mercoledì 20 settembre 2017 - Phastidio

Banche: il calo delle sofferenze e lo strano momento autocelebrativo dei banchieri

Partecipando, ieri, ad un convegno della Cgil, il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, ha ritenuto di regalarsi un moto di orgoglio, commentando il calo delle sofferenze dei nostri istituti di credito. 

Dove siano i meriti “veri”, tuttavia, è più disputabile. “Siamo andati avanti per mesi a parlare del problema mondiale degli Npl italiani e ora che in sette mesi sono diminuiti del 25 per cento non ne parla più nessuno”. Che, detta, in questi termini, sembra la versione alternativa di “ehi, perché non ci fate i complimenti, visto quanto siamo stati bravi?”. Ma fu vera gloria?

Intanto, basterebbe ricordare che di fatto il calo dello stock di sofferenze è imputabile ad un numero di operazioni, molto differenti tra loro per genesi ed esito, che letteralmente si contano sulle dita di una mano. L’aumento di capitale Unicredit, per 13 miliardi, serviti a svalutare crediti per 12,2 miliardi, poi ceduti a veicoli specializzati dove la banca detiene una partecipazione, per beneficiare di recuperi nel valore di realizzo. Poi, MPS, che con la nazionalizzazione (si può dire, nazionalizzazione?), rimuoverà dal proprio bilancio e dalle statistiche di sistema 28,6 miliardi di sofferenze lorde, cedute al 21% del nominale. Poi le due venete, di cui è stata liquidata la parte ammalorata, con rimozione dal sistema bancario di altri 17 miliardi.

Se si fanno questi conticini, si scopre che la riduzione dello stock di sofferenze è frutto in amplissima parte di queste quattro situazioni. Poi, ci possiamo anche vantare di questo taglio ma sfuggono i presupposti del “merito”. Di fatto, solo Unicredit è uscita da sola dal problema. Nel resto del sistema, i problemi sono forse usciti dal radar ma persistono in ampia misura. E giova anche ricordare che questi tagli dello stock di sofferenze sono frutto di profondi traumi. Per anni ci hanno detto che non esisteva un mercato delle sofferenze; che ciò accadeva perché eravamo di fronte ad un fallimento di mercato; che quello degli Npl era un mercato oligopolistico e quindi necessitava una bad bank pubblica, ed altre amenità. Oggi, la montagna si è ridotta di un quarto ma -ripetiamolo- non per azione virtuosa dei banchieri. E le sofferenze sono state stralciate, non certo coltivate amorevolmente in house, per farne lievitare il valore di recupero.

Non si parla abbastanza di questo “miracolo”, dottor Patuelli? Forse perché questo miracolo è costato e costerà assai caro ai contribuenti, per MPS e le due venete? Continua a non essere chiaro perché il capo del sindacato dei banchieri dovrebbe inorgoglirsi di questo esito. Piuttosto, serve continuare a lavorare, e molto, perché anche con questo ridotto stock di sofferenze, la prossima recessione manderà sott’acqua altre banche. Alla riduzione della montagna di sofferenze ha poi contribuito l’uso di garanzie pubbliche sulle cartolarizzazioni, che in alcuni casi hanno dato luogo al reimpacchettamento di sofferenze che restano presso la banca, che non è obbligata a trovare acquirenti esterni. Qui c’è il rischio che, in caso di perdite tali da azzerare le tranche più rischiose, sia lo Stato a pagare. Lo scopriremo solo tra alcuni anni.

Non a caso il governo sta studiando nuove misure per aumentare il valore di recupero dei crediti ammalorati. Ma per fare questo serviranno misure che fatalmente passeranno sui debitori in modo molto ruvido. Come quella che potrebbe prevedere la possibilità per le banche di pignorare direttamente il saldo di conto corrente del debitore. Cosa oggi possibile solo limitatamente a stipendi e pensioni accreditati prima dell’azione esecutiva. Inoltre, per aumentare il valore di recupero degli immobili pignorati, pare verrà previsto l’obbligo di sfratto per l’immobile pignorato nel momento della sua messa in vendita, e non dell’aggiudicazione, come invece avviene ora. Come si nota, se queste misure vedessero la luce, le banche avrebbero un significativo miglioramento della posizione di forza verso i debitori, per la finalità (come detto) di aumentare il valore di recupero delle sofferenze. E se tutto ciò non bastasse, resta sempre la possibilità di rimettere mano al patto marciano, chissà.

Sofferenze in calo record, quindi? Solo per “merito” di alcuni casi eclatanti, numeri alla mano. Il tutto con elevati costi per il contribuente, presenti e (forse) futuri, se l’uovo di Colombo delle Gacs dovesse rivelarsi solo un espediente per rinviare la resa dei conti. Quindi, riproporremmo la domanda: ma che ci sarà mai da festeggiare, dottor Patuelli?




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