domenica 12 maggio - Aldo Funicelli

Anteprima inchieste di Report: i nemici di Moro, gli oligarchi del mare e Fiumicino

I nemici di Aldo Moro (e di Falcone e Borsellino)

 

Chi erano i nemici di Aldo Moro? C’erano dei burattinai che manovravano i brigatisti, nello Stato o fuori? Report torna sulla morte del presidente della DC, dopo il servizio dello scorso gennaio che aveva suscitato tante reazioni polemiche.

In quel servizio si mettevano in discussioni tutte le lacune della versione ufficiale sul rapimento, la prigionia e l’esecuzione del presidente della DC, si spiegava come ci fossero ancora oggi delle piste non seguite allora dagli investigatori (sui covi dove fu tenuto Moro, come il covo in via Massimi 91).

Il presidente non volle funerali di stato, non volle accanto i dirigenti del suo partito, la famiglia nemmeno partecipò il 13 maggio 1978 alla commemorazione in San Giovanni in Laterano. Nel memoriale, comparso come incanto 12 anni dopo (il secondo ritrovamento nel covo di via Montenevoso a Milano), Moro accusava esplicitamente la DC e Andreotti di averlo abbandonato ai suoi assassini e in una lettera aveva presentato le dimissioni dal partito.
Paolo Mondani ha intervistato l’ex presidente della commissione stragi che gli ha rivelato una confidenza dell’ammiraglio Martini: “.. era stato il più longevo tra i direttori del servizio segreto militare (Sismi) e che all’epoca del sequestro Moro era al numero due del servizio. Mi disse, ‘io non le ho detto la verità’, cioè che aveva avuto uno scontro col ministro della Difesa Ruffilli”.

Pellegrini riporta le parole dell’ex numero due del Sismi: “Mi ero fatto dare delle dichiarazioni dagli uffici in cui si diceva che Moro non era in possesso di segreti sensibili e Ruffilli disse ‘allora possiamo stare tranquilli’ e io sbottai dicendo ‘proprio lei non può stare tranquillo perché da una cassaforte del suo ministero è sparito un documento su Gladio che esisteva soltanto in due copie. Una custodita a Roma e una custodita a Londra..’”.
Andretti, Cossiga, i membri del comitato di crisi tutti avevano la certezza che Moro avesse fatto avere questo documento riservato su Gladio alle br?
Risponde Pellegrini: “Dai comunicati delle br, il numero 3 e il numero 6, l’intelligence alleata capisce che le brigate rosse erano entrate in possesso di quel documento e dal quel momento decidono che non devono fare niente per salvare Moro.”
Nel testo del memoriale trovato in via Monte Nevoso a Milano nel 1990 mancano delle parti? Mondani lo ha chiesto al direttore dell’archivio di Stato a Roma Michele di Sivo: “Ci sono solo due punti in cui sembrano non esserci e tutti e due riguardano i rapporti tra Giulio Andreotti e i servizi segreti ..”

Anche lo storico e scrittore Giovanni Fasanella, autore di un saggio sul caso Moro (Il golpe inglese - Chiarelettere), ha toccato il punto delicato sugli interessi stranieri in Italia: assieme a Mario Jose Cereghino hanno studiato per anni i documenti via via desecretati dello spionaggio inglese in Italia conservati nei National Archives di Kew Gardens a Londra. Ed è qui che scoprono un tesoro rimasto sepolto per decenni anche sul caso Moro:

“Una serie di documenti sulle riunioni di una Commissione segreta del governo britannico che lavorò nei primi sei mesi del 1976. Questa Commissione aveva avuto il compito dal governo britannico di elaborare dei piani di guerra clandestina, di operazioni illegali e clandestine da attuare in Italia per neutralizzare la politica di Aldo Moro. Molte le ipotesi prese in considerazione, alla fine ne rimase una: colpo di Stato militare, classico. Questa opzione venne discussa con la Germania federale, la Francia e gli Stati Uniti d'America. All'epoca era Kissinger il referente di questa Commissione dei quindici del governo britannico. E naturalmente c’erano perplessità, c’era addirittura chi prevedeva il bagno di sangue nel caso in cui ci fosse stato un colpo di stato militare di destra. Alla fine cosa si decise? Si decise per il piano B, appoggio ad una diversa azione sovversiva.”
Quali sono queste azioni sovversive nel dettaglio – ha chiesto nel servizio il giornalista di Report?

“La propaganda occulta, influenzare i giornali, corromperli, pagare i giornalisti, utilizzarli come strumento per condizionare la politica. Una volta individuato un nemico, a livello più basso, la corruzione. Se non funziona la corruzione, la macchina del fango, l’intimidazione, fino all’eliminazione fisica.”

