venerdì 31 marzo 2023 - Pressenza - International Press Agency

Bhopal: una vita vale 2 mila dollari!

A chi ha meno di 30 anni il nome Bhopal difficilmente dirà qualcosa, perché accadde 39 anni fa in quelle città nel cuore dell’India il più spaventoso disastro che l’industria chimica abbia mai registrato.

di Angelo Baracca

(Foto di Luca Frediani by Wikimedia)

 Fu la notte tra il 2 e il 3 dicembre del 1984 quando 42 tonnellate di una sostanza tossica sono fuoriuscite da uno stabilimento industriale di pesticidi della statunitense Union Carbide: furono migliaia i morti nelle prime 72 ore e altre decine di migliaia nei giorni, settimane e anni successivi, il disastro di Bhopal ha distrutto per sempre la vita di un intero territorio indiano.

Come sempre il bilancio delle vittime cambia a seconda delle fonti: in fondo che importanza ha se il miliardo di cittadini Indiani è qualche migliaio in meno? Si stima si possa essere raggiunto i 3700 decessi, e tantissimi altri si ammalarono irreparabilmente raggiungendo un bilancio di 20mila morti negli anni successivi (23.000 è la stima dei sopravvissuti) in seguito al contatto con la sostanza. L’acqua divenne impossibile da bere e l’aria impossibile da respirare. E lo sarebbero stati per tanti, tanti anni dopo.

In internet si trovano innumerevoli resoconti dettagliati, qui mi interessa andare al nocciolo della conclusione arrivata dopo 39 anni: la ricerca di giustizia da parte delle vittime di uno dei peggiori disastri industriali del mondo si è conclusa bruscamente! La Corte suprema indiana ha respinto una petizione che chiedeva un ulteriore risarcimento alla Dow Chemical, ora proprietaria dell’azienda responsabile della fuoriuscita quella notte del gas isocianato di metile (500 volte più velenoso del cianuro di idrogeno). I feriti hanno ottenuto un risarcimento massimo di 100.000 rupie (oggi 1.200 dollari) e le famiglie che hanno perso un loro caro hanno ricevuto 200.000 rupie! Nel 2010, a sette ex dirigenti dell’impianto sono state comminate multe minori e brevi pene detentive, mai scontate.

La Corte Suprema ha di fatto chiuso le porte alle vittime che cercano di ottenere un risarcimento legale dalla Dow Chemical. Anche se le cause legali non sono finite, altre due cause sono ancora pendenti presso la Corte suprema: L’Union Carboide è accusata di aver contaminato le falde acquifere con rifiuti pericolosi e la popolazione locale sta facendo causa per ottenere acqua potabile pulita. Numerosi altri casi penali e medici sono ancora pendenti presso i tribunali locali e regionali.




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