Bologna cin cin: dopo 60 anni torna in Coppa dei Campioni!
La memorabile impresa del team rossoblu di Joey Saputo costituisce una sorta di anomalia in un sistema dominato e per certi versi oppresso dall'aristocrazia.
L'ultima volta che il Bologna s'era qualificato per la Coppa dei Campioni era il 1964. In quell'anno la Ferrero lanciava sul mercato la Nutella e l'Italia vinceva l'Eurovision Song Contest con Gigliola Cinquetti. All'epoca per accedere alla massima rassegna continentale bisognava percorrere la via maestra che conduceva dritti allo Scudetto. Non esistevano alternative, non erano contemplate scorciatoie. Occorreva necessariamente essere i migliori dei rispettivi tornei nazionali. E quel Bologna, il migliore, lo era stato decisamente. Più forte di tutti e di tutto, persino di un goffo (ma ignobile) complotto, ordito da gente senza scrupoli (tuttora rimasta ignota), che avrebbe dovuto estrometterlo con tanto d'infamia dal Paradiso. Ma la giustizia, per fortuna, grazie all'acume degli inquirenti, prevalse, e la meritocrazia pure. Ma a prevalere fu soprattutto un autentico squadrone, che magari non faceva tremare il Mondo come ai tempi del “Ventennio”, ma qualche fremito tra gli avversari continuava pur sempre a produrlo. A suscitare inquietudine tra i nemici bastavano i nomi. Il sommo Bulgarelli, il magico Haller, il bombardiere Pascutti. E poi c'era lui, Fulvio Bernardini, l'allenatore dei miracoli. Questi, dopo anni trascorsi sulla verde arena ad esporre tramite le sue giocate sublimi il verbo calcistico, una volta sedutosi in panchina s'era mostrato estremamente a suo agio, continuando con grazia, anche nelle nuove vesti di professore, ad elargire ai suoi “allievi” la propria erudizione pallonara. Il Dottor Pedata nel 1956 aveva issato la sorprendente Fiorentina in cima alle aspettative, regalandole uno Scudetto che ebbe del sensazionale, e che, avvalendosi di gente come Cervato, Virgili, Montuori e Julinho, diede uno scossone alle gerarchie precostituite. Poi nel 1964 sarebbe arrivato il secondo prodigio (ed il secondo assalto al palazzo dei grandi), stavolta alla guida del Bologna del celebre Presidente R. Dall'Ara. Dicevamo di Bulgarelli, Haller e Pascutti. Ma in quel torneo a salire sulla cattedra della storia fu tutta la squadra, che, come accennavo, aveva mostrato una inconsueta forza, sia tecnica, sia mentale, superando indenne persino una vile accusa di doping che avrebbe fatto stramazzare al suolo un cavallo. Parliamo di cavallo? Eh già, solo un cavallo avrebbe potuto sopportare l'enorme quantità di anfetamine rinvenute nelle provette incriminate, che avevano rischiato di compromettere il Campionato dei felsinei. Da qui si comprese che tali provette erano state volutamente alterate per inguaiare la squadra emiliana. Alla fine del torneo per risolvere la contesa si rese necessario uno spareggio (contro l'Inter), il primo ed ultimo nella storia della Serie A. Fu vinto 2-0, ed il sigillo lo appose Nielsen, capocannoniere del torneo, un altro tra gli assoluti protagonisti di quell'annata memorabile culminata nell'ultimo (il 7°) Scudetto rossoblu e nella loro storica qualificazione in Coppa dei Campioni.
IL BOLOGNA E LA SUA IMPRESA D'ALTRI TEMPI
Quella stessa qualificazione che dopo 60 anni ha riacciuffato il Bologna di Thiago Motta, Zirkzee, Freuler e compagni. Stavolta per entrare nel massimo torneo continentale non vi è stato bisogno di vincere il Campionato. Ormai da tanti anni è tutto cambiato e per garantirsi il diritto di calcare il palcoscenico europeo può bastare un semplice 3° o 4° (ed a volte anche il 5° e persino il 6°...) posto. Ciò però non attenua i meriti (e sono tanti) di una società di tutto rispetto, che è riuscita ad eccellere senza svenarsi in spese folli, senza truccare bilanci (almeno spero) e senza disporre di fuoriclasse galattici, regalandosi un'annata di gloria inattesa in un'epoca poco incline a concedere asilo alle classi meno abbienti, in un'era in cui il potere del dio denaro incide sempre di più rispetto al passato, quando invece l'ago della bilancia veniva sovente orientato dalla sagacia professionale (e da un certo spirito d'avventura), che diligentemente sapeva farsi largo persino tra colossi industriali come Juventus (targata FIAT) o Milan (edito Rizzoli), che usavano i loro conti economici come arme di distruzioni di massa. Oggi, molto più che in passato, il calcio è un'azienda, nulla di più, nulla di meno. E per sfondare occorre essere dotati di spirito imprenditoriale e soprattutto di un corposo patrimonio. E la tavola rotonda del successo quasi sempre è esclusiva delle potenze del business. Vincere non è più una gioia genuina. Vincere è diventato un affare come un altro. Chi non ha abbastanza disponibilità monetarie deve accontentarsi di sedere ai margini del banchetto. Oggi l'unico modo per sopperire alla scarsità di averi è quello di far leva sull'ingegno (che per fortuna va sempre di moda), che a volte, ma solo a volte, può incidere più del capitale. Come è accaduto a questo Bologna. Certo, la società emiliana non è proprio una indigente del football, ma, a fronte dei modesti investimenti, quello che il team di Joey Saputo è riuscito a portare a casa supera di slancio le aspettative, e gli interessi ottenuti non corrispondono per niente a quanto bonificato nel conto della speranza. Il Bologna rappresenta una felice e graditissima eccezione in un mondo sempre più chiuso alle novità (col divario fra ricchi e meno ricchi che si sta ulteriormente ampliando), sempre più restio ad accogliere nel proprio circolo delle società non abbastanza dotate economicamente. Il team rossoblu costituisce una sorta di anomalia in un sistema dominato e per certi versi oppresso dall'aristocrazia. Per fortuna, sebbene nel calcio, come nella vita, i soldi facciano la differenza, è innegabile che fra un conto economico a tanti zeri ed un misero bilancio c'è pur sempre un pallone che rotola. E non sempre va nella direzione preventivata. In fondo questo lo si è sempre... Saputo.
