lunedì 16 febbraio 2015 - Phastidio

Banche popolari, l’opzione fumante

Sabato, sul Sole, e rilanciato oggi da altri organi di stampa, è comparso un articolo che, nel filone delle indagini sul presunto insider trading sulle banche popolari, tenta di fare luce sugli scambi di derivati (opzioni) che potrebbero rappresentare prova di “anomalie”. Il filone sta diventando talmente appassionante che il rischio di perdere di vista la realtà ed i termini della questione è ormai certezza.

Da antefatto, per questo “giallo” di insider trading, sappiamo che le quotazioni delle banche popolari hanno strappato con violenza il primo giorno di mercato aperto successivo all’annuncio del consiglio dei ministri di voler procedere alla trasformazione da cooperative a spa degli istituti, quotati e no, con attivi pari ad almeno otto miliardi di euro. Di quello strappo, abbiamo già detto.

Uno strappo dopo un annuncio non è insider trading. Parrebbe pacifico, ma è un “dettaglio” che sfugge ancora a molta gente. Abbiamo anche detto del violento rialzo di Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio (BPEL), da pochi giorni commissariata da Bankitalia. Quello strappo era imputabile a ricoperture, visto il livello elevato di posizioni corte, aperte da chi riteneva di essere in grado di ricomprare il titolo a prezzo più basso di quello di vendita. Ma soprattutto, era anche dovuto al ridottissimo flottante disponibile sul mercato per BPEL.

Discorsi diversi, ben diversi, per le altre popolari, soprattutto due, quelle di maggior peso: UBI e Banco Popolare. Due banche caratterizzate, limitandosi all’ultimo anno, da forte volatilità in un trend tuttavia complessivamente ribassista. Quotazioni dall’andamento simile, per le popolari, e per queste due. A conferma del fatto che qualcosa di “sistemico” o di categoria mantiene elevata la correlazione tra le quotazioni.

Poi è arrivata l’indagine Consob. Un atto dovuto, spinto dal frastuono mediatico, che ha prodotto una relazione con molta circospezione e qualche ipotesi da approfondire. C’è da dire che, se si esaminasse il flusso di notizie potenzialmente sensibili relativo ad un titolo, e l’andamento del titolo medesimo, probabilmente la Consob dovrebbe passare le giornate ad indagare, e dovrebbe anche espandere significativamente i propri organici. E’ interessante quanto scrive Consob a premessa degli esiti dell’indagine:

«(…) l’analisi della dinamica delle quotazioni nel periodo antecedente al 16 gennaio evidenzia che i corsi delle azioni delle banche popolari hanno mostrato in media una performance negativa»

Quindi, nel periodo antecedente l’annuncio di Palazzo Chigi, sui corsi delle popolari (di quasi tutte) era in atto un trend ribassista. Il che significa che gli operatori in maggioranza hanno cercato di cavalcare questo trend e che di conseguenza, immediatamente dopo l’annuncio del cdm, sono corsi a chiudere le posizioni in perdita, ricoprendosi. Da qui il contributo allo strappo delle quotazioni. Tutto ciò premesso, provate a focalizzare l’attenzione sulla vicenda e sulla scansione temporale della medesima: nei giorni precedenti un annuncio ferocemente rialzista, i corsi delle banche interessate manifestano un trend mediamente ribassista. A voi questa sembra una dinamica di insider trading? A noi no.

La Consob, per adempiere al proprio mandato, isola ed identifica quindi quegli operatori che, entro una tendenza “mediamente ribassista”, hanno comprato, e definisce questa una “operatività potenzialmente anomala”. Noi ci auguriamo che l’anomalia non derivi semplicemente dall’operare controtendenza, perché se così fosse saremmo alla frutta. Ora la palla è passata alla magistratura, contro ignoti. Anche questo è un atto dovuto. Seguiranno rogatorie ed archiviazione ma non vorremmo svelarvi come andrà a finire: magari si riuscirà a pescare il classico fesso che ha effettivamente comprato prima del cdm sapendo cosa il cdm avrebbe deliberato. E’ del tutto possibile, sia chiaro.

A proposito, fate un esperimento. Prendete il grafico a 12 mesi del titolo UBI, qui sotto (se prendete quello di Banco Popolare avrete la stessa dinamica), e guardate la forte volatilità di breve periodo entro un trend di medio termine che è inequivocabilmente ribassista. Vedete anche alcuni strappi, in giù o in su? Bravi. Ora abbiamo una notizia per voi: è possibile che quegli strappi derivino da voci su aggregazioni e/o su modifiche richieste alla disciplina del voto capitario delle popolari. Da quanti anni Bankitalia (e non solo) lo richiede, nelle sedi ufficiali ed ufficiose? Altra domanda: voi, di fronte a questi picchi di volatilità di breve termine, presentereste un esposto alla Consob? Oppure la Consob dovrebbe ritenere di muoversi autonomamente per indagare eventuali ipotesi di insider trading? Altra domanda metafisica: esiste differenza tra volatilità dei corsi di un titolo e fumus di insider trading oppure le due cose sono sinonimi? Se avete risposto “la seconda che hai detto”, siete pronti per chiedere la chiusura di ogni mercato, regolamentato e non, del pianeta. Ed anche per sopprimere il genere umano, riteniamo.

