martedì 2 giugno 2015 - Domenico Ciardulli

Apologia del Sindaco Marino

Quali rischi corre Ignazio Marino dopo "Mafia Capitale"?

 
Qual è il miglior sindaco per la città di Roma? Forse uno come Petroselli? O, ancora meglio, uno come Giulio Carlo Argan, che ha governato la capitale dal 1976 al 1979? Sappiamo bene, però, che un conto è governare una metropoli negli anni del boom economico e un conto è governarla oggi, dopo l'abbattimento del muro di Berlino, la caduta delle Torri Gemelle, la presa di Baghdad, la morte di Gheddafi e, soprattutto, dopo l'espansione capillare di Camorra e 'Ndrangheta nelle pieghe delle principali città italiane, tra le quali Roma.
Potremmo quindi dire che Veltroni e Rutelli e Alemanno hanno governato molto meglio di come governa Marino? Insomma, per essere un buon sindaco basta mettere la polvere sotto il tappeto, come diceva Don Sardelli, oppure alzare il tappeto e levare via la polvere?
Di questo in fondo si tratta: "Mafia Capitale" era sotto il tappeto quando governavano i sindaci apparentemente più bravi.
 
Ad esempio, la questione dei campi Rom e dei senza fissa dimora è stata trattata da Veltroni attraverso l'accordo transnazionale con la polizia di Bucarest. Ma cosa ha prodotto quella politica del manganello romeno? Solo un'operazione di facciata verso gli elettori mentre, nella sostanza di prospettiva, si sono poi riprodotti campi abusivi ovunque. 
 
Il leghista Maroni, quando è stato al Viminale, non è che abbia trovato chissà quali soluzioni per i campi Rom. Il mancato controllo dopo l'affidamento degli appalti relativi al campo di Castel Romano e agli altri non è forse una sua corresponsabilità, quantomeno morale, in solido con la Prefettura?
Passiamo al settore lavoro: I sindacati erano più dialoganti durante la consiliatura Veltroni. Verrebbe da chiedersi come mai? Ma certo! Nella Giunta Veltroni sono transitati assessori che provenivano dai vertici locali del grande sindacato. Inoltre si assegnava a ex esponenti sindacali la direzione di aziende comunali.
 
Ancora prima, durante la giunta Rutelli nel 1996 il concorso riservato per l'assunzione di 32 educatori senza titolo specifico è stato fatto con l'accordo di sindacati. 
Le parentopoli in molti settori del Comune di Roma e nelle società ad esso collegate, negli anni successivi, fino all'era Alemanno, sono stati una bella camomilla, un bel sodalizio con certe frange di elettorato concusso o corrotto.
E allora quando si può dire che Roma è governata bene? Quando si fanno affari su una megadiscarica illegale che ha inquinato e ucciso? Quando si fanno accordi con i costruttori per cementificare con assurde compensazioni edilizie il verde delle periferie e seppellire impunemente preziosissimi siti archeologici venuti alla luce con gli scavi? 
Quando si permette a certe gruppi forti di tassisti di fare il loro comodo con i turisti e clienti? Quando si permette ai commercianti del centro storico di appropriarsi in maniera indecente del suolo pubblico senza alcun limite? 
Quando si permette a certi vigili di fare il loro comodo e arricchirsi con mazzette? Ai manager di AMA di trasformarla in un carrozzone d'oro? Ai presidenti di cooperative sociali di lucrare sulle disgrazie, sul disagio sociale e sui rifiuti?
Insomma, un sindaco è popolare, benvoluto e amato perché riesce a fare stare buoni tutti quelli che contano in termini di voti e ognuno può fare il comodo che gli pare?
Se, invece, il sindaco bravo e giusto non deve essere tutto quello che abbiamo scritto sopra, allora vuol dire che il sindaco giusto è l'opposto, cioè colui che non è per nulla amato, colui che collabora con la magistratura per spazzare via Mafia Capitale da sotto il tappeto, colui che elimina i privilegi di certe lobbies sindacali e professionali, pur se vanno a protestare sotto la statua di Marco Aurelio, colui che cambia i vertici della polizia municipale, nonostante le vendette con l'assenteismo di Capodanno. Colui che è vittima di dirigenti ACEA e AMA che gli fanno melina e boicottaggio tecnico-politico.
Marino, quindi, rischia per la sua vita? No, forse nella Capitale non serve ricorrere all'eliminazione fisica. Basta il piombo della carta stampata e le parole che corrono sull'etere tramite radio e TV. Sono queste le armi che certi poteri occulti stanno usando per far fuori Marino. Farlo fuori magari attraverso personaggi interni al suo partito, in analogia con quanto è successo nell'antica Roma quando Cesare è stato pugnalato a morte anche dal figlio Bruto ("tu quoque Brute, fili mi?").
Ed è per questo che preferisco scrivere, prima che sia troppo tardi, questa apologia, preferendola al necrologio politico.



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