venerdì 31 luglio 2009 - Nello Russo

Berlusconi sceglie Milano come sede del Segretario Economico dell’UpM

 
Il Governo candida la città di Milano come sede del Segretariato Economico dell’Unione per il Mediterraneo, su proposta di Silvio Berlusconi che naturalmente gioisce nella previsione di potere tenere sotto controllo il flusso del denaro pubblico destinato alle regioni più disagiate del bacino del Mediterraneo, dalla sua cabina di regia.
 
Il governo nazionale prepara in tal modo una gabbia abbastanza stretta, nella quale verrà rinchiusa la necessità di uno sviluppo concreto per il Sud d’Italia in particolare, in quanto alle regioni del Meridione sarà preclusa la possibilità di una concorrenza diretta alla soddisfazione dei bisogni nell’ambito della promozione del lavoro, del processo occupazionale e degli investimenti finanziari alle imprese, che nei territori martoriati dal condizionamento della mafia riescono a malapena a prendere forma, fino a quando non vengono sommerse dai debiti accumulati a causa dei profitti smisurati delle cosche.

E’ certo che, nel contesto dell’UpM, Milano e la Lombardia, non avendo una vocazione mediterranea, potranno capire ben poco o niente delle reali esigenze di sviluppo e di integrazione delle Nazioni del bacino mediterraneo. E questo, sotto l’aspetto sociologico ed interculturale.
 
Quindi è di tutta evidenza che Berlusconi voglia dirottare l’interesse solo sulla gestione tout court, dei fondi strutturali e delle risorse economiche destinate all’implementazione dello sviluppo complessivo dell’economia del Sud e delle relazioni multiculturali del bacino del Mediterraneo, piuttosto che rispondere ai reali bisogni sul piano degli interventi mirati.

Rispetto a questa “raffinata” scelta milanese, operazione di politica economica di sostanziale ritorno mediatico e d’immagine, i giulivi parlamentari del Meridione d’Italia, ed in particolare quelli della Sicilia (a parte qualche personale presa di posizione, sporadica e tenue tale cioè da non creare instabilità nella maggioranza, o da mettere ansia nell’opposizione) si tengono ben lontani dal lamentare l’arroganza del Governo, impositiva della candidatura milanese, a fronte dell’esclusione invece di città di solare permeazione culturale mediterranea, come Palermo, Messina, Catania, Bari, Reggio Calabria, Napoli, che sono i luoghi naturali di un interscambio culturale tra civiltà, che poco hanno a che fare con l’impianto mitteleuropeo delle città del Nord Italia, tra le quali appunto Milano.
 
In definitiva, mediante l’esclusione delle città del Sud, quali sedi naturali del Segretariato Economico, si celebra la mortificazione della gente del Meridione e più in generale di quella del bacino del Mediterraneo.
 
Ecco ora, brevemente, spiegato che cos’è l’Unione per il Mediterraneo, prendendo spunto dalla lineare illustrazione data su Wikipedia:
 
"Il Processo di Barcellona, noto anche come Partenariato euromediterraneo, è il nome con cui si indica la strategia comune europea per la regione mediterranea. Tale processo fu avviato dall’Unione Europea, che all’epoca contava 15 stati membri, e da altri 12 stati della regione durante la conferenza di Barcellona che si riunì il 27 novembre e il 28 novembre 1995. Alla conferenza parteciparono come osservatori gli Stati Uniti. Successivamente, dopo l’allargamento dell’Unione Europea avvenuto del 2004, Malta e Cipro che partecipavano al processo come paesi terzi, divennero parte del processo come membri dell’Unione Europea.
Il processo si sviluppa dal 1995 attraverso incontri annuali allo scopo di tracciare il percorso verso il raggiungimento degli obbiettivi delineati a Barcellona che sono tre:
  • Obiettivo politico - La creazione di una politica per garantire la sicurezza e la stabilità della regione mediterranea, anche attraverso la scrittura di una Carta per la stabilità e la sicurezza del Mediterraneo;
  • Obiettivo economico - Favorire lo sviluppo economico della regione mediterranea, anche mediante la firma di appositi accordi bilaterali fra l’Unione Europea e ciascuno dei partner con l’obiettivo a medio termine di istituire una zona di libero scambio nel 2010 (EU-MEFTA);
  • Obiettivo culturale - La creazione di un scambio culturale costante e forte fra le società civili dei paesi membri. Implicitamente in questo punto si fa ricadere la promozione della conoscenza e del rispetto delle culture reciproche (con particolare riguardo ai diritti civili e politici).
Il processo prevede l’utilizzo sia di accordi bilaterali fra gli Stati membri, sia la definizione di politiche regionali. Gli attuali dieci partner mediterranei beneficiano dei fondi della Banca europea d’investimento all’interno del programma MEFTA di sviluppo del Mediterraneo.
 