Guardate il grafico UBI, in calce a questo articolo: che sarà mai successo, tra il 22 maggio ed il 26 maggio, per produrre un rialzo di oltre il 10%? Forse che qualcuno “sapeva”? Sapeva, cosa? Non importa, sapeva. Anzi, non poteva non sapere, tiè. E quella picchiata in ribasso dal 4 al 7 agosto, per quasi il 15%? Hmmm, forse qualcuno sapeva, anche in questo caso. E dov’era la Consob? E la Sovrintendenza alle Belle Arti? Eh, dov’era? Dobbiamo andare avanti con gli esempi o può bastare?

Veniamo al discorso delle opzioni. Citiamo il passaggio del pezzo del Sole di ieri:

«Si osserva che qualcosa è effettivamente accaduto. In particolare sul titolo del Banco popolare, sin da agosto, intorno al 12, sono stati sottoscritti sino a 12mila contratti di opzione con scadenza marzo, ciascuno per mille titoli a contratto. Prima anomalia. Si tratta di un periodo molto lungo. Troppo -a giudizio degli operatori contattati dal Sole24Ore – per titoli azionari di banche, aziende sottoposte a una volatilità elevatissima -. Anche nel corso dei primi dieci giorni di dicembre, cioè a un mese dalla disclosure del governo sulla Riforma, si è visto un picco di opzioni analogo. E così è accaduto su Ubi Banca. Dove in particolare un’opzione call in scadenza a marzo e a prezzo di esercizio 7 euro ha strappato alla fine di agosto. Mentre una opzione con prezzo d’esercizio a 6,4 euro ha strappato tra settembre e ottobre. Va detto che non si tratta di volumi tali da lasciare ipotizzare un massiccio rastrellamento predeterminato»

Andiamo con ordine, se possibile. Intanto, le quotazioni del Banco popolare hanno toccato un minimo di periodo il 7 agosto 2014, poi violato proprio a dicembre, quando sono stati segnati nuovi minimi. E’ così strano pensare che, in simili circostanze, qualcuno compri opzioni call, cioè rialziste? No, non lo è, ma perché scadenza marzo 2015? Forse (azzardiamo) perché la volatilità implicita su quella scadenza era anomala (cioè inferiore) alla struttura a termine della volatilità, e quindi gli acquirenti potevano massimizzare l’impatto favorevole sull’opzione di successivi apprezzamenti del sottostante. Ancora: la scadenza lunga, ad esempio, poteva essere una sistemazione di posizioni sul sottostante non smobilizzabili prima di marzo, chissà. Ma ancora una volta, questa è prova di insider trading? Ancora una volta, no. Badate, se andiamo a ricostruire ex post tutta l’operatività su sottostante e derivati di un mercato, riusciamo a spiegare anche la fuga degli americani da Saigon nel 1975. Questo sarebbe uno dei filoni più fertili del cospirazionismo finanziario, in effetti. In un mercato in tendenza c’è sempre qualcuno in controtendenza: serve a dare liquidità al mercato, che altrimenti smetterebbe di funzionare e si disintegrerebbe. A volte, chi opera in controtendenza fa il bingo, con un enorme jackpot, altre si immola: è sempre questione di “soffiate”? No.

Ultima noterella a piè di pagina. Poiché qualcuno sta già scrivendo che l’operatività in opzioni serve ad occultare quella sul sottostante, cioè a non muovere volumi fisici sull’azione, spiacenti di deludervi: quando si conclude un contratto di derivati, chi vende si ricopre proprio sul “fisico” sottostante, in caso fosse sprovvisto di azioni, e poi rettifica dinamicamente la copertura al variare delle condizioni dei mercati, volatilità in primis. Quindi nessun mercato parallelo per non lasciare traccia né alone su quello regolamentato.

Tutto ciò premesso, ci auguriamo un paio di cose: che questa vicenda, oltre ad appassionare e tirar fuori il piccolo complottardo che è in ognuno di noi, serva soprattutto per affinare la cultura finanziaria dei media e magari del grande pubblico. In secondo luogo, che le autorità di vigilanza sul mercato colgano l’opportunità per dotarsi di strumenti statistici di profilazione degli andamenti “anomali” delle quotazioni degli strumenti finanziari su mercati regolamentati. Magari questi strumenti esistono già, chissà. Di certo, vanno usati con circospezione e cum grano salis, ad evitare di scatenare una caccia alle streghe e giungere a bloccare ogni mercato, come detto sopra.

Poi, se volete continuare a cacciare la strega-insider che costruisce una posizione su azioni di una popolare e la chiude in perdita dopo alcuni mesi, liberissimi.

UBIannuale

UBI Banca, quotazione a 12 mesi




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