Il vicesegretario socialista di quegli anni, Claudio Signorile, come raccontato nel precedente servizio di Report, mediò con le Brigate Rosse tramite alcune esponenti dell’autonomia operaia per la liberazione dello statista democristiano. Signorile aveva raccontato che nell’ultima settimana della prigionia le br furono “come affiancate”.
Nella vicenda Moro sono intervenute realtà esterne al brigatismo a condizionare la soluzione finale – è la tesi di Signorile, ma a che cosa si riferisce?
“Le provenienze sono queste, inglesi, americani ma in modo marginale, francesi, ma gli inglesi hanno il primato, perché hanno il coordinamento, sono quelli responsabili dei processi politici. Quando loro dicono ‘i comunisti in Italia sono un problema serio che va affrontato fino alle estreme conseguenze..’”.

Gli inglesi erano anche nei partiti di governo, infiltravano anche i partiti, gli apparati: “mi sorprende che lei si sorprenda, fa parte della tecnica della capacità di infiltrazione inglese che in qualche modo tenevano aperta una porta di dialogo col brigatismo, quando era già passato alla lotta armata. Questo fatto mi è stato detto, mi sono stati indicati i luoghi dove tutto questo avveniva..”
C’erano, secondo quanto racconta l’ex vicesegretario del PSI, uomini dei servizi inglesi che incontravano dei brigatisti.

Per cercare una conferma alla tesi sulla eterodirezione delle br, se ci fosse qualcuno che le manovrava, Paolo Mondani ha sentito il professor Giovanni Maria Ceci – ordinario di storia contemporanea a Roma – che racconta di come dagli archivi americani non emerge alcuna infiltrazione nelle br di uomini dei servizi americani. Ma il professore riporta la testimonianza dell’ambasciatore americano del tempo, Richard Gardner, che avrebbe confermato l’esistenza di un infiltrato dentro le br.

Il generale Jucci, continua il servizio di Mondani, fu inviato da Moro nella Libia di Gheddafi nei primi anni 70: fu capo del controspionaggio comandando i carabinieri poi negli anni 80. Amico di Moro e di Cossiga, oggi a 98 anni racconta che se non ci sono dubbi che ad uccidere Moro siano stati i brigatisti, “ma certamente le br avevano dei burattinai, almeno io lo penso, come i burattinai li avevano chi cercava di liberare Moro”.
Sugli errori commessi dagli investigatori aggiunge: “Quello che mi rammarica è che probabilmente questi errori furono fatti per volontà di farli.”

I nemici di Moro potrebbero essere gli stessi di Falcone e Borsellino, personaggi provenienti dalla zona grigia dello stato: con la caduta del muro di Berlino nel 1989 crolla il patto di omertà che legava centinaia di agenti segreti, gladiatori, professionisti dell’eversione di destra e altrettanti boss mafiosi che avevano collaborato alla strategia della destabilizzazione del nostro paese dal dopoguerra. Giovanni Falcone intuisce questo intreccio proprio mentre, anni dopo, sta indagando sull’omicidio di Piersanti Mattarella. Siamo a dicembre del 1991, Falcone è a cena da Pino Arlacchi, suo collaboratore al ministero degli Interni: “non disse una parola tutta la sera, finché non furono andati via tutti, gli ho detto ‘Giovanni sei stato zitto, molti di questi volevano parlare con te’. Lui disse non ho parlato perché sto appena tornando da Palermo e sono ancora immerso in tanti pensieri tentando di decifrare le informazioni che ho appena avuto, su tutta la situazione di cosa nostra, e su tutta la situazione degli ambienti che circondano cosa nostra, gli ambienti di Andreotti. Sono tutti in un grandissimo allarme, perché si sentono traditi, non si sentono più protetti dalla politica, il governo non fa più niente per loro. E inoltre ho parlato con una fonte molto importante a cui do credito che mi ha raccontato alcuni particolari dell’omicidio Mattarella che ha confermato quello che pensavo da tempo. Cioè che sia stato un caso Moro bis, c’erano la P2, Gladio e la mafia, per eliminare Mattarella in quanto si era messo sulla strada pericolosa, aveva superato la stessa linea rossa che aveva superato Moro, stava cercando un accordo coi comunisti in Sicilia.”

