domenica 26 giugno 2016 - Antonella Policastrese

Brexit, il giorno dopo

Il 23 giugno 2016 rimarrà nella Storia e sarà celebrato come il giorno dell’Indipendence Day per l’Inghilterra. Gli inglesi, che dovevano votare per il referendum e scegliere tra il Remain ed il Leave, hanno deciso per l’uscita dall’Unione Europea e la liberazione dalle politiche di austerità dettate da Bruxelles. 

A votare per il Leave è stato il 52% degli inglesi, l’affluenza alle urne è stata del 72,2% e chi si è recato a votare lo ha fatto munito di penna biro, non fidandosi delle matitine dei seggi. L’austerità non paga, le politiche attuate in questi anni dalla Troika hanno indebolito i Paesi membri e quindi diciassette milioni di inglesi hanno deciso di liberarsi da un pesante cappio che sentivano intorno al collo. Ad orientare i britannici per il Leave è stata la mancanza di fiducia in un’Europa che non vede futuro, paralizzata da una disoccupazione crescente e dell’impoverimento della classe media. Diciassette milioni di britannici hanno fatto sentire la loro voce contro le lobby ed una finanza diventata troppo invasiva.

Con un semplice segno di penna, la Gran Bretagna si è riappropriata della propria sovranità nazionale. Tutto questo ha un costo e le reazioni rabbiose non si sono fatte attendere. A cominciare dagli approfondimenti fatti nei media.

Forse in questo quarantotto un mea culpa dovrebbero farselo. Un calderone dentro il quale si sta infilando di tutto, quasi a dimostrare che bisogna togliere alla gente la possibilità di votare, in quanto devono essere i vertici a decidere ciò che giusto o no. Sul terreno della sconfitta del Remain cade Cameron, che ha annunciato le sue dimissioni per ottobre, mentre Juncker gradirebbe che si procedesse subito con l’avvio dei negoziati per definire gli accordi di un divorzio non consenziente; non a caso Juncker, con molta acrimonia, ha dichiarato che per chi decide di uscire dalla UE esistono solo biglietti d’andata. Se per Cameron ci vuole ottobre prima di dimettersi dall’incarico, a presentare subito le proprie dimissioni è stato il commissario inglese Hill responsabile dei servizi finanziari, sostenitore nella UE della politica del premier Cameron.Il presidente della Commissione europea, Juncker, sembra non aver dubbi sul ruolo della Germania che, senza il Regno Unito, diventerà ancora più centrale per frenare così l’effetto a valanga di altri paesi pronti ad indire un referendum per abbandonare l’Europa.

Ed in effetti le avvisaglie non mancano, né in Francia con Marine Le Pen, né in Italia con Matteo Salvini, ed in Olanda con Geert Wilders che vogliono adottare l’arma referendaria così come fece Cameron nel 2014. Il negoziato tra Regno Unito ed Unione Europea richiederà tempo per gli accordi da stipulare e le strategie da definire. Bisogna ricordare che la clausola di recesso dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona prevede una scadenza di due anni di tempo per portare a compimento il distacco volontario di un Paese dall’Unione Europea. Una vera debacle per un’Europa che ha difeso solo la moneta, ha curato l’Euro da ogni malanno, dimenticando che l’Unione fra gli Stati doveva avvenire su basi politiche e non finanziarie.

Che gli interessi in ballo siano grandissimi è fuor di dubbio, per il perturbamento che si è avuto nel mondo della finanza e dei mercati oltre che politico. A dipingere un clima da Apocalisse per la Gran Bretagna sono certamente quei paesi che, come mignatte, hanno bisogno di finanziamenti europei per andare avanti. Tutto sommato, il mercato inglese finirebbe per guadagnare dalle esportazioni con una sterlina svalutata, cosa non da poco conto per un grande mercato come quello inglese.

In pratica, il referendum ha ridato sovranità agli inglesi e ripristinato la democrazia traballante a causa di eurocrati e commissari che hanno decretato la fine di questa Europa simile ad una gabbia dentro la quale siamo condannati a restare. Strategie vengono messe in atto da chi ha deciso che “questo divorzio non s’ha da fare”. E’ stata indetta una petizione on line dai sostenitori del Remain che ha raccolto un milione di firme per indire un contro referendum perché i deputati inglesi introducano una nuova norma sugli esiti del referendum.

Nel caso specifico viene chiesto di verificare se il referendum ha avuto una base del 60% ed una partecipazione del 75%. In pratica, visti i risultati, per i detrattori della Democrazia si tratta di mettere in discussione e cancellare la volontà popolare. Sembra il clima che si respirava a Weimar. La Germania sembra non aver perso il vizio del pugno di ferro.




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