mercoledì 13 novembre 2013 - angelo umana

Appartamento ad Atene (padroni a casa d’altri)

Ai tempi nostri la trojka finanziaria teleguidata dai tedeschi costringe la Grecia – e altri stati dell’Unione europea un po’ pigri - a “fare i compiti a casa”. Nella seconda guerra mondiale gli ufficiali tedeschi si installavano nelle abitazioni dei greci sottomessi e diventavano padroni a casa d’altri. Sceglievano le case migliori, ça va sans dire, e ne diventavano ospiti imposti ma serviti e riveriti dalle famiglie che vi risiedevano, che pertanto diventavano schiave a casa loro. La situazione ricorda quei “barbari” ufficiali tedeschi che attorniano Hitler all’inizio del film “La Rafle”, a Parigi, e diventano padroni di bellezze che non sanno apprezzare.

Questo è raccontato nel film di Ruggero Dipaola, tratto dal romanzo omonimo di Glenway Wescott: qui è il caso del capitano Kalter, il quale nell’appartamento della famiglia Helianos impone le proprie regole di uso delle stanze e perfino di educazione dei due bambini, Leda e Alex, con la stanza da bagno che diventa a suo uso personale e i membri della famiglia che in piedi come camerieri gli servono i pasti, ben preparati dalla cuoca moglie e madre Zoe (la splendida Laura Morante, invero un’andatura troppo elegante per la miseria di quella situazione). Nella Grecia culla di civiltà “Ora siamo noi a riscrivere la Storia”: di ciò è convinto il capitano. La famiglia palestinese del film Private di Saverio Costanzo, del 2005, reagì con minor spirito di sopportazione all’occupazione della loro casa da parte di soldati israeliani.

Di ritorno da due settimane in Germania dove viene richiamato, Kalter sembra aver abbassato le ali pure se è avanzato al grado di maggiore, non ha più la boria iniziale, da energico appare diventato mansueto e demoralizzato. Ricerca la compagnia del capo-famiglia, Nikolas (gli presta il volto paziente e sofferto l’attore Gerasimos Skiadaressis), uomo di molta cultura che era editore prima della guerra. Citano Nietzsche insieme; Kalter rivela il suo amore per la filosofia, le lettere, ma soprattutto per la musica (per puro caso l’attore dai tiranni occhi di ghiaccio Richard Sammel è nato a Heidelberg, nido universitario di grande fama), che “va oltre le idee e potrebbe esistere anche se il mondo non ci fosse”.

Si dice stanco della guerra, che del resto per la Germania volgerà presto al peggio. L’orologio non conta più le ore per lui, sono sempre le 3:16 di due mesi prima, quando la sua famiglia è stata annientata: quell’uomo ha ora nella famiglia “occupata” gli unici rapporti umani. Esterna i suoi dubbi sul senso di quella guerra e del suo dramma al sig. Helianos: “Crede che l’accettazione di un dolore immenso porti davvero ad evolversi in un uomo nuovo, superiore?”. Da leggermente ubriaco poi sostiene tesi care al presunto spirito superiore di alcuni tedeschi o alla mancanza di timore di fronte alla morte: “L'esito della guerra non avrà nulla a che fare con la grandezza dell’impresa. Per noi tedeschi ci sarà sempre una guerra. Perderla non farà nessuna differenza, anzi lo smacco rafforzerà lo spirito della nazione e la nostra attitudine per la guerra” …

Incoraggiato dalle confidenze Helianos gli pone la “grave” domanda che farà riassumere a Kalter il tono autoritario e violento, come di qualcuno toccato nelle sue supreme convinzioni e uso ad “obbedir tacendo” indiscutibilmente ai suoi capi, e che provocherà l’epilogo tragico di quel rapporto: “Non è intollerabile che tutto questo potere sia nelle mani di due soli uomini?”.




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