giovedì 30 maggio - Phastidio

Bonus edilizia | Attenzione al Btp Vajont

Il governo ipotizza la spalmatura obbligatoria dei crediti fiscali dei bonus edilizi. Cioè, o pochi spiccioli di minor debito annuo oppure una ristrutturazione di debito che rischierebbe di infettare i Btp.

“È come il Vajont”, ha detto ieri (8 maggio ndr) in audizione il ministro dell’Economia e Finanze, Giancarlo Giorgetti, commentando l’onda di piena dei crediti d’imposta provocata dai bonus edilizi, soprattutto il Superbonus. Lanciando una sassata: “non sarà una possibilità ma un obbligo”, quello di spalmare i crediti in dieci anni in luogo dei quattro oggi previsti.

Subito sono iniziate le fibrillazioni: la misura sarà retroattiva? Se sì, quali impatti? Sul punto ho scritto qualche settimana addietro. Servirebbe a piallare il profilo del “piccolo” tsunami di debito che ci si attende nei prossimi tre anni, ma avrebbe conseguenze pesanti sui titolari del credito.

CREDITI SVALUTATI E TENSIONI DI LIQUIDITÀ

In sintesi: le aziende creditrici dovrebbero svalutare a bilancio la posta (si stima di un ulteriore 15 per cento), per il semplice motivo che, meccanicamente, il valore attuale del credito sarebbe calcolato su un arco temporale più esteso. Ciò determinerebbe anche buchi nei flussi di cassa, che le aziende dovrebbero colmare ricorrendo al credito o a infusioni di mezzi propri.

Per le aziende edili, che tendono a soffrire di tensioni di liquidità, una misura del genere avrebbe conseguenze “devastanti”, come ha commentato a caldo la presidente dei costruttori, Federica Brancaccio. Al netto del piagnisteo di corporazione, credo sia una previsione realistica. A ruota si è aggiunta l’Associazione bancaria italiana, in nome e per conto di un settore che si stima detenga circa 60-70 miliardi di crediti edilizi.

Per le persone fisiche, una misura interamente retroattiva consentirebbe di aumentare il numero dei beneficiari del credito, riducendo i casi di incapienza, quindi si risolverebbe in un aumento di debito pubblico. Ma i condomini avrebbero a loro volta tensioni di liquidità di non semplice gestione, per usare un delicato eufemismo.

La discriminante, che ancora una volta chiama in causa il letale (per gli italiani) concetto di trade-off, è quindi la delimitazione del perimetro temporale dei crediti da assoggettare alla spalmatura obbligatoria. Se limitato ai soli crediti formatisi nell’anno di emissione del provvedimento, il 2024, come peraltro suggerito dallo stesso Giorgetti, coinvolgerebbe circa 4 miliardi di euro, e avrebbe impatti inesistenti sul profilo del debito in emersione.

I DUE CASI ESTREMI

Per fare due conti, anziché indurre nuovo debito pubblico per un miliardo l’anno a partire dal 2025 e per i successivi tre anni, ne produrrebbe solo 400 milioni annui per un decennio, con un “risparmio” di debito di 600 milioni annui. Cifra che probabilmente qualcuno battezzerebbe all’istante “tesoretto” ma che sarebbe risibile sul profilo di debito emergente.

Da una qualsiasi forma di retroattività delle posizioni già presenti nei cassetti fiscali deriverebbe la violazione di un tabù, un evento che potrebbe innescare effetti imprevedibili (ma non troppo) sul piano della fiducia, quella polverina magica che permette di collocare il debito pubblico a chi vuole andare in crociera o anche solo non avere problemi aggiuntivi e dedicarsi a tutti quelli che già la quotidianità gli regala.

Di che si parla? Del fatto che una retroattività sarebbe nei fatti una ristrutturazione di debito pubblico, di cui verrebbe alterato il valore attuale con un tratto di penna. Ci arrivate? Pensate alla stessa operazione applicata ai Btp, magari solo quelli posseduti da residenti, per illudersi che la cosa non causerebbe un terremoto planetario sul nostro debito pubblico.

Siete riusciti a immaginare le conseguenze? Sì, vero? E siete riusciti a cogliere la sostanziale stupidità del pensiero che crede che piazzando debito pubblico nelle mani dei residenti si risolvano tutti i problemi? Sono fiducioso che la risposta, anche in questo caso, sia affermativa. Basta pensare per analogia, non è difficile. Dal Btp Valore al Btp Vajont il passo rischia di essere breve.

Ultime considerazioni spicciole ma non troppo. Abbiamo due casi estremi, nella gestione della misura ipotizzata: nel primo, l’impatto è trascurabile in un modo irritante. Nel secondo, si rischia il fungo atomico sul debito pubblico, con vaporizzazione della credibilità dello stato debitore. Vale la pena, in luogo di mantenere lo status quo e affrontare il nuovo debito che si formerà nei prossimi tre anni, magari cercando di recuperare risorse dai beneficiati dal Superbonus con la leva fiscale? Oppure questa è solo la prova costume che attende nei prossimi anni il nostro debito pubblico, tra catastrofe demografica, assenza di crescita e shock esterni?

Ma soprattutto: c’è qualcuno che riesce, in questo maledetto paese, a fare una analisi ex ante prima di aprire la bocca e dare il proprio contributo alla produzione di anidride carbonica?

Altro punto: Giorgetti ha detto in audizione che “Noi siamo arrivati al Governo nell’ottobre 2022 quando la valanga era già partita e abbiamo fatto quello che potevamo fare”. Dimenticando che il suo partito era parte della maggioranza del governo di Mario Draghi, e lui era ministro dello Sviluppo economico.

Nel frattempo, è sempre Giorgetti a criticare la Banca d’Italia, nella precedente presidenza di Ignazio Visco, affermando che la proposta di Palazzo Koch (gestione Panetta) di bloccare il Superbonus prima della scadenza “sarebbe stata gradita anche nel 2023, 2022 o 2021”. Io immagino invece cosa sarebbe successo in quello scenario: accuse alla Banca d’Italia di essere parte del Deep State che congiura contro la sacra autonomia degli eletti e la felicità del paese. “Se vuole governare, la Banca d’Italia si presenti alle elezioni e chieda i voti”. Andiamo avanti così, facciamoci del male.

Se qualcuno tra voi lettori pensa che io abbia ripetuto cose già scritte, ha in buona parte ragione. Ma non è colpa mia se riesco a vedere e prevedere le cialtronate di una classe politica che insiste a giocare con l’accendino vicino a una santabarbara.

  • Aggiornamento dell’11 maggio: arriva il maxi emendamento governativo al decreto legge: lo spalma-bonus si applicherà a tutti i lavori ancora in corso nel 2024, quelli che avvengono con la nuova aliquota di detrazione scesa da 110 a 70 per cento. Secondo stime di Ance, l’associazione dei costruttori, sarebbe di almeno 16 miliardi di euro il valore dei cantieri colpiti dalla stretta. Altra novità: le banche non potranno più compensare, a partire dal 2025, crediti del Superbonus con debiti Inps. Sempre dal 2025, le banche e le società finanziarie dovranno spalmare in sei anni i vecchi crediti ma solo se acquistati a prezzo inferiore al 75 per cento del valore nominale. Questa sarebbe la cosiddetta “misura anti-usura” (sic). Nei fatti, è una specie di tassazione degli “extraprofitti” delle banche. Le quali avranno modo di riflettere sull’opportunità di tenere i propri portafogli titoli di proprietà concentrati su titoli di stato italiani, che in effetti stanno già riducendo.



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