L'ATALANTA ED IL SUO MIRACOLO PERPETUO
Lo storico traguardo raggiunto dal Bologna ha scardinato la consuetudine ed ha smantellato le convenzioni, ma non è certo l'unico caso eclatante di una provinciale che sovverte i pronostici. Anzi, l'exploit emiliano, per quanto roboante, per adesso rimane circoscritto a questa stagione. Invece c'è un'altra squadra che da diversi anni a questa parte inverte regolarmente i dettami dell'ordinario, rappresentando una sorta di miracolo perpetuo. Ci riferiamo ovviamente all'Atalanta. Anche quest'anno la Dea si è confermata sul cocuzzolo delle outsider, essa, che in realtà non può essere più catalogata fra le rivelazioni. La squadra neroblu è una ex popolana che negli ultimi anni è riuscita ad affrancarsi, adoperando unicamente le sue forze, dalle proprie condizioni di povertà che la tenevano ancorata alla mediocrità, sino a riuscire ad infiltrarsi stabilmente nel novero del patriziato. Certo, non ha ancora maturato quella tradizione idonea per acquisire i fregi nobiliari, e rimane perciò una specie d'intrusa in pianta stabile, ma la sua presenza alla Corte gentilizia è ormai ben accetta e non più guardata con senso d'avversione o di stupore. Pur non possedendo un albero genealogico nobiliare, la sua presenza incute riverenza ed ammirazione. Il successo sulla Roma le ha in pratica garantito l'ennesimo accesso all'Europa dei grandi, indorando anche questa stagione. Una stagione che nei prossimi giorni potrebbe toccare l'apice dell'amenità. Stasera è in programma la Finale di Coppa Italia e poco più avanti è fissata la Finale di Europa League. La compagine bergamasca sarà presente in entrambi gli appuntamenti di gala, sia contro la Juventus (reduce da un Campionato anonimo), sia contro il Bayer Leverkusen (team giustiziere della Roma e reduce dallo storico Titolo in Bundesliga). Suscita clamore in particolare l'atto conclusivo della seconda competizione europea, che per la prima volta nella sua storia vedrà la Dea giocarsi un trofeo internazionale. Comunque vada sarà un successo. Per i lombardi, infatti, raggiungere la Finale della ex Coppa Uefa assume già il significato di una vittoria che rimarrà negli annali e rappresenta il punto più alto mai raggiunto dalla sua fondazione avvenuta nel lontanissimo 1907, in piena “Belle Epoque”. Una Belle Epoque che in ambito calcistico l'Atalanta sta facendo rivivere ai propri tifosi, ormai da oltre un lustro assuefatti all'irreale, educati all'incredibile. Se la compagine di quel mago di Giampiero Gasperini (entrato ormai nella leggenda del calcio nostrano) dovesse realizzare l'ennesima magia, la più bella, ovvero portare a casa almeno uno dei due trofei in palio, ciò sarebbe da annoverare fra gli eventi fatati del calcio contemporaneo, e rappresenterebbe il culmine di una epopea mitica in cui si è oltrepassato il confine dell'immaginabile, e a cui manca soltanto il riconoscimento ufficiale di una Coppa. In fondo la storia, quella vera, quella indelebile, appartiene soltanto agli albi d'oro. E se gli exploit non sono suffragati da un trofeo, per quanto essi possano essere straordinari, sono destinati prima o poi a volatilizzarsi tra le sfere celesti del tempo.
Alberto Sigona
ATALANTA-ROMA |
2-1 |
DE KETELAERE, DE KETELAERE, LO. PELLEGRINI r. |
FIORENTINA-MONZA |
2-1 |
DURIC (M), NICO GONZALEZ, ARTHUR |
FROSINONE-INTER |
0-5 |
FRATTESI, ARNAUTOVIC, BUCHANAN, LAUTARO M., THURAM |
GENOA-SASSUOLO |
2-1 |
PINAMONTI r. (S), BADELJ, aut. KUMBULLA |
JUVENTUS-SALERNITANA |
1-1 |
PIEROZZI (S), RABIOT |
LAZIO-EMPOLI |
2-0 |
GABARRON, VECINO |
LECCE-UDINESE |
0-2 |
LUCCA,, SAMARDZIC |
MILAN-CAGLIARI |
5-1 |
BENNACER, PULISIC, NANDEZ ©, REIJNDERS, LEAO, PULISIC |
NAPOLI-BOLOGNA |
0-2 |
NDOYE, POSCH POLITANO (N) no r. |
VERONA-TORINO |
1-2 |
SWIDERSKI (V), SAWA, PELLEGRI |
Classifica Squadre
Inter 92 Milan 74 Bologna, Juventus 67 Atalanta 63
Roma 60 Lazio 59 Fiorentina 53
Napoli 51 Torino 50 Genoa 46 Monza 45
Lecce 37 Verona 34 Udinese, Cagliari 33 Frosinone 32
Empoli 32 Sassuolo 29 Salernitana 16