Giovanni Falcone salterà in aria il 23 maggio 1992, l’8 giugno successivo il ministro dell’Interno Scotti e di Giustizia Martelli approvarono il decreto che istituiva il 41 bis, un regime di detenzione che prevede l’isolamento dei boss di mafia per impedire il passaggio di ordini tra il carcere e il clan sul territorio. Un mese dopo a luglio, crollato il governo Andreotti, nasce il governo Amato, i due ministri vengono rimossi anche perché dopo il decreto si era scatenato l’inferno.
Lo racconta lo stesso ex ministro Scotti: “immediatamente il giorno dopo fu dichiarato dagli avvocati lo sciopero e la maggioranza alla commissione Affari Costituzionali pose il problema di incostituzionalità del provvedimento ..”
Da ministro dell’Interno – chiede Mondani – ebbe mai la sensazione che esistesse una relazione, addirittura un rapporto sistematico tra mafiosi corleonesi e alcuni componenti degli apparati dello Stato?
“L’ho sempre pensata così”.
Il governo Amato giura nei primi giorni di luglio del 1992, al posto di Scotti all’Interno viene nominato Nicola Mancino, al posto di Martelli al ministero di Grazia e Giustizia fu nominato Giovanni Conso e poi arrivò l’avvicendamento ai vertici del DAP di Niccolò Amato con Alberto Capriotti: in poche settimana furono tutti sostituiti i responsabili della linea dura contro la mafia.

Commenta Scotti oggi: “Prevalse la linea della convivenza che poi degenera facilmente in connivenza con la mafia.”

La scheda del servizio: I NEMICI DI MORO E FALCONE

Di Paolo Mondani

Collaborazione Roberto Persia

 

Le vite di Aldo Moro, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pio La Torre e Piersanti Mattarella sono state sacrificate sull'altare dell'aspirazione italiana verso una maggiore indipendenza? Ma chi sono i veri responsabili delle loro morti? Queste domande, ancora oggi senza risposta, continuano a echeggiare, gettando un'ombra sulla verità storica e minando il legame tra cittadini e politica. È chiaro che le Brigate Rosse, il presunto dossier mafia appalti, o la pista mafiosa nell'omicidio di Mattarella, non bastano a spiegare la complessità di quei momenti cruciali. Per comprendere appieno il contesto, è necessario immergersi nei loro mondi, nei loro sforzi instancabili per un cambiamento. Attraverso testimoni di spicco dell'epoca emergono dettagli di un'Italia sottoposta da sempre a una sorveglianza speciale.

 

La politica svenduta

Le intercettazioni emerse dall’inchiesta sul presidente della regione Liguria Toti raccontano in modo abbastanza chiaro quale sia la concezione della politica da parte di questi partiti: non un servizio a favore dei cittadini, nel rispetto dei principi costituzionali, delle leggi. Ma un servizio per pochi amici, amici miei, quelli che poi ti ospitano in barca e finanziano le tue fondazioni con cui pagarti le campagne elettorali e comprare consenso.

Report si era occupata già del caso Liguria (che non riguarda solo il centro destra) con l’inchiesta “Gli oligarchi del mare”, dove si raccontava di questo modello, non distante da quello russo, dove potenti imprenditori, Aponte di Msc e Spinelli, hanno un rapporto privilegiato coi vertici dell’amministrazione regionale.
Il servizio raccontava di un viaggio nel 2017 a Givevra dall’armatore Aponte, su un aereo privato di Garrone, presenti il presidente del porto di Genova Signorini, il sindaco Bucci e il Presidente Toti: “un viaggio comodo e a costo zero per l’amministrazione pubblica” si giustificò Toti, ma certamente poco opportuno.
In quell’incontro si discusse della diga davanti al ponte, progetto poi finito nell’inchiesta ligure di queste settimane.
Dal servizio era emerso il rapporto “particolare” degli amministratori locali con l’armatore Aponte, perché “ha una visione strategica..” si era giustificato il presidente dell’autorità di sistema del porto di Genova Signorini: tutto regolare, le cene, i viaggi su aerei privati, come anche i finanziamenti da parte di imprenditori privati come Spinelli all’attività politica di Toti.

“Noi facciamo beneficenza da tutte le parti” spiegava al telefono Spinelli col giornalista di Report: aiutano le chiese, i giornali le televisioni.. Ma quando si aiuta la politica lo si fa in modo disinteressato o si aspetta qualcosa in cambio? Anche Aponte ha finanziato con una sua società Toti.

Alla fine la diga, il progetto fermo da 10-20 anni come diceva Spinelli, è stato sbloccato e lo pagheremo noi: avrebbe dovuto portare ricchezza al territorio, al momento la ricchezza l’hanno portata agli imprenditori, per le concessioni.