L’obiettivo più a lungo termine del partenariato, è la creazione dell’Unione per il Mediterraneo (o "Unione mediterranea"). Proprio alla creazione di quest’ultima ha fatto riferimento Nicolas Sarkozy durante la campagna elettorale del 2006.

L’Unione per il Mediterraneo è un organismo internazionale ispirato al modello dell’Unione Europea, che intende avvicinare i rapporti fra le nazioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo, pur non costituendone una prerogativa. È stata presentata a Parigi il 13 luglio 2008 dal presidente Nicolas Sarkozy, in carica anche come Presidente del Consiglio Europeo. L’Unione è una conseguenza naturale del Processo di Barcellona, che dal 1995 ha intenzione di avvicinare l’Unione Europea alle nazioni mediorientali e africane.

Riprendendo gli scopi istitutivi del processo di Barcellona, l’obiettivo dichiarato è la promozione della cooperazione tra le due sponde del mare interno; le sue priorità sarebbero la risoluzione delle problematiche relative all’immigrazione dai paesi meridionali verso quelli settentrionali, la lotta al terrorismo, il conflitto israelo-palestinese, la tutela del patrimonio ecologico mediterraneo. In particolare è stata data priorità a sei iniziative concrete: il disinquinamento del Mediterraneo, la costruzione di autostrade marittime e terrestri per migliorare le fluidità del commercio fra le due sponde, il rafforzamento della protezione civile, la creazione di un piano solare comune, lo sviluppo di un’università euromediterranea (già inaugurata a Portorose, in Slovenia), e un’iniziativa di sostegno alle piccole e medie imprese".
 
Appare chiaro ai più, quindi, che l’Italia viene spaccata in due ed impigliata nelle maglie dei politicanti imbelli, senza scrupoli e senza altri interessi, se non quelli riconducibili solo alla sfera degli affari personali o rivolti a garantire le sacche di potere dei lanzichenecchi, cavalieri dell’equilibrio del Nord, che viene fatto passare per gli scandali al Sud dove impennano le discariche, i rifiuti, i termovalorizzatori, i rigassificatori e persino le centrali nucleari. O, ancora, dove il connubio tra la politica ed il malaffare compie la sua opera globale del sacco del territorio, mediante la rovina dell’ambiente, il disastro della sanità, la violenza su ogni luogo vivibile, lo sfruttamento generalizzato.
 
Ma soprattutto dove questo connubio provoca paradossalmente una controtendenza che, rispetto al fenomeno della cattiva gestione degli enti pubblici e dei loro organismi di sottogoverno, sta cristallizzando nell’opinione pubblica un profondo disinteresse verso lo sfascio del sistema amministrativo e che nel contempo da manforte al culto della personalità di uno o più politici, che fino ad ora hanno saputo solo mettere in mostra le loro presunte qualità divinatorie, improprie e devianti.

La storia di questi giorni in Sicilia segna il tempo dell’ineluttabilità di un radicale cambiamento della politica, del suo agire e del suo essere anche categoria intellettuale e morale. Pontificare in Sicilia i vari Lombardo, Cuffaro, Romano ed altri, tanto per fare solo un esempio di uomini, che dal servizio della politica sono giunti nelle camere delle inchieste giudiziarie, o peggio ancora hanno varcato la soglia di una prima condanna, non può non costituire un momento di aberrante sublimazione dell’opera irriverente di costoro e di altri, che non temono il confronto con la giustizia e con quella parte sana della società, che reclama inutilmente la verità sulle stragi di mafia e su quelle cosiddette di Stato, che reclama giustizia per ogni evento delittuoso, che non tollera più la disoccupazione e lo sfruttamento fisico e salariale nel lavoro, o l’impoverimento del territorio.
 
In Sicilia la questione della moralizzazione della politica e della pubblica amministrazione, la questione della gestione degli appalti pubblici, degli investimenti produttivi e degli ammortizzatori sociali e, dunque, la questione più complessa del riscatto sociale del lavoro, sono temi ancora legati alle logiche spartitorie, dedite allo sviluppo ingegneristico della genetica mafiosa, che si radica in ogni luogo della vita pubblica della Sicilia, nel totale abbandono della pratica salottiera dei dibattiti televisivi, dove si consumano solo futili e ridondanti performance dei vassalli berlusconiani e dei boy scout franceschiniani, delle quali si può bene fare a meno.
 
E’ necessario allora compiere un atto di resistenza, per arginare la ramificazione di tutti quegli interessi, politici ed economici, dei quali si nutre la casta, che vengono strategicamente coltivati per ridurre quegli spazi di libertà e di azione, che sono invece necessari per ripristinare la democrazia attiva.

Del resto, sebbene più volte richiamato anche dal Parlamento Europeo, l’attuale Governo italiano resta sordo e prosegue nella prassi della decretazione d’urgenza, scavalcando in tal modo il Parlamento nazionale, dove tuttavia non sembra che vengano esercitati i poteri di controllo e di direzione, per apparire piuttosto come scenario di burlesche beghe di cortile.
 



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