lunedì 22 marzo 2021 - Aldo Funicelli

Anteprima di Presadiretta: la dittatura delle armi

Come mai continuiamo a vendere le armi all'Egitto, un paese che non rispetta di diritti umani e civili e che non ci ha detto la verità sulla morte di Giulio Regeni?

Lo sapevate che anche con le nostre armi i turchi hanno bombardato i civili curdi e l'Arabia Saudita i civili dello Yemen?

L'industria delle armi non si è mai fermata nemmeno durante la pandemia e l'Italia è uno dei paesi che vende più armi al mondo. Ne vale veramente la pena?

Sono le parole con cui Iacona introduce la prossima puntata di Presadiretta, interamente dedicata al business degli armamenti

L'Italia ripudia le guerre, dice la nostra Costituzione, ma l'Italia ha a che fare con tanti conflitti nel mondo dove civili indifesi vengono uccisi: le armi sono un settore strategico dell'industria del nostro paese, lo ha anche ripetuto il ministro Guerini alla Camera dove ha ribadito che l'industria della difesa sarà da “impulso alla nostra ripresa” e chiedendo che siano messe in atto tutte le misure per tenere in piedi questo comparto nonostante l'emergenza.

Nel marzo dello scorso anno, mentre tutte le aziende si fermavano per il lockdown, mentre rimanevano aperte solo quelle essenziali, il governo italiano ha deciso che non si poteva fare a meno dell'industria militare e dei produttori di armi.

Presadiretta è entrata in possesso di una lettera scritta dal ministro dello sviluppo economico e da quello della difesa ai produttori di armi.

Su questo tema, Giulia Bosetti ha intervistato Francesco Vignarca, della rete italiana Pace e disarmo: “non ci sembra giusto che in un momento in cui per motivi sanitari tutte le attività produttive si fermano, solo la produzione di armi rimanga aperta. Come l'ha tenuta aperta il governo? Con una lettera mandata direttamente ai vertici dell'industria militare dicendo loro di scegliere, fondamentalmente, cosa tenere aperto e cosa no, quindi senza nemmeno prendersi le responsabilità di dire stai aperto per questo prodotto, stai chiuso per quest'altro prodotto.”

La lettera era indirizzata a Guido Crosetto, ex sottosegretario alla Difesa col governo Berlusconi, oggi coordinatore di Fratelli d'Italia ma anche presidente della federazione produttori di armi.

“E' stata chiusa al 50% la parte produttiva ” ha spiegato alla giornalista “oltre al lockdown di tutta la parte amministrativa.” Ma lo stato ha fatto decidere alle aziende: “è stato un accordo fatto coi sindacati all'interno dei codici Ateco che il governo ha reputato fondamentali.”

Nella lettera i due ministri ribadiscono l'importanza fondamentale del settore che si è deciso di tutelare il settore: “le aziende hanno lavorato per le forze armate che si muovono su mezzi che hanno bisogno di manutenzione, hanno bisogno di elicotteri, c'era bisogno di mantenere aperte quelle aziende per mantenere i contratti che altrimenti sarebbero caduti.”

Il settore militare italiano viene sempre privilegiato? “l'industria delle difesa viene privilegiata in tutti gli stati.”

Peccato che questo privilegio serva non alla difesa del nostro paese, delle nostre acque, ma a bombardare lo Yemen (con bombe fatte in Sardegna e che poi abbiamo venduto all'Arabia, vendita poi bloccata un mesa fa dal governo italiano). Servono ad uccidere civili curdi al confine tra Turchia e Siria o con l'Iraq.

Attacchi che lasciano a terra macerie, villaggi rasi al suolo, migliaia di civili costretti a fuggire: “le schegge delle bombe sono piovute dal cielo” racconta un sopravvissuto ad uno di questi raid turchi “ho visto mia moglie in fiamme e mio figlio a terra coperto di sangue perché era stato colpito alla testa [..] la Turchia usa le vostre armi contro noi civili, se il nostro governo non gliele vendesse non potrebbe bombardarci.”

Alla Turchia vendiamo tante armi e anche le licenze per costruire in proprio gli elicotteri da combattimento che sono le armi principali che la Turchia ha usato sui teatri siriani e del Curdistan.

L'Italia vende tanti sistemi d'arma anche all'Egitto e questo nonostante questo paese non abbia fatto nulla per consegnare alla magistratura italiana i mandanti e i responsabili della morte di Giulio Regeni e violi sistematicamente i diritti umani.

Il settore della difesa rappresenta in Italia solo lo 0,65% di tutti gli occupati, non raggiungendo nemmeno l'1% del PIL, la difesa sta a cuore a tutti, o quasi tutti i politici italiani: racconta Iacona, presentando la puntata “Nessuno ha il coraggio di tagliare le spese militari, una vera e propria dittatura delle armi, ma ci conviene veramente produrre e vendere così tante armi?”

I rapporti con l'Egitto sono stati riallacciati, dopo la morte di Giulio Regeni, nel 2018: a Il Cairo arriva un nuovo ambasciatore, inviato dal governo Gentiloni e pochi mesi dopo, arrivano i ministri del governo Conte freschi di nomina, tra cui il ministro Salvini, il primo ad incontrare il presidente Al Sisi, nel luglio 2018.

