lunedì 27 giugno 2016 - Fabio Della Pergola

Brexit: non imitare gli inglesi, please

Un articolo del Telegraph, pubblicato subito dopo il voto che ha determinato l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, ci ricorda il motivo vero per cui gli inglesi non hanno sopportato la “dittatura” di Bruxelles.

Il 90% dei paesi del globo hanno sperimentato, nel corso del tempo, un’invasione britannica del proprio territorio. Più esattamente su circa 200 paesi solo in 22 – dalla Mongolia alla Città del Vaticano, dalla Bielorussia alla Bolivia - non hanno mai assaggiato le delizie della protervia inglese di epoca imperiale (cioè fino a pochi decenni fa).

Senza mai dimenticare quanto dobbiamo alla resistenza inglese contro il nazismo, resta il fatto che, tra incursioni di pirati o soldatesche varie in località lontane dalla madre patria (come dalla conoscenza comune) e invasioni vere e proprie come quella che portò all’occupazione della neutrale Islanda nel 1940, fra le proteste (pacifiche) della popolazione e del legittimo governo, gli inglesi sono forse troppo abituati a dominare per accettare davvero di sottostare a una convivenza comune, in accordo con altri.

Molte critiche, assolutamente legittime, si possono fare all’Europa attuale, così rigida a difendere il sistema bancario e così poco attenta alle esigenze dei popoli; guardate a cosa è stata costretta la Grecia, quando il suo debito iniziale poteva essere affrontato con spirito molto più solidale e lungimirante.

Ma le critiche, anche dure, non sono sufficienti a spiegare l’improvviso e inatteso voltafaccia degli inglesi se non una riflessione storica sul suo passato.

Ostile da sempre al “continente” la Gran Bretagna si è caratterizzata per la prima ribellione al potere temporale e spirituale dei Papi. Si è opposta a tutti gli “universalismi” europei, da quello napoleonico ai totalitarismi nazista e sovietico, fondando la sua identità sull’autonomia isolana e isolata, volgendo lo sguardo sugli oceani e sulle terre lontane più che sulle coste francesi che le stavano di fronte. Dopo la sconfitta per mano della pulzella d’Orleans, il dominio dei mari è stata la base del suo impero e della sua inattaccabilità, del suo potere e della sua arroganza.

Oggi nessuno è più davvero un’isola, nemmeno quando il suo territorio è circondato dal mare. Il mondo fisico è stato sostituito dal mondo della comunicazione via etere o cavo, dell’informatica, del web e perfino dalla realtà virtuale. La geografia del mondo fisico, che imponeva di andare ovunque - ragione per cui tra Otto e Novecento sono stati inventati tutti i possibili mezzi di locomozione, dalla bicicletta all’astronave - è stata sostituita da un mondo che, ovunque sia fisicamente collocato, è raggiungibile in un batter d'occhio da chiunque senza che ci sia bisogno di muoversi dal salotto di casa. Anche in pantofole si può sapere, vedere, comprare, vendere, interagire come ci pare con tutto il mondo.

Non c'è bisogno di occupare l'India per commerciare il tè. Basta occupare i centri nevralgici della finanza e della comunicazione.

Forse è quello che l’Inghilterra anziana, rurale, provinciale, periferica - a differenza della grande Londra globalizzata - non ha voluto accettare. Ma la grandeur britannica può anche avere buone e radicate ragioni d’essere; il suo isolazionismo antieuropeo potrà trovare aperture nel vasto mondo anglosassone, dagli Stati Uniti al Canada all’Australia, dal Sudafrica alla Nuova Zelanda fino a comprendere tutti i 53 paesi legati al Regno Unito nel Commonwealth delle Nazioni, un mercato immenso che potrà ben sostituire quello continentale. L'idea che un Regno Unito fuori d'Europa si riduca a poca cosa forse non è una lettura esatta.

Questa è la “piccola” differenza che gli antieuropeisti nostrani, nei loro deliri isolazionisti, non sembrano capire. I paesi europei, diversamente dalla Gran Bretagna, non hanno altro cui appoggiarsi, per contare qualcosa nel mondo, se non l’Unione Europea.

Che sarà necessariamente da riformare, correggere e magari sottrarre alla ferrea stretta germanica; ma se dovesse essere portata al collasso come vorrebbe un Salvini qualsiasi (ma anche frange dell'estrema sinistra), ognuno di noi si troverà dall’oggi al domani a contare quanto il Burundi.

Con tutto il rispetto per il Burundi.

 

Foto: Miquel C./Flickr




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