venerdì 24 maggio 2013 - UAAR - A ragion veduta

Anche a Roma la Chiesa vota

Nel prossimo fine settimana i cittadini saranno chiamati alle urne, a Bologna e a Roma, per questioni diverse ma che toccano comunque temi come laicità e influenza della Chiesa in politica. Il referendum di Bologna sui finanziamenti alla scuola privata, che si terrà domenica 26 maggio, vede le gerarchie ecclesiastiche direttamente in campo per difendere le proprie posizioni di privilegio nell’insegnamento. Ma anche per le elezioni comunali a Roma, che si terranno il 26 e il 27 maggio, la posta in gioco è alta, tanto che è intervenuto il vicariato.

A Roma si fronteggiano ben ventidue candidati a sindaco. Si ripresenta Gianni Alemanno, il primo cittadino uscente sostenuto dal centro-destra e dalla rigida impronta cattolica, come dimostrato dalla sua presenza recente alla marcia per la vita a fianco degli integralisti antiabortisti.

Il suo principale sfidante è Ignazio Marino, noto chirurgo nelle fila del Pd sostenuto dal centro-sinistra, il quale ha impostato la sua campagna su un basso profilo laico senza sbilanciarsi, essendo già stato ‘attenzionato’ da Avvenire al momento della sua vittoria alle primarie per le sue posizioni aperte sui temi etici. Marino ha cercato di calmare le acque, non rinunciando a una photo opportunity con papa Bergoglio. Ha inserito nella sua lista civica diversi esponenti cattolici e nessuno di essi cita esplicitamente la laicità, a parte un radicale a compensare. Nel suo programma comunque si parla anche di riconoscimento amministrativo delle coppie di fatto.

I sondaggi più recenti danno un testa a testa tra i due, con un leggero vantaggio di Marino. A complicare la situazione è infatti la pletora di candidati al Campidoglio. Tra quelli che potrebbero far fluttuare sensibilmente il voto e impensierire i due principali sfidanti abbiamo Marcello De Vito del Movimento 5 Stelle (dato al 14-15%), l’imprenditore Alfio Marchini (all’11% circa), Sandro Medici appoggiato dalle sinistre con una lista “Repubblica Romana”, dall’impostazione schiettamente laica (2-3%). Non manca qualche lista spiccatamente integralista, come i clericali di destra di Militia Christi e Italia Cristiana.

Per le elezioni romane è scesa in campo anche la diocesi, che lancia un appello ai cristiani tramite un editoriale sull’ultimo numero del suo settimanale Roma Sette, in edicola con Avvenire. Un intervento che da molti è stato letto come una implicita bocciatura di Ignazio Marino, il candidato in teoria più laico tra quelli più visibili e con maggiori chance.

La diocesi fa notare che il voto sarà anche “un’occasione per scegliere i valori che saranno a fondamento della vita della nostra città nei prossimi anni”. Tra le priorità si citano “la dignità inviolabile di ogni persona, in particolare dei più emarginati e dei più fragili”, aiutare “la famiglia fondata sul matrimonio fra l’uomo e la donna, che rimane la prima e insostituibile cellula della società”. Quindi, avverte il settimanale vescovile, “sono pertanto inutili provvedimenti come il riconoscimento delle coppie di fatto, soprattutto fra persone dello stesso sesso, che non avrebbero alcun valore legale in quanto provvedimenti di competenza dello Stato”. Roma Sette bolla queste proposte come “solo uno slogan elettorale per conquistare voti”: ma il problema è che proprio la Chiesa, con il suo costante pressing nei confronti delle istituzioni, frena l’approvazione di una normativa a livello nazionale. Senza contare che approvare i registri per le unioni civili rappresenta un gesto simbolico importante di tutela e riconoscimento di coppie che non hanno alcuna tutela di diritto.

Altro punto messo sul piatto dal vicariato è “rispettare la vita fino al suo termine naturale”, esprimendo quindi parere negativo sui registri sul fine vita. Piuttosto, sostiene, “si avverte la necessità di politiche che favoriscano [...] l’assistenza per coloro che si trovano a vivere la fase terminale della vita”. La diocesi invoca inoltre “l’aiuto alle donne che desiderano avere dei figli” con “scelte che favoriscano la vita”. Tra le istanze promosse dalla Chiese, anche “il riposo settimanale dei negozi”, imponendone la chiusura anche la domenica in quanto giorno festivo: tema su cui è molto impegnata, anche con la convergenza dei sindacati.

L’agenda politica della Chiesa, ribadita sempre più spesso e con maggior forza in questo periodo di debolezza e di incertezza della politica, è quella consueta. Come ha già fatto dal presidente dei vescovi, il cardinale Angelo Bagnasco, nei confronti del governo di Enrico Letta. Mentre la società si fa più laica, la Chiesa insiste per mantenere i propri spazi di autorità. E la politica troppo spesso cede, infischiandosene delle istanze dei cittadini. Eppure, l’impallinatura della candidatura di Marino rappresenta un’ulteriore e autorevole conferma che inseguire la Chiesa non garantisce alcun trattamento di favore. C’è sempre un clericale più clericale da sostenere.




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