venerdì 27 luglio 2018 - Giovanni Graziano Manca

Arte folle. Pazzi, sociopatici e geni, di Massimo Centini. Sui rapporti tra genio e follia, creatività e malattia psichica, arte e malinconia

Sull’argomento scrisse anche il grande Aristotele ben oltre tre secoli prima di Cristo. Nel trattatello Problemata, tradotto oggi come “La melanconia dell’uomo di genio”, parlando di temperamenti melanconici e di personaggi “notevoli” che perdono la ragione o che “inseguono le solitudini”, lo stagirita scrisse: “Pare che molti altri eroi abbiano accusato sindromi identiche a queste; fra i personaggi più recenti Empedocle, Platone, Socrate, e parecchi altri uomini illustri, come pure la maggior parte dei poeti”. a

Karl Theodor Jaspers, filosofo e psichiatra tedesco, dal canto suo, negli anni Venti del secolo scorso pubblicò veri e propri studi psichiatrici sulle personalità di Strindberg e di Van Gogh, di Swedenborg e di Hölderlin. Pubblicazioni di grande interesse come quella di Massimo Centini che qui recensiamo continuano ad affrontare oggi l'argomento dei rapporti esistenti tra genio e follia, creatività e malattia psichica, arte e malinconia. Si tratta peraltro di problemi dibattuti fin dall'antichità sui quali si hanno poche certezze. L’autore del saggio, infatti, afferma inequivocabilmente che "Anche se esistessero evidenze biografiche tali da confermare la presenza di problematiche psicopatologiche in alcuni geni, non vi è comunque alcun segno specifico atto a certificare la relazione di causa-effetto tra genio e follia." "Arte folle - Pazzi, sociopatici e geni" (YUME ed. 15 euro) riporta opinioni espresse sull'argomento nel corso dei secoli da letterati, artisti, filosofi e cerca di abbozzare, su questa specifica materia, una sorta di compendio "storico-filosofico" che sintetizza il pensiero di Aristotele, Ippocrate, Giorgio Vasari, Erasmo da Rotterdam, David Hume, Cesare Lombroso, Freud e Jung, naturalmente, e tanti altri.

Altrettanto numerosi sono i “casi di studio” trattati. Questi ultimi danno un’idea precisa di ciò di cui si parla anche nel prosieguo del volume: tra le pagine, le inquietanti vicende esistenziali e patologiche di Jean-Michel Basquiat, Maurice Utrillo, Alfred Jarry, Edgar Allan Poe e ancora, in ordine sparso, quelle di Baudelaire (la cui poesia spleen "celebra la condizione melanconica"), Michelangelo (che "avrebbe trasfigurato in alcuni personaggi delle sue opere i disturbi che lo affliggevano"), il Parmigianino (uomo capriccioso e di bizzarro cervello, secondo il Vasari), Torquato Tasso (che soffrì di ossessioni e di manie di persecuzione), Rousseau (il filosofo svizzero ebbe personalità edipica, onanistica e masochistica) e quelle, infine, di Robert Shumann, Claude Monet, Nietzsche, Guy de Maupassant, Virginia Woolf, Jackson Pollock, Sylvia Plath, e cosi via. Di grande suggestione, tra gli altri, il capitolo che tratta delle analisi svolte da Freud sul "Mosè" di Michelangelo e sul dipinto di Leonardo da Vinci "Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnellino".

Quanto alla prima delle opere citate la conclusione di Freud va in massima parte nel senso "che la libertà interpretativa di Michelangelo (il Mosè biblico non è seduto) scaturiva da moti inconsci dello scultore [...]" mentre la seconda (che rappresenta Anna e Maria, madre e figlia, come aventi grosso modo la stessa età) tra l'altro "suggerisce la possibilità che le due donne in effetti rappresentino le due madri di Leonardo: Caterina (naturale) e Donna Albiera (adottiva)". Il libro di Centini merita di essere letto perché nel cercare di fare maggiore chiarezza su una questione che ancora oggi appare assai articolata e complessa contribuisce a demolire l'antico luogo comune secondo cui tra genio e follia esistano delle corrispondenze incontrovertibili. 




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