Asia Argento, Jimmy Bennet e la forza del #MeToo
di Cinzia Sciuto (*)
Una vicenda che sarà di certo utilizzata dai suoi detrattori per gettare discredito sul movimento #MeToo. Io invece credo che da questa vicenda il movimento esca addirittura rafforzato e questa che possa rappresentare un’occasione per compiere un ulteriore passo di maturazione. E questo per due ragioni.
La prima è che senza il #MeToo non ci sarebbe stato il caso Argento-Bennet. Senza il clima creato dal movimento, senza la diffusione della consapevolezza che non è più accettabile abusare delle proprie posizioni di potere per ottenere favori sessuali e che gli abusi e le molestie si possono concretizzare anche senza forme di violenza fisica, Jimmy Bennet – sempre che le sue accuse siano fondate – non avrebbe probabilmente avuto il coraggio di denunciare Asia Argento.
Grazie al #MeToo a Bennet nessuno chiederà: “Perché non hai parlato prima?”.
Grazie al #MeToo a Bennet nessuno domanderà: “Perché non sei scappato? Mica eri legato al letto con le catene! Ti sei persino fatto il selfie dopo!”.
Grazie al #MeToo nessuno dirà a Bennet: “Ma dai, su, a un ragazzo di 17 anni non possono che far piacere le avance di una donna matura, bella e di successo”.
Grazie al #MeToo nessuno rinfaccerà a Bennet: “Il mondo dello spettacolo funziona così, lo sai bene. Se vuoi lavorarci, devi accettarlo”.
Grazie al #MeToo nessuno accuserà Bennet di essere stato complice di chi stava abusando di lui perché magari pensava di ottenere qualche parte in qualche film.
Perché il #MeToo ha scoperchiato il vaso di Pandora, lasciando uscire la melma che si nasconde nelle relazioni asimmetriche, nelle quali una delle due parti ha un potere nettamente soverchiante l’altra e lo usa senza tenere in conto l’altro come soggetto autonomo, ma lo tratta (talvolta persino senza esserne pienamente consapevole) esclusivamente come oggetto del proprio desiderio, del proprio piacere, dei propri scopi. O come strumento di conferma del proprio potere.
Una melma che non esclude affatto le donne, come è evidente. Perché quello che si denuncia è un sistema di potere: una questione dunque prettamente sociale e politica, non “naturale”, non un peccato originario di cui l’uomo (inteso come essere umano di sesso maschile) si è macchiato e da cui non può liberarsi, ma come meccanismo sociale e politico di cui gli uomini sono stati per secoli i principali (anche se non gli unici) protagonisti.
E qui veniamo alla seconda ragione per la quale la vicenda Argento-Bennet rafforza il #MeToo, e cioè che il valore delle cause non dipende dalla moralità e neanche dalla coerenza (sempre ovviamente auspicabile) di chi se ne fa portatore. I princìpi, i valori – quando sono fondati sulla ragione e la dignità umana – trascendono gli individui. Che Asia Argento rischi di rimanere schiacciata sotto il peso delle sue stesse battaglie dimostra che quelle battaglie hanno una forza intrinseca che neanche chi se ne è fatto portavoce può piegare ai propri personali interessi.
Il #MeToo non è un movimento strutturato, con una precisa piattaforma politica, ma un’onda nella quale ciascuna (e, da oggi dobbiamo dire, ciascuno) si inserisce con la propria storia e la propria sensibilità. Non escludo affatto, dunque, che qualcuno abbia inteso il movimento come una sorta di resa dei conti con il mondo maschile, al quale attribuire intrinsecamente tutti i mali del mondo. Una posizione non solo ingiusta, ma anche impotente: se così fosse, se il problema stesse nell’intrinseca natura di uomini e donne, non ci sarebbe nessuna battaglia da condurre. Ma questa è in realtà solo una superficiale patina, scostando la quale si vede facilmente (per chi naturalmente ha l’onestà intellettuale di voler vedere) la natura politica delle rivendicazioni del #MeToo. La vicenda Argento-Bennet deve dunque aiutarci a spazzare via del tutto quella patina, a dire finalmente in modo molto chiaro che qui non è in gioco una “guerra dei sessi” ma la denuncia di un sistema di potere.
(*) ripreso da www.animabella.it