo, non sono mai stati un punto fermo della nazionale. Non sono mai riusciti a lasciare negli italiani le stesse emozioni che trasmetteva il giornalista friulano che con quella voce rassicurante del nonno che ti racconta le fiabe più belle per farti addormentare.