La scheda del servizio: AGGIORNAMENTO OLIGARCHI DEL MARE

Di Luca Chianca

Collaborazione Alessia Marzi

A gennaio 2023 Report si era occupato di Msc, la più grande compagnia di shipping al mondo, con il cuore in Italia e il portafoglio in Svizzera. Ma se a Ginevra c'è la sede principale, il suo quartier generale italiano di fatto è Genova. Era emerso quanto Msc fosse interessata all'ampliamento dello storico porto per poter far attraccare navi container sempre più grandi.

Un racconto che aveva messo in evidenza i rapporti consolidati tra il più grande armatore al mondo, Gianluigi Aponte di Msc, il più grande armatore genovese, Aldo Spinelli, socio di Msc, la politica regionale guidata da Giovanni Toti e l'allora presidente dell'autorità portuale di Genova, Paolo Emilio Signorini.

Martedì scorso Toti, Spinelli e Signorini sono stati arrestati per corruzione. L’accusa: denaro in cambio di favori. Nel mirino concessioni portuali, l’apertura di supermercati Esselunga, Rolex, cene e presunti finanziamenti illeciti alla politica.

 

Il sindaco di Fiumicino e il finanziamento fantasma

Fiumicino non è soltanto un aeroporto, è una città di 83mila abitanti divisa in 14 località: da un anno la città ha un nuovo sindaco, l’ex politico Mario Baccini. Il sindaco ha mantenuto la carica di presidente del Microcredito, ente finanziato con fondi pubblici per sostenere le piccole imprese (lo gestiva anche quando era seduto in Parlamento).

“Ma come fai a fare il sindaco di una città e poi fare il presidente di un ente che prende i soldi dallo Stato” - si chiede ironicamente il giornalista Sergio Rizzo – “un ente pubblico che hai fatto tu però, che te lo sei creato a tua immagine e somiglianza e ne sei presidente da 20 anni..”
Baccini sindaco si vanta di aver portato in comune la sua esperienza manageriale: “abbiamo fatto una operazione di spending review, di azzeramento di consulenze, c’è posto anche per lei nell’ufficio stampa se vuole assumiamo anche lei” spiega sornione alla giornalista di Report.

Gli uffici comunali sono già affollati racconta a Report la consigliera di opposizione Paola Meloni: “ci è capitato di vedere che mi risulta non abbiano ruoli ufficiali all’interno del comune che hanno addirittura parlato alle conferenze dei capigruppo, alle riunioni di giunta ..”
Chi sono queste persone? Risponde il consigliere PD Ezio di Genesio Pagliuca “il nostro sindaco è anche presidente del Microcredito e quindi sono persone che lo hanno accompagnato in questo percorso”.
Una delle consulenze che il comune non ha azzerato è quella per l’avvocato Graziano: “non è una consulenza” risponde il sindaco “è un incarico che noi abbiamo affidato al capo di gabinetto.. lui è capo di gabinetto e anche consulente giuridico”.
Ma come consulente giuridico in comune esiste già la figura del segretario generale, che per legge ha le funzioni di consulente giuridico: “il segretario generale ha le sue funzioni, io ho il mio gabinetto con le mie persone, i miei consulenti, con le mie persone, con gli esperti..”
Dunque come la mettiamo con le consulenze azzerate?

La scheda del servizio: IL SINDACO E IL DIPARTIMENTO MISTERIOSO

Di Rosamaria Aquino

Collaborazione Marzia Amico

 

Fiumicino, la città dell'aeroporto sul litorale romano, da un anno ha un nuovo sindaco: Mario Baccini. Baccini è stato deputato, sottosegretario agli Esteri, ministro della Funzione pubblica, vicepresidente del Senato e oggi mantiene ancora la carica di presidente del Microcredito, l’ente pubblico non economico che favorisce l’accesso al credito delle microimprese e delle categorie sociali maggiormente svantaggiate.

Tra consulenze, grandi progetti come quello del porto crocieristico e spese per gli eventi, Report analizza la sua gestione del Comune. Tra i finanziamenti alla sua campagna elettorale però compare il sostegno di un dipartimento di un'università sconosciuta persino al sindaco. Chi c'è dietro?

 

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

 


1 réactions


  • Gianni Morra (---.---.---.136) 16 agosto 13:48

    LA BORSA LE BORSE

    7.8.2024

    Aggiungo sintesi critica finale, per evidenziare le questioni irrisolte e quelle risolte sulla quaestio borse.