Ad agosto è il turno del ministro degli esteri, Enzo Moavero, poi tocca al ministro del lavoro Di Maio: tutti in fila per incontrare premier e ministri del governo egiziano.

L'ultimo è stato il presidente Conte, a novembre 2018, che parlava di un dialogo costante col presidente Al Sisi per arrivare ad una verità giudiziaria ..

Nonostante tutte queste visite, il governo italiano non ottiene la verità sulla morte di Giulio Regeni, ma ottiene altri accordi per la vendita delle armi.

Dal 2019 – lo racconta Erasmo Palazzotto, presidente della commissione sulla morte di Regeni – l'Egitto è il primo paese verso cui l'Italia esporta le armi e nel 2020 questo record viene superato, aumentando il volume d'affari, parliamo di cifre pari a 900 milioni di euro nel 2019 e nel 2020 col contratto di fornitura per le due fregate Frem, un rapporto che per i prossimi anni porterà a vendite per 10 miliardi di euro.

Queste fregate verranno usate dal governo egiziano per presidiare il Mediterraneo orientale, dove sono presenti i bacini di estrazione del petrolio tanto cari al governo egiziano e su cui l'Eni ha firmato un accordo con Al Sisi: la geopolitica del governo egiziano coincide dunque con la politica dell'industria delle armi, nonostante il fatto che, in base alle leggi italiane, noi non potremmo vendere sistemi d'arma a paesi che non rispettano le convenzioni sui diritti umani.

Le armi per l'Arabia partono dal porto di Genova, dove una volta al mese attracca la nave della compagnia araba, dove viene caricata di armamenti ed esplosivi: a maggio 2019 i portuali di Genova scoprono che le navi di questa compagnia arrivano cariche di carri armati, esplosivi, elicotteri e che a Genova vengono caricati i generatori Dual-Use per alimentare i droni da combattimento e artiglieria da campo da utilizzare nella guerra in Yemen che, secondo l'OCHA ha causato circa 233mila morti.

I lavoratori hanno bloccato così il carico di armi: uno di questi portuali, intervistato dalla giornalista, ha spiegato che da quel giorno hanno deciso che le armi non dovevano essere più caricate e nemmeno transitare dal porto. “Il porto è incastonato nella città, la nave che imbarca container pieni di esplosivo potrebbe essere un monito per la città di Genova che fa attraccare questa nave a cinquecento metri dalle case.”

Un altro portuale racconta che altre compagnie fanno la stessa cosa celando la merce, “i mezzi grossi vengono blindati all'interno delle stive alle quali i portuali non hanno accesso, l'elicottero non viene parcheggiato nella stiva ma è a pezzetti, da assembrare poi”. Non vogliono lavorare con materiale che porta morte i portuali che ieri hanno subito la perquisizione delle loro abitazioni da parte della Digos di Genova per questa loro scelta.

 

 

 

Presadiretta ha poi commentato il documento programmatico della difesa per il triennio 2020-2022, dove sono indicati i fondi della legge di bilancio per le spese militari, con i sistemi d'arma che intendiamo comprare: fino al 2025 nuovi aerei per 11 miliardi, navi e sottomarini per 4,1 miliardi di euro, elicotteri per 2 miliardi, blindati 1,5 miliardi.

Nel 2021 – spiega Vignarca – almeno 6 miliardi di euro sono spesi per nuovi bombardieri, nuovi carri armati, nuovi elicotteri: miliardi che potrebbero essere utilizzati per la scuola, per la sanità: “si acquistano sistemi d'arma eccedenti le necessità e in alcuni casi come si è visto per i blindati acquisiti nel decennio scorso, vengono parcheggiati e cannibalizzati per quei mezzi che non si riescono ad aggiustare perché non ci sono soldi.”

 

 

C'è un tema di spreco nella voce per gli armamenti: lo testimonia il più grande deposito (cimitero) di mezzi corazzati al mondo, mezzi che le nostre forze armate non usano più, in provincia di Vercelli. 

Sono tutte necessarie le spese che facciamo per l'industria delle armi?

La portaerei Cavour è il fiore all'occhiello della nostra marina, il cui costo complessivo, compresi i lavori fatti nel 2018, si stima superi il miliardo e mezzo di euro. Abbiamo poi dovuto rimetterci le mani per adattarla in modo che possa ospitare i costosissimi caccia F35, per altri 90 milioni di euro.

“Quando quella portaerei fu usata per inviare aiuti ad Haiti (ma serviva veramente una portaerei?) si stima che un giorno di navigazione costasse 100mila euro” – racconta il giornalista Vignarca - “poi la Cavour è stata utilizzata per fare una circumnavigazione dell'Africa, sulla Cavour era presenti degli stand pagati in parte dalle aziende private, con la fiera delle armi italiane. La domanda è: ma la Cavour serviva per un discorso di sicurezza della difesa oppure per portare in giro, come fosse una fiera navigante, gli stand delle aziende di armamenti?”

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.




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