mercoledì 8 maggio 2013 - ///

Anche la Slovenia sull’orlo del baratro

Non è stato un buon primo maggio, per la Slovenia. Il giorno prima, l'agenzia Moody’s aveva declassato Lubiana di 2 gradini, facendo precipitare i suoi titoli pubblici a livello di Junk Bond. Il che significa, ad esempio che molti munifici fondi pensione stranieri non potranno più comprarne tale debito per statuto.

La doppia retrocessione non ha impedito a Lubiana, pochi giorni dopo, di mettere sul mercato buoni per 3,5 miliardi (denominati in dollari): i titoli sono stati tutti collocati a un tasso d’interesse del 4,75% sulla tranche di titoli a cinque anni e del 5,85% su quella a 10 anni. Gli analisti sloveni hanno parlato di una richiesta sorprendente nei confronti dei titoli, con circa 15-16 miliardi di dollari prenotati rispetto a un’offerta di 3,5. Un risultato "positivo sul breve periodo".

E qui finiscono le buone notizie.

Grazie all'ultima emissione, la Slovenia dovrebbe riuscire a rimanere a galla fino a fine annoMa il Paese rimane avvolto dalla crisi, le finanze pubbliche continuano a deteriorarsi, e il sistema bancario continua a passarsela molto male. Per evitare il baratro, Lubiana deve convincere Bruxelles che ce la farà da sola senza fare ricorso al bailout. Il 9 maggio è la data stabilita per presentare all’UE il pacchetto di riforme promesso dal premier Alenka Bratusek.

In questo senso si inserirebbe il piano di privatizzazioni che il governo dovrebbe presentare a luglio: prevista la vendita della seconda banca del Paese, la Nova Kreditna Banka Maribor, della sua principale azienda di telecomunicazioniTelekom, e forse di altre due compagnie statali.

Inoltre sarà introdotto il cosiddetto “debito di crisi”, ossia il prelievo obbligatorio dell’1% da tutte le buste paga, saranno innalzate le tasse sui beni immobili (leggi case in primis), l’innalzamento dell’Iva (dal 20% al 22% per l'aliquota più alta e dall’8,5% al 9,5% per quella agevolata).

Nei giorni scorsi, il dibattito politico è stato caratterizzato dagli aspri contrasti tra maggioranza e opposizione in merito alle riforme da presentare entro la data limite. Ci sono poi due punti su cui la politica non è compatta, ovvero l'opportunità di modificare la Costituzione sia per introdurre la norma del pareggio del bilancio, che per rivedere (in senso più restrittivo) la disciplina sul referendum. 

Intanto, la gente continua a scendere in piazza a protestare. Più in generale, i'opinione pubblica non ripone molta fiducia nelle scelte del governo. Secondo un sondaggio, il 57% degli intervistati ritiene che, nonostante gli sforzi del governo, alla fine la Slovenia dovrà rivolgersi alla troika per aiuti finanziari. Con le conseguenze che tutti possiamo immaginare.

Neppure la formazione di un nuovo governo e la fine dei lunghi bisticci con la Croazia sono bastati a riportare la serenità sotto i cieli di Lubiana.

Una postilla sulla scelta di prelevare l'uno per cento da tutti gli stipendi. Se dopo Cipro i contribuenti del Sud Europa erano spaventati circa il destino dei propri conti correnti (complice l'infelice uscita di Jeroen Dijsselbloem, presidente dell'Eurogruppo, che aveva parlato del prelievo forzoso come di un "modello esportabile"), i nostri vicini sloveni hanno preferito adottare il paradigma più classico, ossia mettere le mani direttamente nelle busta paga dei cittadini.

Che ancora una volta saranno i primi a pagare il conto di una crisi provocata da altri.




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