    Moro aveva con sé 5 borse in tutto : questo è certo, perché lo attestano la moglie e riccioni e Moro stesso nelle lettere dalla prigionia.

    Il fatto che dalla prigionia chieda che fine abbiano fatto prova che fosse a Fani, perché dalla borsa dei documenti riservati non si separava mai teste Eleonora.

    Questo sia ribadito ad nauseam contro i deliri del disinformatore di regime la porta piero.

    3 delle borse furono riconsegnate alla famiglia. 2 sono sparite fino ad oggi : quella dei documenti e quella del pronto soccorso.

    Un mix di parte del contenuto di queste 2 borse fu fatto ritrovare accanto al cadavere dagli assassini, e riconsegnato alla famiglia.

    Ma questo non prova che furono le "bierre" ad uccidere Moro, perché non vi è nessuna certezza né che furono le "bierre" a prelevare quelle borse a Fani, né che furono loro ad assassinare Moro.

    Due testi oculari, il poliziotto Lorenzo Castri ed il giornalista Bucarelli a Fani, attestarono che fu un tizio in borghese ad ordinare ad un capitano dei cc di prendergli una delle borse dalla macchina : Castri aggiunge che il tizio era infelisi, il corrottissimo magistrato che inizialmente presiedette alle indagini. E che quella borsa doveva essere quella dei documenti perché stava a destra di Moro sul sedile e non sul pianale, quindi la teneva accanto per la sua delicata importanza. Bucarelli conferma che la borsa presa dal cc per il tizio in borghese stava sul sedile.

    Eleonora quando arriva a Fani nota la mancanza di due borse per via di isole asciutte nel o nei laghi di sangue sul o sui pianali dietro Leonardi e Ricci, e ne deduce che erano state prese dopo l´agguato non prima perché il sangue impiegò tempo a defluire sui pianali ed a coagularsi attorno alle borse.

    Ma allora dovremmo suppore una prima fase in cui dopo l´agguato, qualcuno toglie le due borse dal pianale e ne appoggia una sul sedile mentre inguatta l´altra.

    Solo che Eleo arriva verso le 9,20, invece Castri parte alle 9,10 dalla questura e dunque non poté iniziare il suo lavoro con la scientifica dentro la macchina di Moro prima delle 9,30. Quindi se due delle borse erano già sparite come dice Eleonora, non erano tra esse quella presa da infelisi. Peraltro il fotografo Cristini citato da altamura 2016, fotografa due borse sul pianale dopo le 10.

    Insomma : il quadro non è chiaro in tutto.

    Ma che le due borse le abbia prese morucci, è estremamente dubbio.

    Eleonora fece chiedere anche agli oculari residenti dell´incrocio, e nessuno aveva visto portar via borse. Non almeno borse piccole, mentre agli atti CM abbiamo chi vide terroristi portar via grosso borsone probabilmente con le armi.

    CM verbalizza pure due oculari che avrebbero visto Moro con le borse, ma uno è rauti il terrorista neonazista la cui attendibilità su questo ed altro è zero, e che peraltro non disse della borse a verbale ma in dichiarazioni successive ; l´altro è Samperi parte della cui dichiarazione fu manipolata a quanto mi raccontò il suo dipendente Pietro Lalli.

    Le borse non le ha certo prese Moro altrimenti nelle lettere non chiederebbe che fine avessero fatto tutte e 5 le borse che erano in macchina.

    Infine, la Stocco vede a Bitossi terrorista gettare in furgone formaggi due borse : un borsone grande ed una 24 ore : tra le 5 borse di Moro, una era una 24 ore o simile, quindi al massimo morucci potrebbe aver preso quella. Ma pure questo non è affatto certo. Infatti il questore di roma durante i 55 de francesco nel 1980 alla Moro2 afferma :

    https://www.memoria.san.beniculturali.it/documenti-online/-/doc/detail/162/006%20%20volume%20VI?keyword=

    p. 37 :

    VIOLANTE. ... ebbene c’è una questione che riguarda le borse dell’ono­revole Moro, lei ricorda di averne visto una o due, comunque di averle viste?
    DE FRANCESCO. Questo fatto l’ho fatto ricostruire anche dal funziona­rio dirigente il gabinetto di Polizia scientifica. Furono ritrovate due borse. C’era una borsa ed una valigetta 24 ore „ :

    se dunque de francesco almeno qui dice il vero con accuratezza, allora la 24 ore o simile che la Stocco vede gallinari gettare nel furgone a Bitossi NON è una delle borse di Moro. Ergo si confermerebbe che a Fani i „bierre“ non presero punto borse proprio come vuole Eleonora.


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